martedì 23 aprile 2013

I concorrenti devono dichiarare tutte le condanne riportate, senza alcuna valutazione soggettiva

le valutazioni in ordine alla gravità delle eventuali condanne riportate dai concorrenti e la loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla amministrazione appaltante e non già ai concorrenti,

i quali sono pertanto tenuti ad indicare tutte le condanne riportate, non potendo essi operare alcun “filtro” in sede di domanda/dichiarazione di partecipazione alla gara, ciò implicando un giudizio inevitabilmente soggettivo (C.d.S., sez. IV, 10 febbraio 2009, n. 740), evidentemente inconciliabile con la finalità della norma.

D’altra parte non può sottacersi che la completezza e la veridicità (sotto il profilo della puntuale indicazione di tutte le sentenze penali di condanna eventualmente riportate) della dichiarazione sostitutiva di notorietà si rende necessaria, rappresentando essa lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, capace di contemperare i contrapposti interessi in gioco, quello privato dei concorrenti alla semplificazione e all’economicità del procedimento di gara (di non essere in particolare assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche dal punto di vista strettamente economica, come la dimostrazione documentale con certificati ed attestati di propri stati e qualità personali, che potrebbe risultare inutili o ininfluenti) e quello pubblico, delle amministrazioni appaltanti, di poter verificare, con immediatezza e tempestività, se ricorrono ipotesi di condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, potendo così evitarsi o limitarsi ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, realizzando quanto più celermente ed efficacemente possibile l’interesse pubblico perseguito proprio con la gara di appalto (C.d.S., sez. III, 17 agosto 2011, n. 4792).
Né può sostenersi, come pure dedotto dalla società appellante, che l’obbligo di dichiarare tutte le sentenze di condanna riportate non sussistesse prima della espressa modificazione in tal senso del comma 2 dell’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006, per effetto del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70: è stato infatti già rilevato, al riguardo, che “…la modifica in questione si inserisce nel disegno del legislatore di assicurare il celere svolgimento delle procedure di affidamento e ridurre i costi ed il contenzioso relativo ai contratti pubblici”, precisandosi che “…se le descritte finalità risultano codificate a livello legislative, non può dubitarsi che stesse fungano da parametro di interpretazione della disciplina legislativa previgente, cui è soggetta la gara oggetto di giudizio” (C.d.S., sez. V, 16 febbraio 2012, n. 795).
Sussisteva pertanto l’obbligo della società, oggi appellante, di dichiarare in sede di partecipazione alla gara tutte le sentenze di condanna eventualmente riportate, spettando unicamente alla stazione appaltante il potere di valutarne la gravità; del resto, sotto altro concorrente profilo, tale omessa dichiarazione non ha neppure consentito all’amministrazione appaltante di effettuare quella valutazione (sulla gravità del reato di cui alla emersa sentenza di condanna), della cui mancanza la società appellante si è poi lamentata, adducendola - infondatamente – a sostegno della pretesa illegittimità dei provvedimenti impugnati


Passaggio tratto dalla decisone numero 1378  del 6  marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

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