Resta salvo il riesercizio del potere amministrativo all’esito di una procedura che consenta la piena esplicazione del contraddittorio ai fini dei una congrua comparazione degli interessi in considerazione.
Riportiamo qui di seguito un passaggio tratto dalla decisione numero 2456 del 27 aprile 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato
<<Il Collegio reputa fondato ed assorbente il motivo di appello con cui si ripropone la censura volta a stigmatizzare la violazione dell’obbligo di avviso di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241/1990.
Alla stregua di consolidate e condivisibili coordinate giurisprudenziali, il perfezionamento della procedura di evidenza pubblica, segnato dall’ adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, vale a differenziare e qualificare la posizione dell’aggiudicatario ai fini dell’applicazione dei canoni partecipativi cristallizzati dagli articoli 7e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 onde consentire allo stesso la difesa della posizione di vantaggio acquisita rispetto all’eventualità dell’esercizio del potere di riesame con esito di ritiro (cfr. , ex multis, Cons. St, sez. V, 21 novembre 2007, n. 5925, secondo cui, quando l'amministrazione intenda procedere al riesame in autotutela del provvedimento di aggiudicazione definitiva, con il quale si sia concluso il procedimento di affidamento di contratti pubblici deve adempiere alla prescrizione imposta dall'art. 7 della legge n. 241/1990 provvedendo alla comunicazione dell'avvio del procedimento quantomeno nei confronti dell'aggiudicatario la cui sfera giuridica potrebbe essere incisa dagli effetti sfavorevoli derivanti dall'adozione dell'atto di revoca; Cons.giust.amm. Sicilia , sez. giurisd., 31 marzo 2006 , n. 129, secondo cui la riapertura di una gara già conclusa con un provvedimento di aggiudicazione definitiva implica "ex se" la revoca di esso, indipendentemente da quali potranno essere i successivi esiti del riaperto procedimento di gara, con conseguente obbligo di invio dell'avviso di avvio del procedimento di autotutela all'originario aggiudicatario ai sensi del citato art. 7 l. n. 241 del 1990).
Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, si deve allora ravvisare l’illegittimità del provvedimento di revoca adottato con delibera commissariale 24 giugno 2009, CS/76 a distanza di oltre un mese dall’intervento della delibera direttoriale 22 maggio 2008, n. 1844, che aveva disposto l’aggiudicazione definitiva in favore dell’appellante, autorizzando altresì la stipula del contratto con procedura d’urgenza giusta l’art. 11, commi 10 e 12, del codice dei contratti pubblici. L’adozione del provvedimento di ritiro, incidendo in via estintiva sulla posizione di vantaggio consacrata dall’atto di aggiudicazione definitiva, ha infatti impedito alla società ricorrente di interloquire sull’effettiva sussistenza e consistenza di ragioni di interesse pubblico, collegate alla preferenza per un diverso modulo organizzativo imperniato sul potenziamento degli uffici interni, tali da giustificare, anche alla luce delle procedura nelle more attivate per l’affidamento dei servizi assicurativi, la frustrazione degli esiti della procedura di evidenza pubblica relativa al servizi di brokeraggio e del conseguente affidamento ingenerato circa la conseguenziale stipula del contratto. Si deve soggiungere che la caratterizzazione discrezionale del provvedimento di revoca e l’esigenza di ponderare comparativamente con gli interessi pubblici in rilievo la posizione di vantaggio conseguita dal ricorrente a seguito della partecipazione con esito vittorioso alla procedura, impediscono di applicare la regola conservativa sancita dall’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/1990 in merito alla natura non invalidante delle violazioni formali e procedurali non influenti sull’esito finale del procedimento.>>
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