venerdì 15 giugno 2012

La decisione appare censurabile perché risulta in contrasto con i principi generali di proporzionalità e ragionevolezza, oltre che con lo stesso art. 113 del Codice, visto che è stato richiamato espressamente, una cauzione del medesimo importo dei lavori (a carico del concessionario) da eseguire

Deliberazione Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 18/4/2012 n. 44

E' pervenuta a questa Autorità una segnalazione da parte della società Alfa Srl con cui sono state lamentate diverse irregolarità intervenute nell'affidamento del servizio in oggetto, le quali avrebbero prodotto una ingiusta restrizione della concorrenza.
Segnatamente, l'esponente – gestore uscente del servizio – ha contestato che le cauzioni previste dalla Stazione Appaltante, sia provvisoria che definitiva, sono state imposte sul valore complessivo della concessione (euro 22.770.000) e dunque la restrizione della concorrenza discenderebbe dall'insostenibilità economica delle cauzioni da parte degli operatori del settore; ciò soprattutto in ragione della "indisponibilità delle compagnie assicurative e degli istituti bancari più accreditati a prestare una polizza di durata così lunga" (30 anni).
La dimostrazione di quanto sostenuto sarebbe data dalla circostanza che alla prima gara hanno partecipato solo due operatori economici, entrambi poi esclusi per non aver prodotto le garanzie cauzionali richieste; e che nella successiva procedura ha presentato offerta un solo concorrente (già partecipante alla prima gara), risultato poi aggiudicatario definitivo, il quale ha assolto alle richieste di garanzia della Stazione Appaltante attraverso la produzione di un atto di fideiussione sottoscritto da una società finanziaria, di cui oltretutto il segnalante ipotizza la scarsa affidabilità economica.
Al fine di accertare la fondatezza di quanto denunciato e di altre criticità procedurali rilevate, è stato dunque avviato un procedimento di vigilanza con il quale sono state richieste delucidazioni soprattutto in merito all'applicazione degli artt. 75 e 113 del Codice Appalti e, altresì, alla mancata previsione delle idonee certificazioni SOA per i concorrenti, relativamente alla parte inerente lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione, manutenzione straordinaria ed eventuale ampliamento.
La Stazione Appaltante, in ordine alle contestazioni sollevate, ha controdedotto che:
la previsione delle cauzioni, sebbene non imposta dalla legge in tema di concessioni di servizi, è stata inserita per garantire adeguatamente la posizione dell'Ente anche in ragione della rilevanza, non solo economica, della concessione;
la cauzione provvisoria, "essendo unica, non poteva non essere calcolata facendo riferimento all'intero valore della concessione, comprensivo anche dei 1.500.000,00 euro quale importo presunto dei lavori"; per la cauzione definitiva, si sono calcolate due distinte cauzioni: "una a garanzia della corretta esecuzione degli obblighi attinenti alla gestione e l'altra a garanzia della regolare esecuzione dei lavori". Cosicché "mentre quest'ultima è stata fissata ex officio nello stesso importo dei lavori da eseguire", l'altra è stata calcolata con riferimento "al solo valore della gestione come già definito negli atti di gara" (euro 21.270.000, di cui 270.000 da corrispondere al precedente gestore);
non è stata richiesta alcuna qualificazione SOA ai concorrenti poiché l'oggetto principale del contratto è costituito dal servizio di gestione ed il contratto è dunque qualificato come concessione di servizi, mentre i lavori assumono carattere meramente accessorio;
la scelta di non prevedere alcun canone a carico del concessionario "è consequenziale alla scelta di non costruire il rapporto in oggetto quale mera concessione di un servizio pubblico, avendo previsto in capo al gestore anche l'obbligo di realizzare […] una serie di lavori necessari alla funzionalità della struttura […], dando così "priorità all'interesse pubblico ad ottenere un investimento di importo non certo trascurabile che nel breve termine di ventiquattro mesi darà vita ad opere indispensabili per il funzionamento della struttura e quindi per l'erogazione del servizio"; e ciò perché "senza l'intervento economico del privato, l'ente avrebbe incontrato grosse difficoltà a reperire le risorse per realizzare i lavori in questione". In definitiva la Stazione Appaltante ha ritenuto che "aggravare la posizione del concessionario imponendo un ulteriore obbligo di corresponsione di un canone rischiava di rendere poco competitiva la gara, pregiudicando così il primario interesse pubblico a garantire il funzionamento della struttura e l'erogazione del servizio".
