lunedì 13 agosto 2012

da maggio 2011 è stato positivizzato il principio di tassatività delle cause di esclusione

Il principio vigente in materia di requisiti generali stabiliti dall’art. 38 del Codice degli Appalti è quello della loro tassatività

Ma non può essere condivisa neppure la censura di violazione dell’art. 38 comma 1, lett. b), c) e m ter del d.lgs. n. 163/2006, per essere mancata la dichiarazione sui requisiti morali anche dei procuratori speciali afferenti alla società controinteressata.

La doglianza è smentita dal tenore letterale del Disciplinare il quale prescriveva che i candidati dovessero rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, riportando poi pedissequamente la norma, nella sua versione modificata a cura del d.l. 13 maggio 2011, n. 70 e recante quindi la espressa previsione secondo cui “l’esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; i soci o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico o il socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società” a nulla rilevando dunque che per i procuratori speciali indicati in ricorso la controinteressata non avesse prestato la dichiarazione di cui sopra.

Analogo ragionamento va effettuato per il requisito di cui alle lettere c) ed m ter) del comma 1 dell’art. 38/d.lgs. n. 163.

Il principio vigente in materia di requisiti generali stabiliti dall’art. 38 del Codice degli Appalti è quello della loro tassatività, come dimostrato dalla circostanza che quando il legislatore ha voluto ricomprendere nella stesura originaria della norma altre categorie di personale che ricopra cariche nella società e nei cui confronti la candidata nella gara deve produrre la relativa dichiarazione sui requisiti morali l’ha effettuato con apposita norma di legge, nel caso appunto il d.l. n. 70 del 2011 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.

Quest’ultima ha per l’appunto positivizzato il principio di tassatività delle cause di esclusione, stabilendo che queste sono solo quelle dettate dal Codice degli Appalti e del Regolamento di cui al d.P.R. n. 207 del 2010, come stabilito all’art. 46, comma 1 bis del d.lgs. n. 163/2006.

Conforme un orientamento giurisprudenziale sul principio: Consiglio di Stato, sezione V, 25 gennaio 2011, n. 513, TAR Basilicata, 22 aprile 2009, n. 131, TAR Liguria, sezione II, 11 luglio 2008, n. 1485.

Il precedente orientamento pure esistente e che tendeva ad ampliare la portata dell’articolo 38 fino a ricomprendervi i procuratori speciali, non è più compatibile con la norma di diritto positivo appena citata.

La controinteressata poi rappresenta che quand’anche si volesse ritenere che le dichiarazioni di cui alla norma in parola dovessero essere rese anche per i procuratori speciali ed in particolare per quello cessato dalla carica entro l’anno antecedente la data di pubblicazione del bando, ma questo non è consentito in base al principio di tassatività delle cause di esclusione, comunque produce in giudizio il certificato del casellario giudiziale anche per i detti procuratori e dal quale nulla risulta in ordine a precedenti penali.



SI LEGGA ANCHE
Decisione numero 513 del 25 gennaio 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Soggetti ammessi a partecipare_dichiarazioni relative a soggetti cessati_presunzione di buona fede_ l’intervenuta riabilitazione esclude la rilevanza della condanna ai fini di una eventuale esclusione



gli obblighi gravanti sul legale rappresentate vanno valutati in termini di buona fede quando i fatti da attestare riguardano soggetti cessati dalla carica, e dunque ormai terzi rispetto alla società dichiarante (che, infatti, afferma di aver chiesto e ottenuto un certificato penale da cui nulla risultava, proprio perchè rilasciato a privati terzi)

illegittima esclusione di un’impresa il cui << il legale rappresentante della società aggiudicataria ha dichiarato «di non essere a conoscenza che ricorrano nei confronti della sig.ra SS, cessata dalla carica di Amministratore nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando in oggetto, le situazioni di cui all’art. 38, comma 1, lettera c, del d.lgs. 163/2006», essendo poi risultata dal certificato del casellario giudiziale l’esistenza di una sentenza di condanna della Corte di Cassazione risalente al 24 aprile 1987 (per bancarotta fraudolenta e truffa), per la quale è poi intervenuta la riabilitazione (provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Venezia del 12 giugno 1992).>>

nel caso in esame, da un lato non vi sia stata alcuna omessa dichiarazione per le considerazioni espresse in precedenza, e, sotto altro profilo, l’intervenuta riabilitazione esclude la rilevanza della condanna ai fini di una eventuale esclusione

