Poiché l’opera è stata già realizzata (come comprova il certificato di ultimazione dei lavori in atti), la domanda non può essere valutata che nella sua variante per equivalente monetario.
Ciò posto, la Sezione non ritiene di poter utilmente affidare all’Amministrazione un riesame (a questo punto, solo) virtuale dell’anomalia dell’offerta della RICORRENTE, dal momento che la pendenza della domanda risarcitoria spiegata nei suoi confronti pregiudicherebbe in radice l’imparzialità di un suo nuovo pronunciamento sul tema.
Né il Collegio potrebbe sostituirsi all’Amministrazione nella relativa valutazione, stanti i principi sopra esposti al paragr. 1d.
L’insuperabile dubbiezza dell’esito del subprocedimento di verifica dell’anomalia si proietta, allora, inevitabilmente sull’entità del risarcimento ottenibile dall’avente diritto. Il risarcimento dovrà di riflesso essere ridotto nella misura che si può determinare equitativamente, sin d’ora, nel 50 % della somma che l’impresa avrebbe potuto ottenere qualora si fosse potuto invece accertare il suo pieno diritto all’aggiudicazione.
Circa le condizioni di accesso al risarcimento è appena il caso di ricordare, infatti, che l'illegittimità dell'atto amministrativo già costituisce un indice presuntivo della colpa della P.A., sulla quale incombe l'onere di provare la sussistenza di un proprio ipotetico errore scusabile (C.d.S., V, 31 ottobre 2008, n. 5453).
La giurisprudenza ha sottolineato, più ampiamente (cfr. ad es. C.d.S., VI, 9 marzo 2007 n. 1114 e 9 giugno 2008 n. 2751), che al privato danneggiato da un provvedimento illegittimo non è richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell’Amministrazione. Questi può limitarsi ad allegare l'illegittimità dell'atto, potendosi ben fare applicazione, al fine della prova dell'elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all'art. 2727 del codice civile. E spetta a quel punto all'Amministrazione dimostrare, se del caso, di essere incorsa in un errore scusabile (cfr., tra le tante, C.d.S., IV, 12 febbraio 2010, n. 785; V, 20 luglio 2009, n. 4527).
Nel caso di specie, però, la parte pubblica onerata non ha addotto alcuna significativa incertezza interpretativa che potesse giustificare il suo operato.
D’altra parte, la Corte di Giustizia dell’U.E. ha recentemente chiarito che la direttiva 89/665 deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici, da parte di un'Amministrazione aggiudicatrice, al carattere colpevole di tale violazione. E questo anche nel caso in cui l'applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all'Amministrazione suddetta, nonché sull'impossibilità per quest'ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un ipotetico difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata (Corte giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, proc. C-314/09).
a cura di Sonia Lazzini
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