Come esaurientemente rappresentato dal T.A.R., sulla valenza del riferimento normativo al “fatto dell’affidatario” si fronteggiano due contrapposti indirizzi giurisprudenziali.
Il primo indirizzo ricollega in sostanza l’incameramento al rifiuto dell’aggiudicatario di stipulare il contratto e quindi ad un inadempimento di tale obbligo causato da fattori intenzionali.
Aderendo a tale impostazione osserva in particolare la sentenza impugnata che la Controinteressata, avendo formulato dichiarazioni non veritiere, è stata esclusa dalla gara ed ha perso la qualità di aggiudicatario: non sono dunque ad essa applicabili normative volte a sanzionare non il comportamento del concorrente ma quello dell’aggiudicatario.
Secondo altro indirizzo l’espressione “ fatto dell’affidatario” ha valenza oggettiva e conduce all’incameramento della cauzione ogniqualvolta una condotta o una omissione dell’aggiudicatario abbiano reso impossibile la stipula del contratto.
In tal senso è stato chiaramente affermato che il fatto dell'affidatario è qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali (cfr. VI Sez. n. 4905 del 2009).
In questa prospettiva si è espressamente rilevato che è fatto dell’aggiudicatario sia il recesso volontario di questi dalle trattative sia il difetto dei requisiti che preclude la stipula in quanto impone la revoca dell’aggiudicazione (V Sez. n. 3746 del 2009).
Il Collegio aderisce a tale orientamento, per ragioni sia testuali che sistematiche.
a cura di Sonia Lazzini
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