Con riferimento al primo profilo, si rileva che dagli atti prodotti in giudizio risulta che il sig. Mario Putin ha sottoscritto, in qualità di presidente e legale rappresentante della società, la dichiarazione del 23 settembre 2008, con la quale ha, appunto, attestato «l’inesistenza a carico dell’Impresa Controinteressata Ristorazione s.p.a.… delle condizioni di esclusione previste dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006». A tale dichiarazione si sono aggiunte anche quelle degli altri componenti dell’attuale Consiglio di Amministrazione della Controinteressata, sigg.ri Faggion e Fosser.
L’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006 estende l’obbligo di dichiarazione e la causa di esclusione “anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di avere adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata”, aggiungendo che “resta salva in ogni caso l’applicazione dell’art. 178 c.p. [riabilitazione] e dell’art. 445, comma 2, c.p.p. [estinzione del reato]”.
In relazione alla posizione della amministratrice cessata dalla carica (Silvana S_), il legale rappresentante della società aggiudicataria ha dichiarato «di non essere a conoscenza che ricorrano nei confronti della sig.ra S_ Silvana, cessata dalla carica di Amministratore nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando in oggetto, le situazioni di cui all’art. 38, comma 1, lettera c, del d.lgs. 163/2006», essendo poi risultata dal certificato del casellario giudiziale l’esistenza di una sentenza di condanna della Corte di Cassazione risalente al 24 aprile 1987 (per bancarotta fraudolenta e truffa), per la quale è poi intervenuta la riabilitazione (provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Venezia del 12 giugno 1992).
La censura proposta attiene a due aspetti: l’incompletezza della dichiarazione e la omessa menzione (e valutazione) della condanna.
In ordine alla dichiarazione resa, si osserva che gli obblighi gravanti sul legale rappresentate vanno valutati in termini di buona fede quando i fatti da attestare riguardano soggetti cessati dalla carica, e dunque ormai terzi rispetto alla società dichiarante (che, infatti, afferma di aver chiesto e ottenuto un certificato penale da cui nulla risultava, proprio perchè rilasciato a privati terzi).
Nel caso di specie, la dichiarazione è stata comunque resa sulla base degli elementi in possesso del legale rappresentante e la formula dubitativa utilizzata poteva al massimo costituire motivo per una richiesta di integrazione o per un chiarimento d’ufficio, ma non giustificava certo l’esclusione dalla gara, come chiesto dall’appellante.
Tale chiarimento e rinnovazione della valutazione da parte della stazione appaltante non è peraltro necessario, in quanto, come correttamente rilevato dal Tar, l’intervenuta riabilitazione, ai sensi dell’art. 178 c.p., estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna (salvo che la legge disponga altrimenti), ed interviene all’esito di una indagine, concernente, tra l’altro, la buona condotta del condannato e l’avvenuto risarcimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato (art. 179 c.p.).
Anche in considerazione del fatto che l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 fa salva in ogni caso l’applicazione dell’art. 178 del c.p., deve ritenersi che, nel caso in esame, da un lato non vi sia stata alcuna omessa dichiarazione per le considerazioni espresse in precedenza, e, sotto altro profilo, l’intervenuta riabilitazione esclude la rilevanza della condanna ai fini di una eventuale esclusione (T.A.R. Lazio, Sez. III, 22 maggio 2009, n. 5194).

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Soggetti ammessi a partecipare_ nozione di "amministratori muniti di poteri di rappresentanza" di cui all’articolo 38 del codice dei contatti_ non si estende anche ai procuratori_ Ai sensi dell’art. 2380-bis c.c., la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori _ _

L’art. 38 del d. lgs. n. 163/06 richiede la compresenza della qualifica di amministratore e del potere di rappresentanza (che può essere limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna possibilità per estendere l’applicabilità della disposizione a soggetti, quali i procuratori, che amministratori non sono.

l'art. 38 del d.lgs. n. 163/06 - nell'individuare i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione - fa riferimento soltanto agli "amministratori muniti di potere di rappresentanza": ossia, ai soggetti che siano titolari di ampi e generali poteri di amministrazione, senza estendere l’obbligo ai procuratori.

La soluzione accolta, oltre ad essere maggiormente rispondente al dato letterale del citato art. 38, evita che l’obbligo della dichiarazione possa dipendere da sottili distinzioni circa l'ampiezza dei poteri del procuratore, inidonee a garantire la certezza del diritto sotto un profilo di estrema rilevanza per la libertà di iniziativa economica delle imprese, costituito dalla possibilità di partecipare ai pubblici appalti.


