la presente causa è trattata in pubblica udienza e non in camera di consiglio, avendo ad oggetto non solo il diniego di accesso ai documenti ma anche la richiesta di condanna dell’Amministrazione al risarcimento danni, la cui cognizione deve avvenire in udienza pubblica
l’accesso agli atti amministrativi previsto dall’art. 22 L. 7 agosto 1990 n. 241 può essere escluso solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dalla legge stessa
casi che non ricorrono nel caso in esame nel quale non è stato ravvisato alcun segreto epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale ovvero commerciale riguardante la vita privata e la riservatezza dei lavoratori suddetti
Trova infatti applicazione l’art. 32, primo comma, c.p.a., secondo cui è sempre possibile il cumulo di azioni e se queste sono soggette a riti diversi si applica quello ordinario.
la prevalenza del diritto di difesa, in proiezione giurisdizionale, dei propri interessi giuridicamente rilevanti non necessita, nel caso in esame, di specificazione ulteriore delle concrete esigenze di difesa perseguite, essendo tale specificazione sufficientemente contenuta nell’allegazione, a base della richiesta di accesso effettivamente inoltrata, che la conoscenza delle dichiarazioni è necessaria per approntare la difesa in sede di azione di accertamento della legittimità dell’operato dell’Amministrazione
Deve essere invece rigettata l’istanza di risarcimento danni, non essendo accompagnata da alcuna prova del danno effettivamente subito.
Passaggio tratto dalla sentenza numero 8274 del 27 ottobre 2011 pronunciata dal Tar Lazio, Roma
Ciò posto, non emergono motivi rilevanti per discostarsi dalla giurisprudenza consolidata della VI Sezione del Consiglio di Stato in tema di diniego di accesso opposto dall’Amministrazione sulla base di norme (nel caso di specie l’art. 17, comma 2, del regolamento dell’I.N.P.S. n. 1951 del 1994) che precludono l’accesso alla documentazione contenente le dichiarazioni rese in sede ispettiva da dipendenti delle imprese che richiedono l’accesso. In tali ipotesi, le finalità che sostengono tale tipo di disposizioni preclusive - fondate su un particolare aspetto della riservatezza, quello cioè attinente all’esigenza di preservare l’identità dei dipendenti autori delle dichiarazioni, allo scopo di sottrarli a potenziali azioni discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni da parte del datore di lavoro - recedono a fronte dell’esigenza contrapposta di tutela della “difesa” dei propri interessi giuridici, essendo la realizzazione del diritto alla difesa garantita “comunque” dall’art. 24, settimo comma, L. n. 241 del 1990 (tra le tante, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 aprile 2003 n. 1923; 3 maggio 2002 n. 2366 e 26 gennaio 1999 n. 59).
Va rilevato, infine, che la prevalenza del diritto di difesa, in proiezione giurisdizionale, dei propri interessi giuridicamente rilevanti non necessita, nel caso in esame, di specificazione ulteriore delle concrete esigenze di difesa perseguite, essendo tale specificazione sufficientemente contenuta nell’allegazione, a base della richiesta di accesso effettivamente inoltrata, che la conoscenza delle dichiarazioni è necessaria per approntare la difesa in sede di azione di accertamento della legittimità dell’operato dell’Amministrazione.
L’accoglimento del ricorso nella parte volta ad ottenere copia della documentazione oggetto del’istanza comporta l’obbligo dell’I.N.P.S. di rilasciare i documenti richiesti entro venti giorni dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
3. Deve essere invece rigettata l’istanza di risarcimento danni, non essendo accompagnata da alcuna prova del danno effettivamente subito.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, sono a carico dell’I.N.P.S., stante l’ormai consolidata giurisprudenza formatasi sulla questione controversa (tra le tante, Tar Lazio, sez. III quater, 10 marzo 2011, n. 2183)
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