lunedì 13 agosto 2012

dichiarazioni non obbligatorie anche per i soggetti societari incorporati o i rami di azienda

La questione investe il problema se le imprese candidate siano tenute a presentare la dichiarazione sui requisiti di ordine generale prevista dall’art. 38, comma 1 lett. b) e c) del d.lgs. n. 163 del 2006 anche nei confronti delle imprese cd. satellite o di quelle con esse fuse od incorporate.

A tale riguardo esistono due opposti orientamenti giurisprudenziali.

Quello espresso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in data 4 maggio 2012, n. 10 il quale argomenta dalla fattispecie della cessione di ramo di azienda, sollevando che “sebbene comporti una successione a titolo particolare, essa implica la trasmissione all’avente causa dell’intero complesso dei rapporti attivi e passivi nei quali l’azienda stessa o il suo ramo si sostanzia, sicché è configurabile una continuità tra la precedente e la nuova gestione imprenditoriale, fermo restando che il cessionario può comprovare che nel caso concreto vi è stata una cesura tra la vecchia e la nuova gestione, tale da escludere la rilevanza della condotta dei precedenti amministratori e direttori tecnici, che prestavano la loro attività nel complesso aziendale ceduto.”.

Riguardo, nello specifico, alla applicabilità dell’art. 38, comma 1 lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, nella versione antecedente alle modifiche disposte dalla l. 12 luglio 2011, n. 106, l’Adunanza Plenaria ha pure sostenuto che “il cessionario di azienda o di un ramo d’azienda aveva l’onere di presentare la dichiarazione relativa alla insussistenza di una sentenza di condanna passata in giudicato (o di un decreto penale di condanna irrevocabile, ovvero di una sentenza di applicazione della pena su richiesta) per i reati ivi previsti, anche con riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che avevano lavorato presso la cedente nell’ultimo triennio.”.

Nel caso di fusione di società è da rilevarsi il medesimo indirizzo giurisprudenziale stante il quale “la fusione tra società, nella ipotesi di fusione impropria o per incorporazione, non comporta, anche a seguito della riforma del diritto societario (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), la completa estinzione della società incorporata ma determina l'integrazione della stessa nella società incorporante con una evoluzione della forma giuridica del soggetto incorporato che conserva comunque una propria riconoscibilità pur in un nuovo assetto organizzativo nel quale si determina una riunificazione soggettiva delle compagini sociali ed una riunificazione oggettiva dei patrimoni. E, in ogni caso, si determina una prosecuzione nella società incorporante di tutti in rapporti attivi e passivi della società incorporata” di tal che “Si deve pertanto ritenere che l’obbligo previsto dall'art. 38 comma 1, lett. c) del d. lgs. 12 aprile 2006 n. 163, operi anche con riferimento ai titolari di poteri di rappresentanza delle imprese incorporate per fusione.” (Consiglio di Stato, sezione III, 15 luglio 2011, n. 4323).

E tale posizione viene anche sostenuta nella considerazione che l’art. 51 del Codice degli Appalti stabilisce che “Qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l’azienda o un ramo d’azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l’affittuario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all’aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell’articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, della scissione e della trasformazione previsti dal presente codice.”.

E’ da rilevare un opposto orientamento giurisprudenziale che fa leva sulla portata letterale dell’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006 ed al riguardo è pure da osservare che, laddove si è intesa estendere la portata del comma 1 lett. b) della norma, è stato necessario un intervento legislativo, come è appunto quello operato con il d.l. 13 maggio 2011, n. 70 convertito in 12 luglio 2011, n. 106 che ha introdotto la specificazione che la medesima dichiarazione contenuta nel comma per gli amministratori muniti di rappresentanza ed i direttori tecnici di altro tipo di società doveva essere resa anche per “il socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società”.

Analogo ragionamento deve essere effettuato per i requisiti previsti dalla lettera c): anche in questo caso è stato necessario l’intervento del legislatore per introdurre maggiori specificazioni in una norma, che comminando l’esclusione per l’assenza di tali dichiarazioni non può essere estesa ai soggetti che in essa non vi sono ricompresi senza violare il principio di tassatività delle cause di esclusione, appunto sostenuto da detto orientamento giurisprudenziale opposto al primo.

Il principio di tassatività delle cause di esclusione ha trovato peraltro una sua esplicita previsione normativa con l’introduzione, all’art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006, di un comma 1 bis il quale stabilisce che: “La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle.”.

Per quanto sopra esposto e considerato, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento da ultimo segnalato e che, infine, ha ricevuto una sua espressa positivizzazione con la norma da ultimo citata, con la conseguenza che non indicando espressamente le norme di cui si deduce la violazione i soggetti societari incorporati per fusione nella società partecipante alla gara o i rami di azienda in essa confluiti tra quelli nei confronti dei cui amministratori doveva essere resa la dichiarazione di che trattasi non se ne poteva pretendere che la ricorrente principale la effettuasse per tutti tali soggetti.

E tale osservazione è tanto più condivisibile se si riflette che la gara si è svolta nella vigenza della stesura dell’art. 38 del Codice degli Appalti antecedente alla modifica operata dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70 convertito in legge con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, dovendo le offerte essere presentate entro il 18 febbraio 2011.

Tratto dalla sentenza numero 5860 del 27 giugno 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

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