Tra il 1993 e il 2009 sono interventi radicali mutamenti del quadro di riferimento (giurisprudenziale e normativo) riguardanti la risarcibilità degli interessi legittimi,
il venire meno della pregiudiziale amministrativa e la illegittimità del diniego delle autorizzazione di cui trattasi motivato con la prevalenza dell’interesse pubblico alla inelasticità della domanda nel settore.
non può retrodatarsi il decorso della prescrizione al momento dell’emanazione dell’atto illegittimo sulla scorta del nuovo orientamento assunto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ritengono non più necessario ottenere pregiudizialmente l’annullamento dell’atto illegittimo per poter richiedere il risarcimento.Tale orientamento ha cominciato ad affermarsi nel giugno 2006 con le note ordinanze 13659 e 13660 ed è stato autorevolmente ribadito con la sentenza 30254 del 2008 …....Sarebbe ben strano che una radicale novità giurisprudenziale come quella appena descritta, determinasse ex post un criterio di decorrenza della prescrizione penalizzante per il danneggiato che mai avrebbe potuto agire per ottenere il risarcimento fino a quando non avesse ottenuto una pronuncia costitutiva demolitoria dell’atto illegittimo.
Il Collegio condivide tale impostazione, che appare coerente anche con il sopravvenuto art. 30, comma 5, del codice del processo amministrativo, il quale ha preso in considerazione la possibilità che la domanda risarcitoria sia proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento, espressamente riconoscendo l’ammissibilità della domanda così proposta e prevedendo solo un eccezionale termine breve per la sua formulazione.
Il Collegio ritiene, a tale riguardo, che la norma non abbia, per quel che qui rileva, innovato la disciplina previgente.
E’ vero che l’azione di annullamento è indipendente da quella per il risarcimento del danno.
Prima ancora dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo questo Consiglio di Stato, Sezione VI, con sentenza 22 ottobre 2008, n. 5183, poi ripresa dall’Adunanza Plenaria con sentenza 23 marzo 2011, n. 3, ha affermato che sebbene non sussista più la pregiudiziale di rito, secondo cui l’azione risarcitoria era inammissibile ove non preceduta o accompagnata dall’azione demolitoria, tuttavia il comportamento del danneggiato che non esperisce l’azione demolitoria deve essere valutato, ai sensi dell’art. 1227 c.c. e del principio di buona fede, ai fini della quantificazione del danno risarcibile.
Ad avviso del Collegio, non è tuttavia indispensabile proporre congiuntamente le due domande, ed anzi ben può accadere che l’interesse al risarcimento sorga dopo l’impugnazione del provvedimento lesivo, ad esempio per il consolidamento definitivo dei suoi effetti, e l’impossibilità di ottenere la reintegrazione.
La domanda di risarcimento può quindi essere proposta anche una volta divenuta in tutto o in parte impossibile la reintegrazione nel godimento di quel bene della vita.
Con la domanda di annullamento l’interessato interrompe il termine di prescrizione, consentendo la successiva proposizione dell’azione di risarcimento (in termini Cass., SS.UU. 4 aprile 2008, n. 9040, giustamente richiamata dalla parte resistente).
Il caso di specie offre ulteriori argomenti a favore della tesi appena esposta.
Nella presente controversia, infatti, il danno, per le motivazioni che verranno esposte di seguito, è divenuto ingiusto nel corso del giudizio di impugnazione.
Sarebbe quindi iniquo negare all’appellata il diritto al risarcimento, nonostante abbia tempestivamente proposto il giudizio di impugnazione e lo abbia successivamente coltivato fino ad un momento successivo a quello in cui il comportamento dell’Amministrazione deve essere qualificato in termini di illecito per non avere proposto la domanda di risarcimento unitamente a quella di impugnazione.
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