qualora un ente pubblico intenda avvalersi della collaborazione del broker, è sempre necessario assicurare che quest’ultimo rimanga svincolato dalle compagnie di assicurazione e svolga la propria attività nell’interesse esclusivo dell’ente assistito; e che per tale ragione sono illegittime le clausole contenute nei bandi gara, finalizzati all’aggiudicazione di servizi assicurativi, che in qualche modo facciano insorgere nel mediatore l’interesse a favorire la compagnia assicuratrice anziché l’ente assicurato
Il contratto di brokeraggio assicurativo è stato disciplinato per la prima volta nel nostro ordinamento dalla legge 28 novembre 1984 n. 792 (le cui disposizioni sono oggi trasfuse negli artt. 106 e segg. del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, recante “codice delle assicurazioni private”), con la quale è stata data esecuzione alla direttiva comunitaria 77/92/CEE del 13 dicembre 1976.
Questa direttiva, all’art. 2, comma 1, lett. a), definisce i broker (detti anche “mediatori di assicurazione”) come coloro che svolgono attività finalizzata a mettere “…in relazione contraenti e società di assicurazione o di riassicurazione senza essere vincolati nella scelta fra queste, ai fini della copertura dei rischi da assicurare o riassicurare”; tali professionisti in particolare “…preparano la stipulazione dei contratti di assicurazione e collaborano eventualmente alla loro gestione ed esecuzione, particolarmente in caso di sinistro”.
Per comprendere appieno quali siano funzioni e natura del contratto di brokeraggio è opportuno effettuare una operazione di comparazione con la figura affine dell’agente di assicurazione, definita della lett. b) del medesimo art. 2 della direttiva 77/92/CEE.
Stabilisce tale norma che sono agenti di assicurazione coloro che” ….hanno il compito, in virtù di uno o più contratti o mandati, di presentare, di proporre e di preparare o di concludere contratti di assicurazione o di collaborare alla loro gestione ed esecuzione, particolarmente in caso di sinistro, a nome e per conto, o soltanto per conto di una o più società di assicurazione”.
Il dato comune fra le due figure è quindi che esse svolgono entrambe prestazioni di consulenza e assistenza afferenti alle fasi anteriori, concomitanti e successive alla stipula di contratti assicurativi.
La differenza fondamentale, invece, consiste nel fatto che mentre gli agenti di assicurazione sono legati ad una o più compagnie di assicurazione in nome e per conto (e quindi nell’interesse) delle quali essi agiscono, i broker non sono legati in alcun modo alle compagnie (la norma di cui alla lett. a) afferma infatti che essi debbono mettere in relazione contraenti e compagnie senza essere vincolati nella scelta di queste ultime). Anzi i broker, pur dovendo rimanere, come visto, svincolati dalle compagnie di assicurazione, svolgono la propria attività su incarico e nell’interesse dell’assicurando e/o dell’assicurato: come si vedrà poco oltre, in base all’art. 1 della legge n. 792/84, il broker è, infatti, colui che assiste e collabora con l’assicurato (cfr. Cassazione civile, sez. III, 27 maggio 2010, n. 12973)
Anche la legge n. 792/84, nel definire la figura del broker assicurativo, pone l’accento sulla mancanza di legami che vincolano quest’ultimo alle compagnie di assicurazione e, come detto, sulla necessità che questi curi gli interessi dell’assicurato.
Invero, in base all’art. 1 della legge “…è mediatore di assicurazione e riassicurazione, denominato anche broker, chi esercita professionalmente attività rivolta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione o riassicurazione, alle quali non sia vincolato da impegni di sorta, soggetti che intendano provvedere con la sua collaborazione alla copertura dei rischi, assistendoli nella determinazione del contenuto dei relativi contratti e collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione”.
A rimarcare la differenza con la figura dell’agente vi è l’art. 2 della legge il quale vieta la contemporanea iscrizione all'albo dei mediatori di assicurazione o riassicurazione e all'albo nazionale degli agenti di assicurazione, nonché vieta a questi ultimi l’esercizio delle attività di brokeraggio assicurativo.
Il rapporto che lega l’agente di assicurazione alla compagnia è quindi riconducibile a quello scaturente dal contratto di agenzia di cui agli artt. 1742 e segg. del codice civile, nel quale un soggetto, l’agente appunto, si obbliga stabilmente a promuovere la conclusione di affari in una determinata zona, nell’interesse di un altro soggetto detto preponente.
Più problematico è invece individuare la figura tipica contrattuale cui ascrivere il contratto di brokeraggio assicurativo.
Una prima soluzione potrebbe essere quella di ricondurre il contratto di brokeraggio alla figura della mediazione, disciplinata dagli artt. 1754 e segg. del codice civile.
Senonché va osservato che a tale riconduzione osta la circostanza che, in base all’art. 1754 del codice civile, il mediatore non deve essere legato ad alcuna delle parti che egli si premura di mettere in relazione; e che, secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, il fondamento di tale divieto risiede nel fatto che il mediatore deve necessariamente caratterizzarsi per l’indipendenza e l’imparzialità nei confronti delle parti relazionate (cfr. Cassazione civile , sez. III, 14 luglio 2009 , n. 16382). Al contrario, il broker, come visto, deve curare gli interessi dell’assicurato.
Sembra dunque preferibile ricondurre il contratto di brokeraggio al contratto di mandato, ovvero considerarlo come una mediazione atipica svolta nell’interesse di una delle parti (figura ammessa dalla giurisprudenza ed assimilata comunque al contratto di mandato), ovvero ancora all’appalto di servizi (cfr. Cassazione civile, sez. III, 08 luglio 2010, n. 16147; Cassazione civile, sez. III, 14 luglio 2009, n. 16382; Consiglio di stato, sez. V, 03 giugno 2002, n. 3064).
Tratto dalla sentenza numero 1177 del 5 maggio 2011 pronunciata dal Tar Lombardia, Milano
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