Ritenuto in diritto
Il sistema delle cauzioni negli appalti pubblici riveste un ruolo fondamentale per la tutela degli interessi pubblici; motivo per cui il legislatore ha sempre riservato a questa disciplina una particolare attenzione.
Come noto, il D.lgs 12 aprile 2006, n. 163, disciplinando in un unico corpus normativo le varie disposizioni in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, ha riconfermato la distinzione tra le garanzie richieste per la fase di aggiudicazione da quelle richieste per la fase di esecuzione dell'appalto, già presente nella normativa antecedente al Codice.
Per gli appalti di lavori, servizi e forniture, quindi, durante la fase di aggiudicazione dell'appalto i concorrenti, a norma dell'art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006, dovranno corredare l'offerta di una cauzione "pari al due per cento dell'importo indicato nel bando di gara o nella lettera di invito". Scopo della cauzione provvisoria è quello di garantire la serietà e la congruenza dell'offerta e, quindi, di evitare che per fatto riconducibile all'affidatario non si giunga alla sottoscrizione del contratto. Conseguentemente, solo al momento della stipula del contratto si potrà procederà al suo svincolo (art. 75, comma 8).
Secondo i giudici amministrativi, la cauzione provvisoria è «in via generale, da riportarsi alla caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.), sia perche` si tratta di confermare la serieta` di un impegno da assumere in futuro, sia perche` tale qualificazione risulta piu` coerente con l`esigenza, rilevante contabilmente (e si consideri che la normativa contabilistica e` la matrice di questa disciplina contrattuale), di non vulnerare l`interesse dell`amministrazione a pretendere il maggior danno» (Tar Lazio, sez. II, 6 marzo 2009 n. 2341).
La cauzione definitiva, invece, regolata dall'art. 113 del D.Lgs. n. 163/2006, assolve alla diversa funzione di coprire "gli oneri per il mancato o inesatto adempimento e cessa di avere effetto solo alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione"(art. 113 cit.; cfr. Tar Catania, Sicilia, 26 maggio 2009, n. 968).
L'importo di tale cauzione, a garanzia di tutti gli obblighi assunti con la firma del contratto d'appalto, è fissato nella misura del "dieci per cento dell'importo contrattuale", al netto dell'eventuale ribasso d'asta ("In caso di aggiudicazione con ribasso d'asta superiore al 10%, la garanzia è aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10%; ove il ribasso è superiore al 20%, la garanzia è aumentata di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20%", così art. 113, comma 1).
La questione che qui si discute è se – e, in caso affermativo, come – tale disciplina possa essere applicata anche alle concessioni di servizi.
E' noto come la materia delle concessioni di servizi sia regolata dall'art. 30 del Codice Appalti, il quale, salvo quanto disposto espressamente nel medesimo articolo, non prevede l'applicazione delle disposizioni del Codice e, dunque, neanche degli articoli 75 e 113.
La giurisprudenza amministrativa ha precisato, al riguardo, che "Sebbene la direttiva comunitaria abbia tendenzialmente escluso dal proprio ambito le concessioni di servizi, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale l'affidamento delle concessioni di servizi non può essere sottratto ai principi espressi dal Trattato in tema di tutela della concorrenza, regola che viene codificata nell'articolo 30 del citato Codice dei contratti. In particolare secondo Corte di giustizia 7 dicembre 2000, C 324/1998 e Corte di giustizia 13 ottobre 2005, C 458/2003, occorre un adeguato livello di pubblicità e gli Stati membri non possono mantenere in vigore norme che consentano l'attribuzione di concessioni di servizi senza gara. Ciò premesso, va osservato che il citato art 30, comma 1, del Codice dei contratti pubblici stabilisce, senza possibilità di equivoci, che "Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi"".
