lunedì 4 marzo 2013

avvallimento_anche le imprese ausiliarie sono soggette alle dichiarazioni di cui all'art. 38

il Consiglio di Stato ha ripetutamente espresso il principio dell’equiparazione, quanto ai requisiti di affidabilità morale, tra operatori economici partecipanti nelle procedure di affidamento di appalti pubblici in veste di concorrenti e quelli invece partecipanti in veste di ausiliari (da ultimo: sentenza 15 novembre 2012 n. 5780; in precedenza sentenze 23 maggio 2011, n. 3077 e 16 novembre 2010, n. 8059).

Tale equiparazione si pone in correlazione con l’esigenza di ordine imperativo, del pari costantemente affermata in giurisprudenza amministrativa, che tutti i soggetti che a qualunque titolo concorrono all'esecuzione di pubblici appalti, siano in possesso dei requisiti di moralità (cfr. Sez. V, sentenze 3 dicembre 2012, n. 6164, 17 maggio 2012 n. 2825; Sez. VI, 12 dicembre 2012, n. 6374, 28 settembre 2012 n. 5150, 28 marzo 2012 n. 1843).
Ciò per l’evidente ragione che gli istituti normativi ispirati all’esigenza di favorire la più ampia partecipazione alle procedure di affidamento di appalti pubblici non possono essere strumentalizzate per eludere i vincoli imposti dal possesso dei requisiti generali di idoneità morale.

Degna di menzione è poi la circostanza che la regola ora affermata è stata ricavata in via di diretta interpretazione dell’art. 49, comma 2, lettera c), del codice dei contratti pubblici, disposizione che è pedissequamente richiamata dal disciplinare di gara, come del resto riconosce la stessa Ricorrente.

la dichiarazione presentata in sede di gara è riferita all’impresa e non può, in mancanza di espressa indicazione, estendersi ai singoli esponenti aziendali, in assenza di una specifica indicazione nominativa degli stessi

Inoltre, con le sentenze 8 novembre 2012, n. 5693 e 31 marzo 2012, n. 1896, questa Sezione ha statuito che l’omessa dichiarazione richiesta dalla legge di gara, e dunque a fortiori, direttamente dalla norma primaria ad essa applicabile, costituisce legittima causa di esclusione, a prescindere dal possesso effettivo dei requisiti che avrebbero dovuto essere dichiarati.
Più di recente, la VI Sezione (sentenza 10 dicembre 2012 n. 6291) ha affermato – in ciò pienamente condivisa da questo Collegio - che la completezza delle dichiarazioni è un valore imprescindibile nelle procedure ad evidenza pubblica, in quanto strettamente preordinata al suo celere svolgimento, ed in particolare all’esigenza di evitare, in primo luogo, che in sede di ammissione alle suddette procedure insorgano necessità di approfondimenti, dovendo la stazione appaltante confidare sulla immediata verificabilità del possesso dei requisiti di ordine generale sulla base di quanto dichiarato dai soggetti partecipanti alla gara; ed in secondo luogo di prevenire l’insorgere di contenziosi, come appunto quello presente (su posizioni non dissimili si attesta la giurisprudenza della III Sezione: cfr. le sentenze 16 marzo 2012, n. 1471 e 3 marzo 2011, n. 1371).
Conseguentemente, tanto meno può essere invocata la teoria del falso innocuo, senza contare che la più recente e condivisibile giurisprudenza di questo Consesso la ha ripudiata in caso di comminatorie di esclusione, la quale è nel caso di specie rinvenibile nell’art. 12.4 del disciplinare di gara, per la specifica ipotesi di “dichiarazioni non conformi alle prescrizioni dell’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006” (cfr., solo tra le ultime decisioni riconducibili a tale orientamento: Sez. III, 20 novembre 2012, n. 5870; Sez. V, 26 gennaio 2012 n. 334).

passaggio tratto dalla decisione numero 815 del 12 febbraio 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

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