il testo originario dell’art. 30 della legge n. 109 del 1994 si riferiva in realtà alla mancata stipula del contratto per “volontà” dell’aggiudicatario, così valorizzando inequivocamente il profilo intenzionale dell’inadempimento.
Con le modifiche introdotte dalla legge n. 415 del 1998 (puntualmente evidenziate dal T.A.R. il quale non ha però tratto da esse le necessarie conseguenze sul piano interpretativo) il Legislatore si è invece riferito al “fatto”, innovando la portata applicativa della disposizione.
Pertanto, a meno di non voler considerare come inutiliter data una simile innovazione, occorre riconoscere che il nuovo testo – a differenza del precedente – prevede l’incameramento in ogni caso di mancata stipula, sia essa dovuta a rifiuto volontario o a impedimento oggettivo per difetto dei requisiti generali in capo all’affidatario.
Sul piano sistematico va poi ricordato che il codice all’art. 48 prevede l’incameramento della cauzione resa dal concorrente qualora questi, in sede di controllo a campione, risulti aver reso dichiarazioni non veritiere sul possesso dei soli requisiti speciali.
Pertanto la falsa dichiarazione sui requisiti generali risulterebbe del tutto priva di sanzione, con sicuro nocumento dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche (cfr. V Sez. n. 7963 del 2010).
In tale contesto appare coerente – in chiave di chiusura del sistema delle dichiarazioni e di stimolo alla serietà delle medesime – prevedere che almeno nei confronti dell’aggiudicatario anche al mancato possesso dei requisiti generali consegua la reazione dell’ordina-mento.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello del comune va quindi accolto.
a cura di Sonia Lazzini
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