I pubblici funzionari sono tenuti, in virtù della legge n. 241 del 1990 e degli articoli 1, 25, 26 e 27 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, al rispetto della trasparenza nell’esercizio di potestà o munera pubblici e, per questo, a garantire il diritto di accesso, salvo le specifiche inibizioni dovute alla tutela del segreto e della riservatezza nei limitati casi legislativamente previsti, che, richiamati dall’articolo 27 della citata legge regionale n. 10 del 1991, non sono opponibili nel caso di specie e non sono stati neppure invocati dall’Amministrazione regionale.
L’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 prevede che gli atti indicati in un provvedimento amministrativo e sui quali poggia la motivazione per relationem siano resi disponibili perché gli interessati siano edotti della completezza dell’iter logico giuridico seguito dall’Amministrazione e possano tutelare nelle sedi opportune le situazioni soggettive coinvolte o incise dal provvedimento stesso.
Attribuendo a un rapporto interno fiduciario, di assoluta incongruenza, la non assoggettabilità ad accesso di atti formati dalla P.A. nell’esercizio di funzioni amministrative non riservate o cperte dal segreto, si è, in definitiva, denegata all’interessata la possibilità di reclamare giustizia e si sono violate le norme della legislazione statale e regionale regolatrici del diritto di accesso, in perfetta antitesi con l’odierna strutturazione (post 1990) dei rapporti cittadino – amministrazione.
Assolutamente perplessa e perfino incomprensibile è altresì la motivazione relativa alla mancata redazione di un processo verbale in esito all’ispezione del 23 aprile 2010: un incombente espletato da pubblici funzionari richiede in ogni caso la registrazione degli atti e delle valutazioni ivi compiute. La mancata redazione di tale atto (se non di sopralluogo, quanto meno di relazione ispettiva) implica il mancato assolvimento di primari doveri d’ufficio.
Ove il provvedimento qui contestato intenda affermare che solo il verbale di sopralluogo è ostensibile, ma non quello ispettivo (peraltro relativo ad un accesso in luoghi dei quali la concessionaria dovrebbe avere la disponibilità), si ricadrebbe nel medesimo ordine di rilievi sopra svolti.
Per questo motivo l’affermazione del Capo del Distretto Minerario prefigura non solo una grave carenza istruttoria, ma espone anche un habits mentale nettamente contrario ai principi di imparzialità e buon andamento.
Il ricorso va conseguentemente accolto con annullamento del provvedimento impugnato e la condanna dell’Amministrazione all’immediato rilascio di copia della documentazione richiesta, con avvertenza che il mancato sollecito adempimento può integrare fatti di diversa rilevanza.
Tratto dalla sentenza numero 750 del 14 aprile 2011 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo
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