Sarebbe erronea, pertanto, l'applicazione analogica della disciplina dettata all'art. 75 del Codice dei contratti pubblici, "trattandosi di disposizione preordinata alla costituzione di idonea garanzia per la valutazione dell'idoneità complessiva dell'offerta e rispetto alla quale non possibile individuare alcuna correlazione con le previsioni richiamate dal comma 1 del citato articolo 30 del codice dei contratti pubblici" (Consiglio di Stato, sez. V, n. 4510 del 13/7/2010).
Ciò, in ogni caso, non preclude la possibilità per le stazioni appaltanti, nell'ambito della discrezionalità loro riconosciuta, di fissare condizioni più stringenti per la partecipazione alle gare e dunque di "autovincolarsi", purchè lo facciano espressamente, al rispetto di ulteriori norme del Codice Appalti, in quanto l'art. 30 non obbliga, ma neanche vieta di applicare in tutto o in parte, purchè compatibile, la disciplina codicistica dettata per gli appalti.
Naturalmente, gli unici limiti riconosciuti sono quelli derivanti dal rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.
Ed è proprio sotto quest'ultimo aspetto che le decisioni dell'odierna stazione appaltante appaiono, in effetti, censurabili.
Come detto, infatti, l'Amministrazione non è vincolata, per le concessioni di servizi, ad applicare la disciplina delle cauzioni, trattandosi di disposizioni preordinate alla costituzione di idonea garanzia per la valutazione dell'idoneità complessiva dell'offerta e rispetto alla quale non è possibile individuare alcuna correlazione con le previsioni richiamate dal comma 1 del citato art. 30 del Codice. Diversamente opinando, l'intero corpus del Codice sarebbe di fatto applicabile alle concessioni di servizi, rendendo del tutto superflui i precetti dettati nel citato articolo 30 (in tal senso Consiglio di Stato, n. 4510/2010, cit.).
Nel caso di specie, tuttavia, l'Amministrazione – con il fine "di tutelare adeguatamente la posizione della stazione appaltante anche in ragione della rilevanza – non solo economica – della concessione" – si è espressamente autovincolata, senza eccezioni, all'applicazione delle cauzioni ai sensi degli artt. 75 e 113 Codice Appalti (art. 10, punto 2 e art. 13, punto 13.1.2 del Disciplinare di gara).
Le norme appena citate prevedono che le cauzioni, provvisoria e definitiva, siano calcolate, rispettivamente, sull'importo indicato nel Bando o nella lettera di invito e sull'importo contrattuale. La Stazione appaltante, dunque, ha calcolato la cauzione provvisoria sull'intero importo previsto dal bando (euro 22.770.000 quali introtiti presunti della concessione), mentre ha duplicato la cauzione definitiva: una pari al 10% dell'importo della sola concessione di servizi (euro 21.270.000) e l'altra, per la parte accessoria dei lavori, pari al medesimo importo di questi ultimi (euro 1.500.000).

Così congegnate, le scelte della stazione appaltante non sembrano aver rispettato i principi di proporzionalità, ragionevolezza e tutela della concorrenza, pur nell'apprezzabile intento di salvaguardare l'Amministrazione dall'eventualità di offerte non serie e di inadempimenti contrattuali. Infatti, la previsione di cauzioni di importo molto elevato – quali risultano quelle in esame, essendo state calcolate sugli (ingenti) introiti presunti della concessione (c.d. valore della concessione), considerati unitamente all'elevata durata del rapporto (trent'anni) – quando non imposte per legge, oltre a violare i principi di proporzionalità e ragionevolezza, finisce col determinare una ingiustificata restrizione della partecipazione alla gara, con effetti pregiudizievoli per la stessa Amministrazione aggiudicatrice.
Nel caso in esame, l'asserita difficoltà di reperire fideiussioni per tali elevati importi è stata dimostrata, nei fatti, dall'andamento stesso della gara: dopo una prima sessione conclusasi con la mancata aggiudicazione a causa dell'esclusione di entrambe le offerenti per mancanza dei requisiti richiesti relativamente alla prestazione delle garanzie cauzionali, alla riapertura dei termini per la presentazione delle offerte (dopo "aver accertato la reperibilità sul mercato di fideiussioni conformi alle prescrizioni" – così Verbale del 7 marzo 2011) solo una delle due precedenti partecipanti ha presentato l'offerta corredata dalla garanzia richiesta ed è risultata aggiudicataria della concessione.
