mercoledì 17 aprile 2013

legittimo annullamento di aggiudicazione se viene meno il rapporto fiduciario con il primo classificato

Il potere della stazione appaltante di revocare l’atto di aggiudicazione di una pubblica gara per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di un mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, costituisce espressione di principi generali dell’ordinamento giuridico,

i quali, oltre che espressamente codificati dall’art. 21 quinquies della l. 241/90, trovano fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall’art. 97 della Costituzione, ai quali deve ispirarsi l’azione amministrativa.
L’esercizio di tale potere, tenuto conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse che lo giustificano, non è subordinato al ricorrere di ipotesi tipiche, tassativamente predeterminate dal legislatore; comporta, peraltro, l’obbligo dell’Amministrazione di fornire un’adeguata motivazione in ordine alla natura e alla gravità delle ragioni poste a fondamento dell’atto di autotutela, motivazione che costituisce, del resto, lo strumento per consentire il sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo.
Nel caso di specie, i provvedimenti di revoca delle aggiudicazioni sono stati adottati dalla Provincia di Torino per il venir meno del rapporto fiduciario con l’impresa aggiudicataria, in conseguenza di fatti conosciuti dalla stazione appaltante solo in data successiva all’aggiudicazione. La revoca dell’aggiudicazione non è stata disposta, quindi, in funzione sanzionatoria, ma a presidio dell'elemento fiduciario che deve necessariamente connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico.
Il rapporto fiduciario si fonda sull’intuitus personae, e quindi sull’affidabilità del soggetto giuridico con cui l’amministrazione si trova a contrattare, ma, prima ancora, sull’affidabilità delle persone fisiche che, in quanto detentori di rilevanti quote di partecipazione dell’ente o di penetranti poteri gestori, concretamente operano dietro il paravento della soggettività giuridica. E pertanto non appare né illogico né irragionevole che allorquando tali persone siano attinte dal sospetto di gravi comportamenti commessi in danno della stessa amministrazione appaltante, questa possa cautelarsi in via di autotutela rescindendo ogni rapporto con l’operatore economico di cui quei soggetti sono espressione.
Diversamente opinando, se nei rapporti tra la pubblica amministrazione e i privati la mera forma giuridica dovesse prevalere, sempre e comunque, sulla sua sostanza umana ed economica, fino al punto di impedire all’amministrazione di svolgere quelle normali considerazioni, anche di semplice buon senso, che sono invece consuete nei rapporti contrattuali tra privati (come quella, appunto, di interrompere ogni rapporto con soggetti ritenuti, a ragion veduta, inaffidabili) si finirebbe per legittimare un principio che, in nome di astratte esigenze di tutela dell’iniziativa economica privata, finirebbe per introdurre una irragionevole disparità di trattamento in danno della pubblica amministrazione e dell’interesse collettivo di cui essa è portatrice, creando i presupposti per il facile diffondersi di pratiche elusive della normativa in materia di accesso alle pubbliche gare, prima fra tutte quella consistente nell’occultare dietro lo schermo societario la presenza dominante di soggetti privi dei requisiti di partecipazione o ritenuti inaffidabili dall’amministrazione appaltante.

a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza  numero 425 del 5 aprile 2013 pronunciata dal Tar Piemonte, Torino 

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