venerdì 29 aprile 2011

il c.d. “mobbing” costituisce una patologia ad eziologia professionale ed è ravvisabile in una diffusa ostilità proveniente dall'ambiente di lavoro

al fine del risarcimento del danno, affinché risultino violate le disposizioni ex art. 2087 c.c. è necessaria la sussistenza di un effetto lesivo sull'equilibrio psico-fisico del dipendente

per la sussistenza della fattispecie di mobbing sono necessari i seguenti elementi:
la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
l'evento lesivo sulla salute o sulla personalità del dipendente;
il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore;
la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio.


Il seguente passaggio è tratto dalla sentenza 564  numero del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Calabria, Catanzaro


Giova ricordare, in linea generale, che il c.d. “mobbing” costituisce una patologia ad eziologia professionale, non ravvisabile quando sia assente la sistematicità degli episodi, ovvero i comportamenti su cui viene basata la pretesa risarcitoria siano riferibili alla normale condotta del datore di lavoro, funzionale all'assetto dell'apparato amministrativo o, infine, ricorra una ragionevole ed alternativa spiegazione al comportamento datoriale, essendo invece necessario il riscontro di una diffusa ostilità proveniente dall'ambiente di lavoro, che si realizzi in una pluralità di condotte e comportamenti, indipendentemente dalla violazione di specifici obblighi contrattuali, frutto di una vera e propria strategia persecutoria, avente di mira l'emarginazione del dipendente dalla struttura organizzativa di cui fa parte.

Conseguentemente, deve essere respinta la domanda risarcitoria del danno da mobbing proposta dal pubblico dipendente, qualora le circostanze addotte ed accertate non consentano di individuare, secondo un principio di verosimiglianza, il carattere persecutorio e discriminante del complesso delle condotte compiute dal datore di lavoro (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2272).

Sotto altro profilo, è stato anche rilevato che in tema di mobbing, al fine del risarcimento del danno, affinché risultino violate le disposizioni ex art. 2087 c.c. è necessaria la sussistenza di un effetto lesivo sull'equilibrio psico-fisico del dipendente, che, dunque, deve riuscire a dimostrare l'intento persecutorio sotteso a una serie di vessazioni, poste in essere in modo sistematico e prolungato, e la relazione causale fra la condotta e il pregiudizio alla sua integrità (Cass. sez. lav., 16 marzo 2010, n. 7382).

Alla luce di tali principi, è, pertanto, possibile affermare che per la sussistenza della fattispecie di mobbing sono necessari i seguenti elementi: la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; l'evento lesivo sulla salute o sulla personalità del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio

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