non sussistono i presupposti per la condanna dell’amministrazione comunale per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. e dell’art. 96, comma 1, c.p.c., non risultando dagli atti di causa la prova del dolo o della colpa grave, nè dell’esistenza del danno sofferto. Sotto il primo profilo, invero, parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrare la malafede o una colpa grave di tipo processuale, relativa cioè alla resistenza in giudizio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2011, n.721): la colpa dell'agente, versandosi in ipotesi di responsabilità aquiliana, infatti, incombe su colui che chiede il risarcimento dei danni, mentre la valutazione circa l'assolvimento di tale onere è rimessa al giudice di merito (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2006, n.2359; Cass. Civ. I, 8 luglio 2004, n.12545).
Nel caso di specie, peraltro, il lamentato ritardo nell’avvio e nella conclusione della procedura negoziata in conformità al dictum giudiziale, appaiono imputabili anche al tempo oggettivamente ristretto entro il quale l’attività amministrativa avrebbe dovuto svolgersi nonché alla permanenza della validità e dell’efficacia, fino al 31 dicembre 2011, dei contratti in proroga stipulati con le organizzazioni già affidatarie in forza della proroga.
In relazione al secondo profilo, parte istante avrebbe dovuto allegare la prova dell’esistenza concreta ed effettiva del danno sofferto come conseguenza diretta del comportamento processuale della controparte, desunta da elementi obiettivi risultanti da atti processuali.
Nel caso particolare, viene in rilievo anche la circostanza che, comunque, l’esito della trattativa privata non necessariamente avrebbe dovuto concludersi con l’aggiudicazione a favore dell’associazione ricorrente tutelata dal giudicato nei limiti dell’interesse strumentale all’indizione di una procedura concorrenziale.
tratto dalla sentenza numero 7 del 9 gennaio 2013 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo
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