L’elemento soggettivo della colpa è stato dai primi giudici correttamente desunto in via inferenziale dall’illegittimità degli atti di diniego, contrastanti con precedenti dicta giudiziali e sorretti da motivazioni incongrue e contraddittorie, mentre l’Amministrazione è venuta meno all’onere di provare l’eventuale errore scusabile.
Il nesso di causalità tra danno e operato illegittimo dell’Amministrazione va ravvisato nell’incidenza lesiva del diniego illegittimo nella sfera imprenditoriale della società ricorrente, attiva nel settore immobiliare, attesa la diretta e immediata riconduzione del conseguente lucro cessante all’agire illegittimo dell’Amministrazione.
In punto di quantum, vanno condivisi i criteri di liquidazione applicati dai primi giudici, determinati (ai sensi dell’art. 35, comma 2, d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e succ. mod.) in misura pari alla differenza tra l’utile – quantificato in via equitativa (ex artt. 2056 e 1226 c.c.) nell’importo di euro 1 milione, in riduzione del maggior importo esposto nella consulenza di parte (ove si indica una somma di euro 3.834.548,00), tenuto conto del rischio imprenditoriale insito in siffatta complessa operazione immobiliare e della sopra rilevata (seppur ridotta) eventualità di esito negativo della pratica edilizia per la mancanza di alcuni nulla osta per l’attuazione concreta dell’intervento edilizio – conseguibile dall’impresa in esito alla completa realizzazione dell’intervento proposto, e l’eventuale utile conseguibile in esito all’eventuale futura conclusione del procedimento di formazione del piano in itinere, con conseguente infondatezza delle censure al riguardo mosse dall’Amministrazione appellante
Tratto dalla decisione numero 2321 del 14 aprile 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato
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