lunedì 10 dicembre 2012

grava sul danneggiato l’onere di provare la diminuzione patrimoniale

Deve essere, invece, respinta la domanda di risarcimento del danno proposta dalla ricorrente, in quanto rimasta totalmente sfornita di apparato probatorio.

La più recente giurisprudenza ha chiarito, infatti, che in materia di appalti pubblici la domanda di risarcimento non sostenuta dalle allegazioni necessarie all’accertamento della responsabilità della P.A. deve essere disattesa, atteso che grava sul danneggiato l’onere di provare gli elementi costitutivi di siffatta domanda e, dunque, almeno di una diminuzione patrimoniale o di una perdita di chance, con il corollario che la totale assenza di queste indicazioni priva il giudice della possibilità di una valutazione equitativa (C.d.S., Sez. V, 27 aprile 2012, n. 2449).

Si è, altresì, affermato che al fine di quantificare il danno subito dall’impresa, inteso come mancata percezione dell’utile che avrebbe conseguito dalla stipula del contratto di appalto – e cioè la sola voce di danno configurabile nel caso ora in esame, in cui, non essendo stata la Ricorrente S.n.c. invitata alla gara ufficiosa, non è ipotizzabile una voce di danno per i costi di partecipazione alla gara – non si può liquidare, quale danno presunto ed in via equitativa, la percentuale del 10% (o altra percentuale) del prezzo a base d’asta, dovendo invece la ricorrente fornire una prova rigorosa della percentuale di utile effettivo che avrebbe ottenuto se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto.

In tali casi, infatti, per un verso non sono configurabili sempre e comunque interessi legittimi, la cui tutela porti ad un risultato garantito (l’aggiudicazione della gara in favore dell’impresa ricorrente) e, per altro verso, non può estendersi analogicamente il diverso istituto dell’indennizzo all’appaltatore in caso di recesso della P.A. committente, ex art. 345 della l. n. 2248/1865, all. F), ed oggi art. 134 del d.lgs. n. 163/2006 (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 8 ottobre 2009, n. 1498; id., 10 marzo 2011, n. 203).


a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla sentenza numero 928 del  4 dicembre  2012 pronunciata dal Tar Lazio, Latina

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