poiché l’esborso di pubblico denaro per il risarcimento del danno da illecita occupazione sofferta dai ricorrenti costituisce danno erariale, si impone la trasmissione della presente sentenza alla Procura della Repubblica presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Liguria, per l’individuazione e l’accertamento delle connesse responsabilità amministrative.
Sussiste certamente - all’opposto - una colpa grave dell’amministrazione, che ha agito in palese violazione dell’obbligo di concludere il procedimento amministrativo di espropriazione mediante l’adozione di un provvedimento espresso (art. 2 comma 1 L. n. 241/1990), sia questo il decreto di esproprio o un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 43 (ora 42-bis) del D.P.R. n. 327/2001.
nel caso di domanda di risarcimento danni, la proprietà del terreno non costituisce l'oggetto della pretesa, ma deve essere dimostrata solo al fine di individuare, nell'effettivo titolare del bene, l'avente diritto al risarcimento del danno.
A tale limitato fine non è richiesta la prova rigorosa della proprietà, potendo il convincimento del giudice in ordine alla sussistenza della predetta legittimazione formarsi sulla base di qualsiasi elemento documentale e presuntivo, sufficiente ad escludere una erronea destinazione del pagamento dovuto (così Cass., I, 26.3.1997, n. 2701)
E’ pacifico e non contestato – in punto di fatto – che il comune di Savona ha occupato una porzione del fondo individuato al catasto terreni al foglio 72 mappale 90, di proprietà dei ricorrenti, che ha modificato mediante la realizzazione di un tratto di strada, in assenza del provvedimento di esproprio.
Si tratta ora di individuare le conseguenze giuridiche di tale comportamento, comunque riconducibile all’esercizio di un pubblico potere, derivante dall’esistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità (cfr. Cons. di St., Ad. Plen., 30.7.2007, n. 9).
Orbene, è noto che l’istituto della così detta occupazione acquisitiva è stato più volte dichiarato in contrasto con l'art. 1 del protocollo n. 1 alla convenzione europea dei diritti dell'uomo (Corte europea dei diritti dell’uomo, II, 8.1.2009, n. 16508; id., 17.5.2005; id., II, 30.5.2000, n. 31524).
Tale convenzione, a seguito della ratifica del trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (avvenuta con legge 2.8.2008, n. 130), ha assunto una diretta rilevanza nell'ordinamento interno, poiché ai sensi dell'art. 117 comma 1 Cost., le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario”, laddove ai sensi dell'art. 6, par. 3 del Trattato sull'Unione europea (nella versione consolidata in base al Trattato di Lisbona) "i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali" (così Cons. di St., VI, 29.9.2010, n. 7200).
Dunque, il comportamento di una pubblica amministrazione, la quale abbia occupato e trasformato un bene immobile per scopi di interesse pubblico in presenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità e di un legittimo decreto di occupazione d'urgenza, ma senza tuttavia adottare il provvedimento definitivo di esproprio, non può giammai determinare un effetto traslativo della proprietà, ma deve essere qualificato come un'occupazione senza titolo, ossia come un illecito di carattere permanente (T.A.R. Sicilia, III, 2.12.2010, n. 14232).
Ne segue da un lato che il privato rimane in ogni caso proprietario del bene (non potendosi attribuire, alla domanda risarcitoria per equivalente, efficacia abdicativa della proprietà – cfr. Cons. di St., IV, 2.9.2011, n. 4970), sicché non può essere risarcito il danno da perdita della stessa (Cons. di St., IV, 29.8.2011, n. 4833); dall’altro che è obbligo primario dell’amministrazione procedere al risarcimento integrale del danno da occupazione illecita, mediante restituzione della proprietà illegittimamente detenuta previa riduzione in pristino (ex art. 2058 c.c.) o - in alternativa - per equivalente.
Passaggio tratto dalla sentenza numero 1635 del 23 novembre 2011 pronunciata dal Tar Liguria, Genova
Nel caso di specie i ricorrenti, che avevano inizialmente formulato domanda di condanna del comune di Savona al risarcimento in forma specifica mediante restituzione del terreno illecitamente occupato, vi hanno successivamente rinunciato con memoria notificata in data 11.10.2010, concentrando le loro richieste sulla domanda di condanna del comune di Savona al risarcimento del danno per equivalente.
Con ordinanza 22.4.2011, n. 669 la Sezione , al fine di determinare il valore venale dell’area illecitamente occupata, ha disposto apposita verificazione, dando incarico all’Agenzia del territorio – Ufficio provinciale di Savona, affinché: 1) accertasse l’esatta estensione della superficie della porzione del fondo occupata dal comune ed irreversibilmente trasformata a seguito della realizzazione della strada di collegamento della zona 167 con via Cadorna; 2) quantificasse la somma corrispondente al valore venale della porzione di terreno in questione alla data del 27.7.1988, sulla base delle possibilità legali di edificazione.
