venerdì 21 settembre 2012

Interessata compete diritto risarcimento dei danni _mancato utile derivante dall'appalto

Con riferimento alla misura del risarcimento del danno spettante all'appellante, è sufficiente osservare che, qualora la procedura fosse stata svolta correttamente, l'appalto avrebbe dovuto essere assegnato all'attuale appellante, illegittimamente dichiarata decaduta dalla disposta aggiudicazione provvisoria a suo favore.

Pertanto, all'interessata compete il diritto al risarcimento dei danni costituiti dal mancato utile derivante dall'appalto in contestazione.
Per la determinazione di tale somma, occorre avere riguardo al corrispettivo offerto dalla appellante. La misura dell'utile può essere equitativamente stimata nella misura del 5% dell'offerta, tenendo conto anche della presunzione di utilizzabilità delle risorse destinate all'esecuzione della fornitura in oggetto in altre operazioni commerciali.
Al riguardo la Sezione ritiene di condividere il consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza (per tutte, Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 settembre 2010 n. 7004), secondo cui, in sede di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto, il mancato utile nella misura integrale spetta, nel caso di annullamento dell'aggiudicazione e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se il ricorrente dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione; in difetto di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi e, pertanto, in tale ipotesi deve operarsi una decurtazione del risarcimento di una misura per l'”|aliunde perceptum vel percipiendum”.
Deve inoltre evidenziarsi che ai sensi dell'art. 1227 c.c., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno. Nelle gare di appalto, l'impresa non aggiudicataria, ancorché proponga ricorso e possa ragionevolmente confidare che riuscirà vittoriosa, non può mai nutrire la matematica certezza che le verrà aggiudicato il contratto, atteso che sono molteplici le possibili sopravvenienze ostative.
Pertanto, non costituisce, normalmente, e salvi casi particolari, condotta ragionevole immobilizzare tutti i mezzi di impresa nelle more del giudizio, nell'attesa dell'aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ragionevole che l'impresa si attivi per svolgere altre attività.
Aggiungasi che nel casso che occupa va considerato che l’appellante, messa, a seguito di ordinanza cautelare, in condizione di subentrare nell’attività, ha comunicato di essere disponibile solo con mesi di ritardo.
Di qui la piena ragionevolezza della detrazione, affermata dalla giurisprudenza, dal risarcimento del mancato utile, nella misura del 50% (rispetto al 10% del prezzo offerto), sia dell'”aliunde perceptum”, sia dell'”aliunde percipiendum” con l'originaria diligenza.
L'indicata misura del 5% dell'offerta comprende, equitativamente, anche il deprezzamento monetario.
Per ciò che concerne invece il rimborso delle spese sostenute, esse non possono essere riconosciute perché delle stesse non è stata data adeguata dimostrazione nel caso in esame e comunque le spese per la costituzione della cauzione provvisoria e definitiva per le quali, stante la mancata stipulazione del contratto, deve presumersi l'intervenuta restituzione (Consiglio Stato a. plen., 5 settembre 2005, n. 6).
Sulla somma complessiva di cui la ricorrente è creditrice a titolo di risarcimento del danno, sono dovute la rivalutazione monetaria e gli interessi legali; la rivalutazione monetaria è dovuta con decorrenza dalla maturazione del diritto e, quindi, dalla data dell'aggiudicazione definitiva annullata con la presente sentenza mentre gli interessi compensativi (Consiglio di Stato, decisione n. 5179/2007), conseguenti alla mancata disponibilità della somma di danaro in cui viene liquidato il debito di valore, vanno calcolati dalla data dell'aggiudicazione alla pubblicazione della sentenza sull'importo non rivalutato e, di poi, da questa ultima data fino al saldo effettivo sull'importo rivalutato.
6.- Le somma concretamente dovute a titolo di risarcimento danni dovranno essere liquidate fra le parti ai sensi dell'art. 35 del d.lgs. n. 80/1998 sulla base dei criteri indicati in motivazione.
La condanna al risarcimento del danno nella forma di " sentenza sui criteri ", ex art. 35 comma 2, del d.lgs. n. 80/1998, modificato dalla l. n. 205/2000 è infatti applicabile ove la quantificazione del danno necessiti di una ulteriore concreta attività di contabilizzazione dell'Amministrazione. In tali casi, ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla Pubblica amministrazione, può essere utilizzato lo strumento previsto dal succitato art. 35 comma 2, del d.lgs. n. 80/1998, che consente al Giudice amministrativo di stabilire i criteri in base ai quali l'Amministrazione deve proporre in favore dell'avente titolo il pagamento della somma entro un congruo termine, prevedendo che, qualora permanga il disaccordo, le parti possano rivolgersi nuovamente al Giudice per la determinazione delle somme dovute nelle forme del giudizio di ottemperanza (Consiglio Stato, sez. IV, 06 luglio 2009, n. 4325).

a cura di Sonia Lazzini
passaggio tratto dalla decisione numero 6951 del 28 dicembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

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