In premessa è assai dubbia la possibilità di esportare l’istituto della cooptazione, già contemplato in origine all’art. 23 del d.lgs. 406/1991, dall’ambito dei lavori, dove è stato disciplinato al citato art. 95 co. 2 del d.p.r. 554/1999 cui oggi corrisponde l’art. 92 co. 5 del nuovo d.p.r. 207/2010, a quello dei servizi.
E’utile riportare per esteso la norma:
“Se il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono raggruppare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell'importo complessivo dei lavori e che l'ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all'importo dei lavori che saranno ad essa affidati”.
La collocazione di tali disposizioni in un contesto dedicato espressamente agli appalti di lavori e l’insistenza con la quale le disposizioni menzionate per ben tre volte ripetano sempre la parola “lavori”, parrebbero già un chiaro indizio, per una volta, della specialità della previsione.
Ancora, detta previsione si inquadra in un contesto, quello dei lavori per l’appunto, contrassegnato da un sistema di qualificazione dei soggetti esecutori del tutto peculiare, poiché unico e generalizzato (v. art. 40 del d.lgs. 163/2006), basato su categorie e importi in forza dei quali è rilasciata un’attestazione da parte di organismi di diritto privato autorizzati (e controllati) dall’Autorità di Vigilanza (SOA), che dimostra e certifica il possesso dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria. Mentre invece, per gli appalti di servizi e di forniture, quella stessa capacità va provata ogni volta in occasione della singola gara, tenuto anche conto dei requisiti richiesti dalle stazioni appaltanti (v. artt. 41 e 42 del d.lgs. 163/2006)
All’interno del sistema di qualificazione dei lavori pubblici deve essere collocato l’istituto della cd. cooptazione, prevedendosi la possibilità che il singolo concorrente o più concorrenti riuniti associno altre imprese, provviste di una qualificazione SOA ma per categorie ed importi diversi da quelli richiesti dal singolo bando. Sicché l’istituto è chiaramente preordinato a consentire che imprese minori siano associate ad imprese maggiori e che, in questo modo, le prime maturino capacità tecniche diverse rispetto a quelle già possedute, facendo comunque salvo l’interesse della stazione appaltante attraverso l’imposizione della qualificazione dell’intero valore dell’appalto da parte delle seconde (le imprese che associano).
Ciò posto, non può non rilevarsi come neppure il nuovo regolamento del 2010, sebbene dettato per tutte le tipologie di appalti, contempli l’istituto della cooptazione con riferimento alle ATI nel settore delle forniture e dei servizi. Sicché, alla luce del dato letterale apparentemente inequivoco, valutato unitamente alle accennate differenze tra il sistema di qualificazione nei lavori e quello vigente per i servizi e le forniture, è ragionevole dubitare della possibilità di un’applicazione analogica delle ricordate disposizioni regolamentari agli appalti di servizi e di forniture
Né può ritenersi che una simile conclusione – che, per le ragioni che a breve saranno esaminate, ha il pregio della chiarezza e della certezza - impedendo alle imprese minori di maturare capacità tecniche diverse ed ulteriori, determini, nel settore dei servizi e delle forniture, un restringimento significativo della partecipazione alle (future) gare e quindi, in ultima analisi, un effettivo freno alla concorrenza, in contrasto con i principi del diritto europeo.
Osserva infatti il Collegio come il ventaglio delle possibilità, offerte dalla legislazione di derivazione comunitaria nel contesto della collaborazione fra imprese, sia sufficientemente ampio da offrire agli operatori alternative comunque soddisfacenti: si pensi all’avvalimento, che consente il “prestito” dei requisiti di carattere economico, finanziario e tecnico mancanti; o alla associazione temporanea di imprese, che consente di cumulare i requisiti posseduti da ciascuna impresa. Entrambi gli istituti appena richiamati valgono sicuramente ad ampliare la concorrenza e ricevono una disciplina puntuale.
a cura di Sonia Lazzini
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