L’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 fa riferimento, per le società di capitali, agli “amministratori muniti del potere di rappresentanza”.
Secondo una parte della giurisprudenza, per l’individuazione dei soggetti tenuti alle dichiarazioni sostitutive finalizzate alla verifica del possesso dei requisiti di moralità, quando si tratti di titolari di organi di persone giuridiche da ricondurre alla nozione di "amministratori muniti di poteri di rappresentanza", occorre esaminare i poteri, le funzioni e il ruolo effettivamente e sostanzialmente attribuiti al soggetto considerato, al di là delle qualifiche formali rivestite (Cons. Stato, V, 16 novembre 2010 n. 8059; VI, 8 febbraio 2007, n. 523, che nella categoria degli amministratori, ai fini dell’art. 38 cit., fanno rientrare sia i "soggetti che abbiano avuto un significativo ruolo decisionale e gestionale societario", sia i procuratori ai quali siano conferiti poteri di partecipare a pubblici appalti formulando le relative offerte).
Altra giurisprudenza ha, da un lato, aderito alla necessità di effettuare una valutazione sostanzialistica della sussistenza delle cause ostative, derivando – in assenza di più restrittive clausole di gara – l’effetto di esclusione dalla procedura solo dal mancato possesso dei requisiti, e non dalla omissione o incompletezza della dichiarazione (Cons. Stato, V, 9 novembre 2010, n. 7967) e, sotto altro aspetto, ha limitato la sussistenza dell’obbligo di dichiarazione ai soli amministratori muniti di potere di rappresentanza e ai direttori tecnici, e non anche a tutti i procuratori della società (T.A.R. Basilicata, I, 22 aprile 2009 , n. 131; T.A.R. Liguria, II, 11 luglio 2008 , n. 1485; T.A.R. Calabria - Reggio Calabria, I, 08 luglio 2008 , n. 379).
Nel caso di specie, l’art. 7, lett. a), del bando imponeva, a pena di esclusione, di presentare una dichiarazione della insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del d. lgs. n. 163/06 e, di conseguenza, in assenza di una specifica (ed eventualmente) più restrittiva clausola della lex specialis, il problema che si pone riguarda proprio l’interpretazione del citato art. 38 con riferimento ai due menzionati orientamenti.
Il Collegio ritiene di dover aderire – per le considerazioni di seguito esposte - alla seconda tesi, che limita l’applicabilità della disposizione ai soli amministratori della società, e non anche ai procuratori speciali.
Ai sensi dell’art. 2380-bis c.c., la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori e può essere concentrata in un unico soggetto (amministratore unico) o affidata a più persone, che sono i componenti del consiglio di amministrazione (in caso di scelta del sistema monistico ex artt. 2380 e 2409-sexiesdecies c.c.) o del consiglio di gestione (in caso di opzione in favore del sistema dualistico ex artt. 2380 e 2409-octies c.c.): ad essi, o a taluni tra essi, spetta la rappresentanza istituzionale della società.
I procuratori speciali (o ad negotia) sono invece soggetti cui può essere conferita la rappresentanza – di diritto comune - della società, ma che non sono amministratori e ciò a prescindere dall’esame dei poteri loro assegnati.
L’art. 38 del d. lgs. n. 163/06 richiede la compresenza della qualifica di amministratore e del potere di rappresentanza (che può essere limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna possibilità per estendere l’applicabilità della disposizione a soggetti, quali i procuratori, che amministratori non sono.
Del resto, si tratta di una norma che limita la partecipazione alle gare e la libertà di iniziativa economica delle imprese, essendo prescrittiva dei requisiti di partecipazione e che, in quanto tale, assume carattere eccezionale ed è, quindi, insuscettibile di applicazione analogica a situazioni diverse, quale è quella dei procuratori.
Peraltro, anche l’applicazione analogica sarebbe opinabile, in presenza di una radicale diversità della situazione dell’amministratore, cui spettano compiti gestionali e decisionali di indirizzi e scelte imprenditoriali e quella del procuratore, il quale, benché possa essere munito di poteri di rappresentanza, è soggetto dotato di limitati poteri rappresentativi e gestionali, ma non decisionali (nel senso che i poteri di gestione sono pur sempre circoscritti dalle direttive fornite dagli amministratori). In altri termini le manifestazioni di volontà del procuratore possono produrre effetti nella sfera giuridica della società, ma ciò non significa che egli abbia un ruolo nella determinazione delle scelte imprenditoriali, lasciate all'amministratore.
Si deve, quindi, prendere atto che l'art. 38 del d.lgs. n. 163/06 - nell'individuare i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione - fa riferimento soltanto agli "amministratori muniti di potere di rappresentanza": ossia, ai soggetti che siano titolari di ampi e generali poteri di amministrazione, senza estendere l’obbligo ai procuratori.

A cura di Sonia Lazzini




Tratto dalla sentenza numero 5833 del 26 giugno 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

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