Posto che la lex specialis contemplava la possibilità di offerte in variante, occorre verificare se la variante proposta dall’aggiudicataria abbia o meno stravolto l’idea progettuale posta in gara.
In base all’orientamento consolidato della giurisprudenza sono infatti ammesse varianti migliorative riguardanti le modalità dell'opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell'oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativa rispetto a quello voluta dall’Amministrazione e purché non vengano alterati i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio tra le imprese concorrenti.
Occorre inoltre verificare la compatibilità dell'intervento proposto con il progetto a base di gara, nell’ambito del quale va incluso il piano particellare d’esproprio, dovendosi considerare la realizzabilità dell'opera in relazione alle previsioni ed ai limiti previsti in disciplina di gara, quale requisito essenziale per l'affidamento dell'appalto.
Viste queste premesse, è pacifico e incontestato che il progetto proposto dall’aggiudicataria prevede, per la realizzazione di una rotatoria, la modifica del tracciato originario e l’apprensione di una superficie maggiore di quella determinata nel piano particellare d’esproprio; l’opera proposta dall’impresa Controinteressata concerne quindi porzioni di terreno che non sono attualmente nè nella disponibilità comunale né in quella dell’aggiudicataria e che vanno oltre i termini dell’appalto sul quale si sono confrontate le offerte dell’imprese concorrenti.
Una tale difformità comporta l’esclusione dell’offerta dell’impresa aggiudicataria
La circostanza, dedotta dalle parti resistenti, che il progetto vincitore comporterebbe l’occupazione di un’area di estensione minore, e quindi inferiori costi di espropriazione, rispetto a quella predeterminata nel progetto a base di gara non ha rilevanza; posto infatti che il procedimento espropriativo resta nell’esclusivo potere dell’Amministrazione e che quindi dipende dalla stessa la decisione sulle aree da espropriare, la determinazione delle stesse aree deve ritenersi fissata al momento di indizione della gara, non potendosi richiedere alle concorrenti di modulare l’offerta sulla base di eventi da loro indipendenti e coincidenti, nel caso di specie, con la modifica successiva dell’estensione del piano particellare e l’occupazione di aree che attualmente sono nella piena disponibilità dei privati.
Passaggio tratto dalla sentenza numero 1659 del 27 settembre 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce
La previsione dei lavori su aree estranee al procedimento espropriativo - avviato dal Comune in relazione alla opera de qua - è allo stato irrealizzabile, come lo era al momento della presentazione delle offerte, non potendosi svolgere i lavori appaltati su aree che sono di proprietà di terzi estranei e che gli atti di gara predisposti dalla stazione appaltante hanno esplicitamente escluso dalla possibilità di intervento.
Non ha rilievo ai fini del decidere, come invece dedotto dalle parti resistenti, che gli stessi terreni possano essere eventualmente acquisiti su base consensuale o forzosa attraverso il riavvio del procedimento ablatorio; la gara si è infatti svolta su una determinata base competitiva delimitata anche dal piano particellare d’esproprio che, ad avviso del Collegio, costituisce, ai fini del confronto tra le offerte, un dato determinato dall’Amministrazione all’origine della procedura e immodificabile.
Infatti, un’estensione ex post delle aree espropriare, successiva alla presentazione delle offerte, oltre a presentare inevitabili incertezze sul buon esito della procedura ablatoria, implicherebbe un maggior onere, economico e temporale, a carico dell’ente espropriante che inevitabilmente altererebbe il quadro competitivo in cui si è svolta la gara.
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