Pertanto, considerata la presente fattispecie nel suo insieme la cui rilevanza economica, sul piano dannoso, è in re ipsa stante la connotazione imprenditoriale della ricorrente;
altresì il tempo trascorso dalla data in cui è divenuto operante l’obbligo di trasmissione degli atti alla Soprintendenza (1/01/2010) per l’acquisizione del parere alla data di effettiva trasmissione alla Soprintendenza medesima (30/11/2010) ;
il favor legislativo alla realizzazione pronta e generalizzata delle stazioni radio base; la diligenza della parte ricorrente nell’attivazione dei peculiari giuridici rimedi al fine di rimuovere l’inerzia certamente colposa ed immotivata della amministrazione comunale e il successivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica il Tribunale stima equa la somma di euro 13.000,00 (tredicimila).
Acclarata –va ribadito– la responsabilità della amministrazione comunale, si pone il problema della liquidazione dei danni, non stimati nel ricorso e non correlabili ai tipi di danno stimati in perizia (che oltre a configurarsi come voci risarcitorie non richieste nel ricorso, sono correlabili ad un danno pieno, laddove, per quanto osservato, nella presente sede deve essere liquidato solo il danno da ritardo procedimentale).
Come recentemente osservato dalla Sezione in un caso analogo (sent. n. 4538 del 09/11/2012) “Il quid risarcibile nel danno da ritardo procedimentale va pertanto enucleato, non con diretto riferimento al bene della vita sostanziale la cui sola compressione comporta una piena risarcibilità, (anche nella forma attenuata della chance) ma relazionandola all’interesse (di natura) procedimentale, che l’azione amministrativa non subisca immotivate pause.
Il carattere non direttamente connesso al bene della vita implicato, si coglie appieno nell’orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto il danno da ritardo anche ove l’istanza dell’amministrato non venga poi accolta, significando dunque che ciò che il legislatore sanziona è la disfunzione temporale ex se, cui l’amministrato è sottoposto, prescindendo –si ribadisce– da un sicuro risvolto economico che quella istanza inevasa potrebbe (ma anche non potrebbe) produrre. (L'art. 2 bis comma 1 L. 7 agosto 1990 n. 241 prevede la risarcibilità del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento che spetta, pur se il detto procedimento non sia ancora concluso ovvero se l'esito dello stesso fosse negativo: Tar l’Aquila nr. 548 - 21 novembre 2011; contra, tuttavia, C. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6609 secondo cui Il risarcimento del danno c.d. da ritardo presuppone in ogni caso l’accertamento della spettanza, in capo al richiedente, del c.d. bene della vita per l’ottenimento del quale è stato avviato il procedimento amministrativo).
In termini efficaci, si parla di risarcimento di ogni incertezza sui tempi che si traduce nell’aumento del c.d. «rischio amministrativo»: Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 24 ottobre2011, n. 684.
In altra angolazione, coglie bene la distanza di tale forma di risarcimento da quella afferente il bene della vita oggetto del provvedimento amministrativo, la giurisprudenza del superiore giudiceamministrativo ove statuisce cheAlla violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non consegue la illegittimità dell’atto tardivo; lo stesso art. 2 bis l. n. 241 del 1990, come introdotto dalla l. n. 69 del 2009, correla alla inosservanza del termine finale conseguenze significative sul piano della responsabilità civile della amministrazione, ma non include, tra le conseguenze giuridiche del ritardo, profili afferenti la stessa legittimità dell’atto tardivamente adottato; il ritardo non è quindi un vizio in sé dell’atto ma è un presupposto che può determinare, in concorso con altre condizioni, una possibile forma di responsabilità risarcitoria della amministrazione: C. Stato, sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1913.
Ne deriva in conclusione, ad avviso del Tribunale, che la valutazione del danno –rapportandosi ad una entità essenzialmente immateriale quale l’improduttivo scorrere del tempo amministrativo, sganciata dalla determinazione contenutistica pretensiva cui l’amministrato aspira– è eminentemente equitativa e, di conseguenza, intrisa di proporzionalità e giusto contemperamento degli interessi delle parti (in arg., Cass. Civ. SS.UU. sentenza 13 settembre 2005 n. 18128)”.
A CURA DI SONIA LAZZINI
passaggio tratto dalla sentenza numero 823 dell' 8 febbraio 2013 pronunciata dal Tar Campania, Napoli
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