Con relazione peritale depositata in data 28.7.2011 il verificatore ha rassegnato le proprie conclusioni, come segue.
Quesito n. 1: “L’estensione dell’area occupata ed irreversibilmente trasformata, risulta pari a mq 2.117,00 (duemilacentodiciassette/00 mq). Vi è inoltre un’area ad essa adiacente, pari a mq 534,00 delimitata sul lato est con recinzione in maglie metalliche sostenuta da paletti in ferro, pari a mq. 534,00 che pur essendo di fatto attualmente inserita in adiacenza alla zona irreversibilmente trasformata, non può essere considerata tale, in quanto all’attualità non è oggetto di opere eseguite. Si precisa che nella determinazione del valore venale dell’area irreversibilmente trasformata, i mq 534,00 non sono stati inseriti, ma la loro valutazione economica (intesa come valore venale di mercato) porterebbe ad un valore unitario identico a quanto sotto evidenziato”.
Quesito n. 2: “Il valore venale della porzione di terreno in questione alla data del 27/07/1988 (data di occupazione del terreno) sulla base delle possibilità legali di edificazione (da intendersi ex art. 32 comma 1 DPR 327/2001, come le caratteristiche del bene alla data citata, valutando l’incidenza dei vincoli di qualsiasi natura non aventi natura espropriativa ivi allora insistenti e senza considerare gli effetti del vincolo preordinato all’esproprio) è qui stato determinato, come illustrato nella presente relazione conclusiva, in due ipotesi, non essendo possibile da parte di questa Agenzia, che opera con competenze tecnico valutative, decidere in termini giuridici su quale sia stato il momento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, per cui: 1. prima ipotesi: il vincolo preordinato all’esproprio va identificato con l’approvazione del P.R.I.S. del 1977, conseguentemente, prima di tale vincolo il terreno era dotato di potenzialità edificatoria e il suo valore, riferito al 27/07/1988 risulta pari ad € 68.115,18 (sessantottomilacentoquindici/18 €). A parere dello scrivente Ufficio è comunque evidente che il momento in cui l’area è stata privata della potenzialità edificatoria è comunque riconducibile all’approvazione del Piano Regolatore Intercomunale Savonese del 1977. 2. seconda ipotesi: il vincolo preordinato all’esproprio non si identifica con l’approvazione del P.R.I.S. del 1977, ma agisce successivamente, su di un terreno già privato di potenzialità edificatoria nel 1977 e il suo valore, riferito al 27/07/1988 risulta pari ad € 38.048,07 (trentottomilaequarantotto/07)”.
Si tratta di conclusioni raggiunte sulla base di un’analisi attenta, articolata e ben documentata, che il collegio condivide e fa proprie, con le seguenti precisazioni e rettifiche.
Innanzitutto, occorre considerare che l’area di mq. 534,00, adiacente a quella occupata dall’opera, risulta recintata e a disposizione del comune: dunque, benché non irreversibilmente trasformata, anch’essa costituisce oggetto di occupazione illecita, fonte dell’obbligo risarcitorio.
E poiché il valore venale della porzione di terreno occupata è stata espressa – in entrambe le ipotesi di stima - rispetto ad una superficie di soli mq. 2117,00, occorre ricalcolare i valori tenendo conto degli ulteriori mq. 534,00, e quindi rispetto ad un’area di complessivi mq. 2651 (2117 + 534).
Orbene, tenendo conto che - secondo la relazione peritale - la loro valutazione economica porterebbe ad un valore unitario identico a quanto evidenziato per l’area trasformata, si ottiene un valore di € 85.296,80 (38.048,07 : 2117 = X : 2651) per la prima ipotesi di stima e di € 47.645,45 (38.048,07 : 2117 = X : 2651) per la seconda.
Secondariamente, rispetto alle due ipotesi di stima formulate in via alternativa dall’organo verificatore, occorre considerare che, secondo quanto riferito nella relazione conclusiva (cfr. pp 4-5), alla data del 1988 l’area in questione ricadeva in area F27 – zone ad attrezzature ed impianti di interesse generale del P.R.I.S. (piano regolatore intercomunale savonese) approvato con D.P.G.R. 5.9.1977, n. 1988, disciplinata dall’art. 19 delle norme di attuazione e dalla relativa tabella.
Orbene, i vincoli di tipo espropriativo sono quelli che derivano dalla puntuale localizzazione (“lenticolare”, secondo la efficace definizione della Suprema Corte - cfr. Cass., I, 6.11.2008, n. 26615) nel territorio comunale di opere pubbliche, strade e servizi, per i quali sono espressamente indicate le aree sulle quali - o a diretto servizio delle quali - essi dovranno sorgere, con preclusione di ogni attività edificatoria privata, mentre vanno qualificati come conformativi quei vincoli che derivano dalla zonizzazione del territorio contenuta negli strumenti urbanistici, che, nel dividere in zone il territorio dell'ente locale, definiscono in via generale ed astratta i limiti ed i caratteri dell'edificabilità dei vari terreni, e così conformano le varie proprietà che vi ricadono, limitando la fruibilità di esse nell'interesse pubblico.
