domenica 11 novembre 2012

per la responsabilità aquiliana ex art 2043 cc indispensabile indagine elemento soggettivo

La responsabilità della pa come apparato è stata prevalentemente inquadrata nello schema della responsabilità aquiliana con la conseguente necessità di individuare tutti gli elementi dell’illecito extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., ivi compreso quello soggettivo


Il punto centrale della presente controversia, invece, deriva dalla considerazione che fra gli elementi costitutivi della responsabilità dello Stato da violazione del diritto comunitario, per come costantemente individuati dalla Corte europea, non vi è un elemento di natura soggettiva afferente alla natura dolosa o colposa della condotta illecita posta in essere dagli organi statuali; laddove, al contrario, fin da quando nel nostro ordinamento interno è stata per la prima volta affermata la responsabilità delle amministrazioni pubbliche per lesione di interessi legittimi da attività provvedimentale (cfr. Cass. civ., sez. un., 22 luglio 1999, nr. 500), detta responsabilità è stata prevalentemente inquadrata nello schema della responsabilità aquiliana con la conseguente necessità di individuare tutti gli elementi dell’illecito extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., ivi compreso quello soggettivo.
Tuttavia, una più approfondita analisi dei presupposti e dei parametri in base ai quali si giunge ad affermare, nei due diversi ordinamenti (interno e comunitario), la responsabilità dello Stato induce a escludere – salvo quanto di seguito si rileverà in ordine ai più recenti arresti della Corte europea in materia di appalti pubblici - che possa pervenirsi a una semplicistica dicotomia tra il sistema comunitario, nel quale detta responsabilità avrebbe carattere oggettivo, e il sistema italiano, nel quale invece sarebbe sempre essenziale l’elemento psicologico dell’illecito; ciò che, a tacer d’altro, non potrebbe non ingenerare seri dubbi sulla compatibilità comunitaria dello stesso assetto generale della responsabilità aquiliana ricavabile dal già citato art. 2043 cod. civ., ove riferito ai rapporti tra amministrazione pubblica e amministrati.

Per chiarire le ragioni che inducono la Sezione a escludere una tale incompatibilità, occorre richiamare il dibattito sorto, all’interno della dottrina e della giurisprudenza che si sono occupate della responsabilità da lesione di interessi legittimi, sull’elemento della colpa dell’amministrazione.
Su tale versante, superati i più risalenti indirizzi che consideravano la colpa in re ipsa per effetto della stessa illegittimità del provvedimento lesivo, la S.C. ha chiarito che nella specie la colpa va riferita non al funzionario agente, bensì alla “p.a. intesa come apparato, che sarà configurabile nel caso in cui l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo (lesivo dell’interesse del danneggiato), sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione (...)quali limiti esterni alla discrezionalità” (cfr. Cass. civ., nr. 500/1999, cit.).
Se tale ricostruzione dell’elemento soggettivo dell’illecito come “colpa di apparato” nasceva dall’evidente esigenza di evitare al danneggiato la probatio diabolica connessa alla necessità di dimostrare l’atteggiamento psicologico colpevole (o doloso) del singolo funzionario o dei funzionari che avevano posto in essere il provvedimento lesivo, tuttavia il riferimento quale parametro essenziale alla violazione di “regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione”, e soprattutto ai “limitiesterni alla discrezionalità”, comportava il rischio di una nuova immedesimazione della colpa, in questo senso intesa, con gli stessi vizi di legittimità in ipotesi ravvisati nel provvedimento lesivo.
Per questa ragione la giurisprudenza successiva, sia ordinaria che amministrativa, senza soffermarsi troppo su questioni di inquadramento teorico, ha operato soprattutto sul terreno del regime probatorio della responsabilità, al fine di bilanciare la necessità di introdurre un “filtro”, idoneo a impedire quella proliferazione di azioni risarcitorie che sarebbe derivata da una totale identificazione della responsabilità della p.a. con la stessa illegittimità degli atti impugnati, con l’esigenza di non rendere eccessivamente gravoso l’onere di allegazione imposto al privato danneggiato.
In tale prospettiva – se si eccettua un minoritario indirizzo che è giunto addirittura a “spostare” la responsabilità de qua al di fuori dell’alveo dell’illecito extracontrattuale utilizzando lo schema del “contatto sociale qualificato” tra p.a. e privato (cfr. Cass. civ., 10 gennaio 2003, nr. 157; Cons. Stato, sez. V, 2 settembre 2005, nr. 4461; id., 20 gennaio 2003, nr. 204; id., 6 agosto 2001, nr. 4239) – l’orientamento prevalente, fermo restando il carattere aquiliano della responsabilità, ha utilizzato il concetto di “errore scusabile”; più specificamente, facendo ricorso al meccanismo delle presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., si è giunti ad affermare che l’illegittimità del provvedimento amministrativo, quand’anche acclarata, costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità del fatto, il carattere pacifico della questione esaminata, il carattere vincolato o a bassa discrezionalità dell’azione amministrativa.
In questo modo, se non a una vera e propria sua inversione, si è pervenuti a un sostanziale alleggerimento dell’onere probatorio incombente al privato in forza del quale – e ciò sostanzia l’elemento di “atipicità” di tale regime rispetto a quello generale ex art. 2043 cod. civ. – una volta accertata l’illegittimità dell’azione della p.a., è a quest’ultima che spetta di provare l’assenza di colpa, attraverso la deduzione di circostanze integranti gli estremi del c.d. errore scusabile, ovvero l’inesigibilità di una condotta alternativa lecita (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2010, n. 8549; id., 18 novembre 2010, nr. 8091; Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2010, nr. 2384; id., sez. VI, 11 gennaio 2010, nr. 14; Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 2008, nr. 4242).

a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 482 del 31 gennaio  2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

Nessun commento:

Posta un commento