domenica 2 ottobre 2011

Il dovere di soccorso deve concretizzarsi in caso di integrazione di un atto già presentato sebbene parzialmente

Ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. 163/2006, ciò che alla stazione appaltante resta sicuramente precluso è sopperire con il c.d. “potere di soccorso” alla totale mancanza di un atto prescritto dalla lex specialis di gara

difatti, i criteri esposti ai fini dell’integrazione riguardano semplici chiarimenti di un atto incompleto, mentre l’omessa allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione non può considerarsi alla stregua di un’irregolarità sanabile e, quindi, non ne è permessa la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali, tanto più quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall’ambiguità di clausole della legge di gara (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 agosto 2010 n. 5084);

il potere di richiedere chiarimenti ed integrazioni alla ditta partecipante trova sicura applicazione nelle ipotesi in cui sussistono dubbi circa l'esistenza dei requisiti richiesti dal bando ed in ordine ai quali vi sia, tuttavia, un principio di prova circa il loro possesso da parte del concorrente, trattandosi di ipotesi ontologicamente distinta da quella della documentazione del tutto mancante

in tali casi, sussistendo un indizio del possesso dei requisiti richiesti, l’amministrazione non può pronunciare l’esclusione dalla procedura ma è tenuta a richiedere al partecipante di integrare o chiarire il contenuto di un documento già presente, costituendo siffatta attività acquisitiva un ordinario modus procedendi, ispirato all’esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma, principio che si impone anche in virtù degli obblighi di istruttoria procedimentale gravanti sul responsabile del procedimento in forza dell’art. 6 della L. 7 agosto 1990 n. 241 e la cui applicazione, nel caso di procedure ad evidenza pubblica, è da escludere solo ove si possa tramutare in una lesione del principio di parità di trattamento dei concorrenti (T.A.R. Sardegna, 1 settembre 2010 n. 2163; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 30 marzo 2009 n. 837);

passaggio tratto dalla sentenza numero 4585  del 30 settembre 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

in applicazione di tali criteri, il Collegio ritiene che, nel caso in questione, l’allegazione della prima pagina del certificato camerale costituisca un valido principio di prova in ordine al possesso di tale certificazione, menzionando tale atto il numero di protocollo, gli estremi relativi alla iscrizione nel registro delle imprese, la denominazione sociale, la forma giuridica (società a responsabilità limitata con un unico socio), la sede sociale, la data di costituzione e la durata della società: peraltro, la pagina in questione riportava espressamente in calce la indicazione “Pagina 1/5” e, pertanto, palesava un evidente errore nella confezione dell’atto che, seppure incompleto, non può certamente essere considerato come inesistente od omesso;

- si aggiunga che, nel caso in scrutinio, la regolarizzazione che avrebbe potuto (rectius dovuto) essere richiesta dalla stazione appaltante non si sarebbe sostanziata nell’invito a produrre un documento mancante, quanto, piuttosto, nella semplice integrazione di un atto già presente agli atti di gara, attraverso la esibizione delle pagine mancanti del certificato camerale (Consiglio di Stato, Sez. V, 24 marzo 2006 n. 1521; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 9 luglio 2008, n. 6518);

- per l’effetto, alla luce delle svolte considerazioni e con assorbimento degli ulteriori motivi di gravame, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

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