Rimanendo non meglio specificate le modalità con cui l'Amministrazione ha accertato la reperibilità sul mercato delle fideiussioni in discussione, appare comunque significativo che, salvo l'affidatario, neanche il precedente gestore, odierno esponente e soggetto sicuramente interessato, sia riuscito a partecipare alla gara per il motivo già esplicitato.
Anche a voler prescindere, però, da tali ultime considerazioni, ciò che risulta più stridente rispetto alla disciplina dettata codicistica delle cauzioni è l'aver previsto l'ammontare della cauzione per la parte lavori pari al loro stesso importo.
La decisione appare censurabile perché risulta in contrasto con i principi generali di proporzionalità e ragionevolezza, oltre che con lo stesso art. 113 del Codice, visto che è stato richiamato espressamente, una cauzione del medesimo importo dei lavori (a carico del concessionario) da eseguire.
La concessione in esame si presenta, di fatto, come un contratto di gestione misto servizi-lavori, in cui la componente lavori (ristrutturazione delle strutture comunali concesse) assume senza dubbio un carattere accessorio (e sostitutivo del canone a carico del concessionario, in questo caso non previsto).
Tuttavia, ciò che qui rileva non è tanto la qualificazione giuridica che la Stazione Appaltante assegna alla concessione in oggetto, quanto piuttosto il fatto che da tale definizione essa ne faccia discendere alcune rilevanti conseguenze: innanzitutto quella di considerare, ai fini dell'applicazione della cauzione definitiva, i lavori come oggetto contrattuale a se stante; ma, ciò che appare più grave, quella di imporre al concessionario una doppia garanzia definitiva, in relazione tanto alla parte della gestione del servizio (10% dell'importo), quanto alla parte dei lavori addirittura in misura pari al loro intero valore.
La descritta scissione dell'oggetto della concessione tra servizi e lavori operata dalla Stazione Appaltante, utile per prevedere l'obbligo del versamento di due distinte cauzioni definitive, viene poi accantonata al momento di stabilire i requisiti tecnico-professionali di partecipazione alla gara.
L'Amministrazione, infatti, qualificando – come detto – il presente affidamento quale concessione di servizi, perché "l'oggetto principale del contratto è costituito dalla gestione di cui sopra, avendo i lavori… carattere meramente accessorio", non prevede obblighi specifici in merito al possesso della qualificazione SOA da parte dei concorrenti, limitandosi al generico richiamo all'applicazione della normativa di cui all'art. 32, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 163/2006 (cfr. art. 8.3 del Capitolato Speciale). E ciò essenzialmente perché "i requisiti richiesti ai concorrenti sono stati definiti avendo riguardo all'oggetto principale del rapporto, vale a dire il servizio di gestione del centro natatorio" e pertanto "appariva altamente improbabile – se non impossibile – reperire gestori 'qualificati' anche all'esecuzione dei lavori".
Chiarito preliminarmente che l'attuale legislazione in materia di lavori pubblici prevede l'indefettibile requisito dell'attestazione SOA in capo all'esecutore (con la sola eccezione per i lavori di importo inferiore a 150.000 euro), la circostanza che l'oggetto principale del contratto è la gestione di un servizio non può condurre a deroghe al principio appena espresso; ne deriva che la previsione di lavori, ancorchè accessori alla gestione del servizio, implicando il requisito della qualificazione per l'esecutore, deve comunque accompagnarsi all'espressa indicazione delle categorie e classifiche SOA appropriate alla tipologia di lavori richiesti; indicazione, quest'ultima, di cui non v'è traccia nei documenti di gara.
