martedì 23 aprile 2013

autotutela è sindacabile, potendone essere verificata manifesta illogicità e irragionevolezza

E’ noto che l’art. 21 quinquies, l. 7 agosto 1990 n. 241 ha accolto una nozione ampia di revoca del provvedimento amministrativo, prevedendo tre presupposti alternativi, che ne legittimano l’adozione: a) sopravvenuti motivi di pubblico interesse; b) mutamento della situazione di fatto; c) nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, con la conseguenza che tale misura è quindi adottabile non solo in base a sopravvenienze, ma anche per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. jus poenitendi) (Cons. St., sez. III, 11 luglio 2012, n. 4116).

Ha puntualmente chiarito Cons. St., Sez. V, 7 novembre 2012, n. 5681 che la Pubblica amministrazione conserva indiscutibilmente, anche in relazione ai procedimenti di gara per la scelta del contraente, il potere di agire in autotutela (Cons. St., Sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3989), tenendo quindi conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse (Cons. St., Sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5374): tale potere di autotutela trova fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall’art. 97 Cost., cui deve ispirarsi l’azione amministrativa, e costituisce il pendant dell’obbligo di rispettare le prescrizioni stabilite dalla lex specialis della gara, che vincolano non solo i concorrenti, ma la stessa Amministrazione. In tale prospettiva neppure il provvedimento di aggiudicazione definitiva - e tanto meno quello di aggiudicazione provvisoria - ostano all’esercizio di un siffatto potere, il quale, tuttavia, incontra un limite insuperabile nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, alla cui puntuale osservanza è tenuta anche la Pubblica amministrazione, e nella tutela del legittimo affidamento ingenerato nel privato (Cons. St., Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440; id., sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4309).

Al concreto esercizio di tale potere corrisponde l’obbligo dell’Amministrazione di fornire un’adeguata motivazione in ordine alle ragioni che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela (Cons. St., sez.. V, 7 gennaio 2009, n. 17; 5 settembre 2002, n. 4460), motivazione che costituisce del resto lo strumento per consentire il sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo.
In altri termini, sebbene l’aggiudicazione provvisoria, in quanto atto endoprocedimentale, non generi alcun affidamento qualificato, risultando esposta a revisioni che possono condurre al suo annullamento in autotutela, l’eventuale provvedimento di secondo grado deve essere congruamente motivato con la precisa indicazione delle ragioni d’interesse pubblico che giustificano la lesione dell’impresa provvisoriamente aggiudicataria in ragione del legittimo affidamento creatosi nel suo titolare (Cons. St., Sez. III, 11 luglio 2012, n. 4116), ed è necessario che tali ragioni siano obiettivamente prevalenti rispetto agli altri interessi militanti in favore della conservazione degli atti oggetto del provvedimento di revoca (Cons. St., Sez. III, 15 maggio 2012, n. 2805).
Ricorda ancora il Collegio che l’autotutela, pur rientrando nell’espressione dell’esercizio discrezionale del pubblico potere, non è insindacabile (Tar Lazio, Sez. I ter, 4 gennaio 2012, n. 70), potendone essere verificata la manifesta illogicità e irragionevolezza.


Passaggio tratto dalla sentenza numero 3756  del 12 aprile 2013 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

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