È appunto alla responsabilità precontrattuale, per violazione della regola di condotta stabilita dall'art. 1337 c.c., a tutela del corretto svolgimento dell'iter formativo del contratto, che si deve guardare: a questa soltanto si può riferire il ricorso, quando parla subordinatamente di responsabilità extracontrattuale, di cui la prima costituisce una forma, “con la conseguenza che la prova dell'esistenza e dell'ammontare del danno è a carico del danneggiato” (così C.d.S. V, 10 novembre 2008, n. 5574)
Invero, secondo la condivisibile giurisprudenza, affinché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, “è necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto” (Cass. 29 marzo 2007 n. 7768).
il danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale, conseguente alla mancata stipula del contratto, deve intendersi limitato al cosiddetto “interesse negativo”, e cioè “al rimborso dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto (danno emergente) ed al ristoro della perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione con altri di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe stato realizzato con la stipulazione e l’esecuzione del contratto
Passaggio tratto dalla sentenza numero del 1372 dell’ 8 settembre 2011 pronunciata dal Tar Veneto, Venezia
Orbene, nella fattispecie si può ritenere che l’accordo preliminare in questione, anche soltanto per i suoi dettagliati contenuti, potesse far sorgere nei Ricorrente un ragionevole affidamento sulla stipulazione dell’accordo, né è possibile individuare un accadimento successivo, ad essi imputabile, che abbia determinato unilateralmente l’interruzione delle trattative.
6.3.2. In particolare, i rilievi contenuti nella nota Ricorrente del 31 gennaio 2006 non sono stati mai contestati dall’Amministrazione.
I frazionamenti non erano effettivamente coerenti con l’accordo preliminare, e, in base a ciò, del tutto congrua era la conclusione che occorresse rivederli, cioè renderli coerenti con il contenuto dell’accordo, oppure modificare quest’ultimo, in modo da ripristinare l’equilibrio economico precedente: non traspare invece in alcun modo dalle parole dei Ricorrente una loro ipotetica intenzione di rinunciare all’intesa medesima, né è dato rintracciarla in atti o comportamenti successivi.
6.4. Insomma, l’interruzione delle trattative non è imputabile ai Ricorrente, e poiché il Comune di Spinea non ha saputo fornire un’accettabile giustificazione del suo comportamento, ad esso ne va fatto carico.
Il Collegio deve riconoscere che l’Amministrazione ha realizzato una condotta consapevole e volontaria, dapprima omissiva e poi commissiva (quando ha ceduto ad altri le aree oggetto di permuta), la quale costituisce un fatto astrattamente idoneo a generare, nella fattispecie, una responsabilità precontrattuale, per aver il Comune di Spinea agito in violazione all’art 1337 c.c., per il quale le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.
È peraltro a questo punto da ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, pienamente condivisibile, il danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale, conseguente alla mancata stipula del contratto, deve intendersi limitato al cosiddetto “interesse negativo”, e cioè “al rimborso dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto (danno emergente) ed al ristoro della perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione con altri di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe stato realizzato con la stipulazione e l’esecuzione del contratto” (così, ex multis, C.d.S., IV, 6 giugno 2008, n. 2680; id., VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; T.A.R. Sicilia Catania, IV, 16 dicembre2010, n. 4730), e la prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno è, ex art. 2043 e 2059 c.c., a carico del danneggiato, come per ogni altra ipotesi di responsabilità extracontrattuale (per tutte, C.d.S., V, 10 novembre 2008, n. 5574).
Su tale fondamento, la mancata acquisizione in permuta dell’area comunale non può costituire un profilo di danno risarcibile; ed altrettanto va affermato per la diminuzione di valore, subita del mapp. 57, di proprietà Ricorrente per effetto della variante viabilistica, approvata dal Comune con deliberazione consiliare 89/05, ed alla quale i ricorrenti avrebbero prestato acquiescenza, nella prospettiva dell’accordo di permuta in questione.
Per quanto riguarda questa seconda voce è inoltre opportuno sottolineare che la pendenza delle trattative – comunque ancora non concluse - non precludeva in alcun modo la presentazione del ricorso avverso la variante, senza considerare che il gravame avrebbe potuto essere anche proposto in seguito, una volta appurato il fallimento della trattativa stessa, invocando eventualmente la scusabilità del ritardo.
Ma, soprattutto, i ricorrenti non hanno in alcun modo evidenziato quali profili d’illegittimità essi riscontrino in quel provvedimento e, dunque, quale probabilità d’accoglimento avrebbe avuto il gravame che essi non hanno presentato.
L’unica voce coerente con la fattispecie è dunque la prima: ma essa va senz’altro respinta per difetto di prova adeguata, e sul punto basterà riprodurre quanto sul punto eccepito dall’Amministrazione comunale, e cioè che la documentazione è costituita “da una generica nota riportante alcune presunte spettanze professionali dell’avv. Luigi Ricorrente – odierno ricorrente – che risulta all’evidenza del tutto priva del benché minimo valore probatorio, nonché da una fattura avente genericamente ad oggetto consulenza in materia urbanistico-edilizia che, addirittura, non è dato di sapere da chi sia stata emessa”.
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