martedì 16 ottobre 2012

risarcimento equivalente per impossibilità attribuzione il bene della vita ovvero aggiudicazione

L’amministrazione, in esecuzione di quanto sopra, ha rimesso gli atti del procedimento così rinnovato, da cui emerge che la ricorrente, ove a suo tempo ammessa alla procedura, avrebbe conseguito l’aggiudicazione della gara. Il che conduce, oltre alla sua ammissibilità essendo stata superata la prova di resistenza, all’accoglimento della domanda con cui è stato chiesto l’annullamento della predetta aggiudicazione, derivando la sua illegittimità dalla già accertata illegittimità del provvedimento di esclusione.
La ricorrente, in quanto avente titolo all’aggiudicazione, ha perciò diritto al risarcimento (per equivalente, essendo stati i lavori nel frattempo eseguiti dalla ditta a cui la gara fu a suo tempo aggiudicata) dei danni subiti.

La responsabilità risarcitoria dell’amministrazione discende dall’art. 124, 1° comma, secondo periodo, d.lg. 104/2010 (“se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato”), che esonera da qualunque indagine sulla colpa della stazione appaltante essendo il risarcimento per equivalente una conseguenza necessaria (“il giudice … dispone”) dell’impossibilità di attribuire al ricorrente, a cui competeva in base alla legge di gara, il bene della vita oggetto del provvedimento impugnato (l’aggiudicazione).
Il danno risarcibile deve essere peraltro “subito e provato”, il che porta ad escludere che possa trovare automatica applicazione l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della liquidazione in via equitativa ex art. 2056 c.c., l’utile d’impresa va quantificato, ex art. 134 comma 2, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, nella misura del 10% del prezzo a base d'asta depurato del ribasso offerto (cfr. T.A.R. Basilicata, 8 ottobre 2010, n. 761; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 4 novembre 2010, n. 4552). Per quanto il mancato utile sia danno desumibile da massime di comune esperienza, la sua quantificazione va tuttavia ancorata ad elementi adeguatamente dimostrati. Tenuto conto che la ricorrente ha assolto tale suo onere depositando in giudizio le analisi dei prezzi offerti, vanno pertanto disattese le deduzioni orali delle parti resistenti che hanno sostenuto la carenza di allegazioni in tal senso.

Va peraltro considerato che le suddette analisi necessitano di adeguata verifica per cui, ai sensi dell’art. 34, 4° comma, d.lg. 104/2010, l’amministrazione proporrà la liquidazione di una somma pari all’utile d’impresa risultante dalla verifica delle suddette analisi.
Va sul punto ulteriormente considerato che tale somma compensa l’utile che sarebbe derivato all’impresa dall’impegno delle risorse aziendali nell’esecuzione dell’appalto oggetto della gara in questione. La stessa deve essere perciò ridotta, al fine di evitare indebiti arricchimenti, in misura corrispondente all’utile alternativo percepito in conseguenza del disimpegno di tali risorse. In proposito assume rilievo la circostanza che il termine di esecuzione dei lavori era fissato dal bando in 730 giorni dalla data di consegna, margine sufficientemente ampio da lasciar presumere un diverso impiego dei mezzi aziendali nel frattempo resisi disponibili. Per consentire la relativa quantificazione la ricorrente esibirà all’amministrazione perizia giurata contabile in cui sarà quantificato l’utile conseguito attraverso il reimpiego dei mezzi originariamente destinati all’esecuzione dell’appalto in parola.
In ordine alle componenti del danno emergente oggetto della domanda e dettagliate in memoria, il collegio ritiene che spetti ulteriormente una somma pari ai costi sostenuti per partecipare alla gara e per predisporre i mezzi aziendali in coerenza con la tempistica di esecuzione prevista dalla lex specialis.

Si tratta dei costi connaturati alla veste di concorrente, più o meno consistenti in base all’impegno richiesto ai partecipanti, che restano normalmente a carico delle imprese che non hanno conseguito l’aggiudicazione ma che sono invece interamente recuperati dall’impresa aggiudicataria attraverso il corrispettivo contrattuale, destinato a coprire per intero le spese imputabili all’esecuzione dell’opera ed a costituire il margine di utile.
Avendo perciò la ricorrente titolo all’aggiudicazione, il ristoro per equivalente non può che coinvolgere anche la copertura di dette spese di partecipazione, che altrimenti finirebbero per gravare sull’utile attribuito.

Anche ai fini della quantificazione di tale quota la ricorrente rimetterà all’amministrazione perizia giurata in cui si evidenzieranno i costi relativi alle spese di gara infruttuosamente sostenute (pag. 16 e seg. memoria del 5.12.2011).
Va altresì riconosciuto il danno curriculare [derivante dal pregiudizio subito dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale in cui non è possibile indicare l'avvenuta esecuzione dell'appalto non ottenuto a causa del comportamento illegittimo dell'amministrazione, voce di danno riconosciuta come risarcibile dalla giurisprudenza amministrativa che, a causa della difficoltà di quantificarne l’entità, ne effettua la liquidazione in via equitativa in una somma pari ad una percentuale (variabile dall'1% al 5%) sul valore complessivo dell'appalto come ribassato dall'offerta della ricorrente], in una percentuale che può essere equamente determinata in misura pari al 2% dell’importo offerto

a cura di Sonia Lazzini

tratto dalla sentenza numero 670 dell’  11 ottobre 2012 pronunciata dal Tar Abruzzo, L’Aquila

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