Un ulteriore elemento di anomalia riguarda, poi, la mancanza di una progettazione preliminare, da porre a base di gara, dei lavori di eventuale ampliamento dell'impianto natatorio. Salvo, infatti, una laconica indicazione delle soluzioni progettuali auspicate dall'Amministrazione ed una scheda tecnica allegata alla documentazione di gara, nella quale vengono sommariamente evidenziati gli interventi ritenuti indispensabili per il funzionamento della struttura, l'attività progettuale è stata rimessa interamente ai concorrenti, ai quali è stata demandata anche la decisione circa l'opportunità di determinati interventi, le modalità e le tempistiche di esecuzione.
Nel caso di specie, insomma, il Comune ha conferito una completa delega ai partecipanti alla gara, non solo per la stesura in via definitiva del progetto, ma anche per la definizione degli indirizzi di massima dell'intervento (progettazione preliminare) in rapporto ai meri requisiti funzionali, che sono stati gli unici ad essere espressi dall'Amministrazione.
L'assenza di un progetto a base di gara costituisce una irregolarità non marginale, poiché di fatto viene attribuita al concessionario una inammissibile discrezionalità nel definire i caratteri tecnico-economici della prestazione, rendendo quanto meno più complicato il perseguimento delle finalità pubbliche di qualità, sostenibilità economica ed ambientale dell'intervento e, dall'altro, il rispetto delle regole sulla qualificazione ed esecuzione (cfr., in tal senso, Deliberazioni AVCP n. 5/2008 e n. 97/2011).
Infine, un altro elemento di incertezza è costituito dalle modalità con le quali è stato individuato il valore economico della gestione, non emergendo, dalla documentazione fornita dalla Stazione appaltante, alcuno studio né tantomeno alcun piano economico-finanziario da cui desumere il dato in discussione.
In particolare, non si comprende quali siano i dati economico-finanziari su cui la Stazione appaltante si è basata per quantificare in euro 700.000 annui il fatturato derivante dalla gestione del servizio in questione, dato che il Disciplinare di gara si limita ad indicare – in modo generico – in 30 anni il periodo dell'affidamento "necessario per l'ammortamento degli interventi richiesti e dell'onere connesso all'importo che il nuovo concessionario dovrà corrispondere al vecchio gestore" (v. art. 3.1).
La corretta individuazione del valore complessivo di una concessione costituisce uno snodo di fondamentale importanza sia ai fini della tutela della concorrenza che della qualità delle prestazioni: ciò in quanto, essendo siffatto valore l'elemento su cui gli operatori economici si basano per decidere la convenienza o meno della gestione, la sua eccessiva approssimazione (o, addirittura, errata quantificazione) potrebbe ridurre in modo consistente il numero dei partecipanti e, al tempo stesso, aumentare considerevolmente le probabilità che alla procedura selettiva si presentino candidati scarsamente affidabili, con tutti gli evidenti rischi, sul piano del perseguimento delle finalità pubbliche, connessi a tale eventualità (in argomento, cfr. anche ampiamente Deliberazione AVCP n. 13/2010).
Alla luce delle considerazioni che precedono
Il Consiglio
ritiene che la modulazione delle cauzioni, nella concessione di servizi in esame, sia stata disposta in modo non conforme alla vigente normativa in materia ed abbia prodotto una ingiustificata restrizione della concorrenza, nei sensi di cui in motivazione;
considera non conforme alla normativa di settore la mancata indicazione, nella concessione di servizi in esame, delle categorie e classifiche SOA necessarie per l'esecuzione dei lavori previsti, nei sensi di cui in motivazione;
ritiene che i documenti di gara non siano stati conformi alle prescrizioni della normativa di settore in quanto carenti sotto il profilo progettuale e della valutazione economico-finanziaria della concessione, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione;
invita il Comune di Legnago a dare riscontro alla presente delibera entro trenta giorni dalla ricezione della stessa, comunicando le eventuali iniziative assunte;
dà mandato alla Direzione Generale Vigilanza Lavori Servizi e Forniture affinché comunichi la presente delibera al Comune di Legnago, alla società Alfa Srl ed alla società Padova Nuoto S.D. Srl.

Il Consigliere Relatore: Alfredo Meocci
Il Presidente: Sergio Santoro

Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 24 maggio 2012
Il Segretario
Maria Esposito



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