Quanto all’elemento soggettivo dell’illecito aquiliano, sussiste certamente una colpa grave del Consorzio subalpino edilizia industrializzata, il quale, benché specificamente delegato anche per le operazioni di esproprio, ha agito in palese violazione dell’obbligo di concludere il procedimento amministrativo mediante l’adozione del decreto finale di esproprio (art. 2 comma 1 L. n. 241/1990).
Il danno derivante dall’illecita apprensione del bene privato consiste dunque delle perdite e dei mancati guadagni derivanti dall’indisponibilità dei terreni dal momento della cessazione dell’occupazione d’urgenza (31.7.2000, cfr. il D.P. 22.7.1999 - allegato n. 4 depositato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 11.8.2011, ed il decreto 6.7.1996 del Prefetto di Imperia doc. 2 delle produzioni 11.7.2001 di parte ricorrente), fino alla restituzione degli stessi.
Per quanto riguarda la quantificazione del danno, con ordinanza 11.7.2011, n. 1072 la Sezione, al fine di determinare il valore venale dell’area illecitamente occupata, ha disposto apposita verificazione, dando incarico all’Agenzia del territorio – Ufficio provinciale di Imperia, affinché accertasse la consistenza delle aree di proprietà della società ricorrente interessate dalla costruzione della strada di accesso alla nuova casa circondariale di Sanremo e quantificasse la somma corrispondente al valore venale dei terreni in questione alla data del 6.7.1996, sulla base dei criteri per la determinazione dell’indennità di espropriazione (possibilità legali di edificazione ex art. 32 comma 1 D.P.R. n. 327/2001).
Con relazione peritale depositata in data 26.6.2012 il verificatore ha rassegnato le proprie conclusioni, nel senso che il più probabile valore di mercato alla data del 6.7.1996 è da determinarsi in € 145.500,00 (centoquarantacinquecinquecento).
Si tratta di conclusioni che il collegio condivide pienamente e fa proprie.
Ciò posto, si è già detto supra che il danno da perdita della proprietà - pari al valore di scambio del bene illecitamente occupato - non può essere risarcito, in quanto il diritto dominicale permane in capo al privato non legittimamente espropriato, onde, diversamente opinando, si darebbe luogo ad una indebita locupletazione.
Il risarcimento del danno deve allora coprire il solo valore d’uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione (corrispondente alla scadenza del termine massimo di occupazione legittima) fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (così Cons. di St. n. 4833/2011 cit.), cioè al momento in cui la pubblica amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell’area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l’adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001.
E tale valore d’uso, corrispondente al danno sofferto dalla società ricorrente per l’illecita, prolungata occupazione dei terreni di sua proprietà, può ragionevolmente quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con l’art. 42-bis comma 3 D.P.R. 8.6.2001, n. 327, con decorrenza dall’1.8.2000, giorno successivo al termine finale dell’occupazione legittima (31.7.2000).
Nel caso di specie, il danno per l’illecita utilizzazione senza titolo dei beni in questione ammonta dunque ad una somma annua corrispondente al cinque per cento di € 145.500,00, cioè € 7.275,00 (settemiladuecentosettantacinque), con decorrenza dall’1.8.2000.
Ovviamente tale somma, costituendo la sorte capitale di un debito di valore (Cass., I, 4.2.2010, n. 2602), dovrà essere rivalutata all’attualità secondo l’indice ISTAT dei prezzi al consumo, mentre sulle somme anno per anno rivalutate dovranno altresì corrispondersi gli interessi legali fino alla data di deposito della sentenza.
a cura di Sonia Lazzini
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