il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell'aggiudicazione e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questi dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione.
In difetto di tale dimostrazione (che compete dunque al concorrente fornire: cfr. C.d.S., IV, n. 6485\2010), è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi: da qui la decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum.
Nel merito, in ordine alla decurtazione del 50% sui mancati utili, censurata nell’appello incidentale, il Collegio deve ribadire il proprio indirizzo secondo cui il criterio di liquidazione desunto da disposizioni in tema di lavori pubblici che riguardano, però, altri istituti, come appunto l'indennizzo dell'appaltatore nel caso di recesso dell'Amministrazione committente, o la determinazione del prezzo a base d'asta, quando impiegato come criterio risarcitorio residuale in una logica equitativa, conduce, almeno di regola, all'abnorme risultato che il risarcimento dei danni finisce per essere, per l'imprenditore, più favorevole dell'impiego del capitale: con il che si crea la distorsione per cui il ricorrente non ha più interesse a provare in modo puntuale il danno subito quanto al lucro cessante, perché presumibilmente otterrebbe meno di quanto la liquidazione forfetaria gli consentirebbe (CdS, V, n. 2967 del 2008; VI, 21 maggio 2009, n. 3144).
La tecnica di quantificazione del danno in discorso, pur se inizialmente impiegata, è stata messa pertanto profondamente in discussione dalla più recente giurisprudenza di questo Consiglio (IV, n. 6485 del 2010; V, n. 2967 del 2008; VI, n. 3144 del 2009; n. 8646 del 2010), osservandosi che il relativo criterio non può essere oggetto di applicazione automatica: viceversa, deve esigersi la prova rigorosa, a carico dell'impresa, della percentuale di utile effettivo che essa avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto (Cons. Stato, V, 6 aprile 2009, n. 2143; 17 ottobre 2008, n. 5098; 5 aprile 2005, n. 1563; VI, 4 aprile 2003, n. 478).
A conforto di tale nuovo approccio è recentemente giunta l'espressa previsione contenuta nell'art. 124 del Codice del processo amministrativo, a tenore del quale "se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente subito", a condizione, tuttavia, che lo stesso sia stato "provato".
Ebbene, nel caso di specie nessuna prova è stata fornita dall’appellante incidentale in merito ad un proprio verosimile utile eccedente quanto accordato dal TAR; e tantomeno sono stati allegati indici fattuali circostanziati al punto di consentire, in ipotesi, il ricorso all'uopo a perizie contabili.
E’ doveroso ricordare, d'altra parte, che, sempre secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (per tutte C.d.S, VI, n. 7004-10), il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell'aggiudicazione e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questi dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione.
In difetto di tale dimostrazione (che compete dunque al concorrente fornire: cfr. C.d.S., IV, n. 6485\2010), è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi: da qui la decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum.
a cura di Sonia Lazzini
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