Nel caso di specie, come correttamente evidenziato dalla difesa comunale, dalla scheda del P.R.I.S. che disciplina la zona F27 (doc. 10 delle produzioni 16.9.2011 di parte comunale) si evince che la destinazione a zona per attrezzature ed impianti di interesse generale riguarda un’area di complessivi 280.000 mq. da destinarsi in parte ad istruzione, ricreazione e sport nonché ad attrezzature di interesse comune, senza alcuna puntuale localizzazione delle varie strutture su aree ben determinate o a diretto servizio delle stesse.
Ne consegue che il vincolo derivante dall’approvazione del P.R.I.S. è sicuramente di natura conformativa e non espropriativa, sicché di esso deve necessariamente tenersi conto ai fini della valutazione delle possibilità legali di edificazione.
In ogni caso, quand’anche il vincolo contenuto nel P.R.I.S. fosse un vincolo preordinato all’esproprio, esso sarebbe comunque decaduto nel 1982 con il decorso dei cinque anni di cui all’art. 2 della L. n. 1187/1968, con il conseguente assoggettamento dell’area alla disciplina delle così dette “zone bianche” (art. 4 L. n. 10/1977), prive di sostanziali potenzialità edificatorie.
Deve dunque ritenersi che, contrariamente all’avviso espresso sul punto dall’organo verificatore, il vincolo preordinato all’esproprio non sia stato imposto sull’area con l’approvazione del P.R.I.S., bensì con l’approvazione del progetto di opera pubblica (cfr. la deliberazione C.C. 30.3.1987, n. 149, doc. 1 delle produzioni 1.7.2010 di parte ricorrente), su di un terreno già sostanzialmente privato, fin dal 1977, di potenzialità edificatorie.
Ne consegue che il valore venale del terreno illegittimamente occupato deve essere individuato in quello esposto nella seconda ipotesi formulata dall’organo verificatore, ovvero € 47.645,45 – recte, € 29.778,40, corrispondente alla quota di 30/48 di proprietà dei ricorrenti – riferiti all’intera superficie di mq. 2651.
Si è però già chiarito supra che il danno da perdita della proprietà - pari al valore di scambio del bene illecitamente occupato - non può essere risarcito, in quanto il diritto dominicale permane in capo al privato non legittimamente espropriato, onde, diversamente opinando, si darebbe luogo ad una indebita locupletazione.
Il risarcimento del danno deve allora coprire il solo valore d’uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione (corrispondente alla scadenza del termine massimo di occupazione legittima) fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (così Cons. di St. n. 4833/2011 cit.), cioè al momento in cui la pubblica amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell’area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l’adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001.
E tale valore d’uso, corrispondente al danno sofferto dai ricorrenti per l’illecita, prolungata occupazione del terreno di loro proprietà, può ragionevolmente quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con l’art. 42-bis comma 3 D.P.R. 8.6.2001, n. 327, con decorrenza dal 28.7.1995, giorno successivo al termine finale dell’occupazione legittima.
Nel caso di specie, risulta che l’occupazione d’urgenza, inizialmente disposta con decreto sindacale 16.6.1988, n. 947 per la durata di cinque anni dal 27.7.1988 (data di immissione in possesso) - e dunque fino al 27.7.1993 - è stata prorogata di due anni dall’art. 22 della legge 20.5.1991, n. 158, fino al termine ultimo del 27.7.1995 (cfr. l’allegato A alla deliberazione del commissario straordinario 26.4.1994, n. 287, doc. 15 delle produzioni 1.7.2010 di parte ricorrente).
Il danno per l’illecita utilizzazione senza titolo del bene in questione ammonta dunque ad una somma annua corrispondente al cinque per cento di € 29.778,40 (cioè € 1.488,92), con decorrenza dal 28.7.1995.
Ovviamente tale somma, costituendo la sorte capitale di un debito di valore (Cass., I, 4.2.2010, n. 2602), dovrà essere rivalutata all’attualità secondo l’indice ISTAT dei prezzi al consumo, mentre sulle somme anno per anno rivalutate dovranno altresì corrispondersi gli interessi legali fino alla data di deposito della sentenza.
Deve, da ultimo, rigettarsi la domanda di risarcimento del danno corrispondente all’importo dei tributi gravanti sulla proprietà del fondo, non avendo i ricorrenti dedotto e provato l’ammontare e l’avvenuto pagamento dei tributi in questione.
Nessun commento:
Posta un commento