venerdì 1 luglio 2011

la domanda di risarcimento dei danni è anche nel processo amministrativo regolata dal principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 Cod. civ.

 in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve indicare e provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.


la pretesa risarcitoria, collegata alla perdita di utile per mancata aggiudicazione del servizio, si configura infondata nel merito, non essendovi alcuna certezza quanto all’esito favorevole della gara, affidata al metodo del tutto aleatorio del sorteggio fra le ditte ammesse, e per di più in presenza della determinazione dell’Amministrazione – alla quale è stata prestata acquiescenza - di non rinnovare l’esperimento di gara ricorrendo ad una diversa forma di gestione del servizio di vigilanza dell’interporto.

Di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisione  numero 3887 del 30 giugno 2011 pronunciata dal Consiglio di stato

Grava, quindi, sul danneggiato l'onere di allegare e provare gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito (danno, nesso causale e colpa). La presenza di un danno risarcibile e la condanna al suo risarcimento non sono infatti una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale del provvedimento e richiedono la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell'amministrazione e del nesso causale tra l'illecito e il danno subito.

In particolare poi, il risarcimento del danno conseguente a una lesione di un interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i requisiti dell'illecito aquiliano (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), all’effettiva dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento fosse in concreto destinata ad avere esito favorevole: quindi all’avvenuta e concludente dimostrazione della spettanza definitiva e ragionevolmente certa, mediante il corretto sviluppo dell’azione amministrativa, del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse, e comunque fermo l’àmbito proprio della discrezionalità amministrativa (cfr. Cass., SS.UU., 22 luglio 1999, n. 500; Cons. Stato. V, 12 dicembre 2009, n. 7800; VI, 30 luglio 2010, n. 5055).
Come accennato nell’esposizione del fatto, la domanda risarcitoria è stata respinta dal primo giudice “essendo stata la stessa formulata in termini estremamente generici”.

La statuizione del primo giudice è del resto conforme al contenuto del ricorso che ha introdotto il presente contenzioso, recante l’usuale editio della pretesa risarcitoria, ma senza introdurre alcuna conseguente specificazione in ordine al bene della vita leso, al nesso di casualità fra pregiudizio sofferto ed azione dell’amministrazione qualificata illegittima, nonché al quantum della pretesa del ristoro per equivalente.

La statuizione del giudice di prime cure che sanziona la sostanziale genericità della domanda non forma oggetto di contestazione, mentre la proposizione del petitum risarcitorio, del suo contenuto essenziale, per la prima volta in appello e solo in sede di note conclusive, resta precluso dal divieto di ius novorum sancito dall’art. 345 Cod.. proc. civ. ed, ora, dall’art. 104 Cod. proc. amm..

Peraltro – fermi restando i descritti profili di inammissibilità - la pretesa risarcitoria, collegata alla perdita di utile per mancata aggiudicazione del servizio, si configura infondata nel merito, non essendovi alcuna certezza quanto all’esito favorevole della gara, affidata al metodo del tutto aleatorio del sorteggio fra le ditte ammesse, e per di più in presenza della determinazione dell’Amministrazione – alla quale è stata prestata acquiescenza - di non rinnovare l’esperimento di gara ricorrendo ad una diversa forma di gestione del servizio di vigilanza dell’interporto.

Nessun commento:

Posta un commento