martedì 23 aprile 2013

risarcimento ridotto al 5% offerta se manca prova di impossibilità diverso utilizzo persone e mezzi

Per quanto concerne, poi, i rapporti fra il lucro cessante (coincidente con l’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione non avvenuta per le illegittimità qui rilevate) e danno emergente (coincidente con la diminuzione patrimoniale dovuta per le spese e gli esborsi sostenuti per la partecipazione alla gara), si osserva quanto segue.

Al riguardo il Collegio ritiene che non sussistano ragioni per discostarsi dall’orientamento secondo cui il danno emergente, consistente nelle spese sostenute per la partecipazione ad una gara d'appalto, non è risarcibile, in favore dell'impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell'appalto (o anche la sola perdita della relativa chance) . Invero, la partecipazione alle gare pubbliche di appalto comporta per le imprese costi che, di norma, restano a carico delle imprese medesime sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi di partecipazione si colorano come danno emergente solo se l'impresa illegittimamente esclusa lamenti (e chieda di essere tenuta indenne in relazione a) questi profili dell'illegittimità procedimentale, perché in tal caso viene in considerazione soltanto la pretesa risarcitoria del contraente che si duole del fatto di essere stato coinvolto in trattative inutili. Tali danni, peraltro, vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara e, solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente. Per converso, nel caso in cui l'impresa ottenga il risarcimento del lucro cessante per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione) non vi sono i presupposti per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara, atteso che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all'impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall'aggiudicazione (Cons. Stato, VI, 16 settembre 2011, n. 5168).

Impostati in tal modo i termini concettuali della questione, la sentenza in epigrafe risulta meritevole di conferma in quanto:
- i primi Giudici hanno in via prioritaria ristorato il lucro cessante derivante dalla mancata stipula del contratto (stipula che, in assenza di dimostrate ragioni ostative, avrebbe rappresentato una certezza e non una mera possibilità);
- in punto di quantificazione, i primi Giudici hanno condivisibilmente ridotto il quantum del ristoro al (solo) 5% dell’importo dell’offerta formulata, non avendo l’impresa appellata fornito la prova di non aver potuto altrimenti utilizzare le maestranze e i mezzi lasciati disponibili per l’espletamemto di altri servizi;
- per quanto concerne i costi connessi alla partecipazione alla gara, i primi Giudici hanno correttamente richiamato l’orientamento di questo Consiglio di Stato secondo cui la somma risultante dall’applicazione dei criteri di quantificazione appena richiamati deve considerarsi compensativa anche del danno emergente (identificato nel costo affrontato dalla società per la presentazione dell'offerta). Ed infatti, non risultando che tale costo fosse rimborsabile alla società in questione, in caso di aggiudicazione dell'appalto, deve ritenersi che la predetta somma costituisse un investimento ma anche un rischio dell'impresa, funzionale alla previsione di guadagno già sopra quantificata e ritenuta liquidabile (in tal senso: Cons. Stato, VI, 2 marzo 2009, n. 1180).

A cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisone numero 1999  del 12 aprile  2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

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