Nell’attuale
sistema normativo nazionale e comunitario sono previste due categorie di
concessioni: concessioni di lavori e concessioni di servizi.
Attenzione: nelle
concessioni di servizi << Sarebbe erronea, pertanto, l'applicazione
analogica della disciplina dettata all'art. 75 del Codice dei contratti
pubblici>> tratto da Deliberazione Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture 18/4/2012 n. 44
La distinzione è
stata codificata dalla direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE e quindi recepita
nel nostro ordinamento dall'art. 3, comma 12, d.lg. n. 163 del 2006; la
“concessione di lavori pubblici” è “un contratto che presenta le stesse
caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il
corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o
in tale diritto accompagnato da un prezzo”;
la “concessione di
servizi” comprende i contratti che “presentano le stesse caratteristiche di un
appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della
fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in
tale diritto accompagnato da un prezzo” (art. 1, sub 3 e 4 della direttiva
2004/18).
Non è quindi più
prevista una categoria intermedia di concessione costituita dalla concessione
di costruzione e gestione; nel caso, quindi, di fattispecie miste nelle quali
si contempli anche l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione del
servizio, a seguito della modifica dell’art. 2 della legge 11 febbraio 1994, n.
109 ad opera della legge 18 aprile 2005, n. 62 e con la codificazione del
criterio qualitativo - funzionale dell'accessorietà dei lavori rispetto
all’oggetto principale dedotto nel contratto di servizio pubblico, si avrà, ex
articolo 14, comma 2, lettera c), d.lg. n. 163, concessione di lavori pubblici
ovvero di pubblici servizi secondo che risulti strumentale il servizio rispetto
alla costruzione dell'opera o viceversa (Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n.
3518; Cons. St., sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2804).
Questo quadro
normativo, discendendo da disposizioni di diritto comunitario, è vincolante
anche per il legislatore nazionale, nel senso che la concessione che contempli
anche la realizzazione di lavori oltre alla gestione del servizio pubblico deve
qualificarsi come di lavori o di servizi sulla base del criterio indicato
nell’articolo 1 della direttiva 2004/18/CE e quindi come concessione di servizi
o di lavori secondo che le opere da realizzare abbiano oppure non abbiano
“titolo accessorio rispetto all'oggetto principale dell'appalto”; di
conseguenza la disposizione dell’articolo 43, comma 5, d.l. 6 dicembre 2011, n.
211, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (secondo
cui “i contratti di concessione di costruzione e gestione e di sola gestione
nel settore stradale e autostradale sono affidati secondo le procedure previste
all'articolo 144 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive
modificazioni, ovvero all'articolo 153 del medesimo decreto.”), se intesa nel
senso che i contratti in esso indicati debbano ex lege qualificarsi come
concessioni di lavori al di fuori di una analisi del loro reale contenuto, si
porrebbe effettivamente in contrasto con il diritto comunitario.
Tratto dalla
sentenza numero 5863 del 27 giugno 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma
Tuttavia la
disposizione in questione non stabilisce che le concessioni di servizi in
materia stradale e autostradale debbano essere qualificate come concessioni di
lavori ma soltanto che esse debbano essere affidate “secondo le procedure
previste all'articolo 144 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e
successive modificazioni, ovvero all'articolo 153 del medesimo decreto”; ciò
non viola il diritto comunitario poiché l’articolo 17 della citata direttiva (e
l’articolo 30 d.lg. n. 163 che ne ha recepito il contenuto) stabiliscono che la
disciplina della direttiva (e quella del codice degli appalti) non si applichi
alle concessioni di servizi; da ciò consegue che non viola il diritto
comunitario l’articolo 43, comma 5, citato secondo cui le concessioni in
materia autostradale, anche quelle di costruzione e gestione o di sola
gestione, vadano affidate con le procedure previste in materia di concessioni
di costruzione. Insomma il legislatore nazionale – nello stabilire che le
concessioni di costruzione e gestione o di sola gestione in materia stradale e
autostradale debbano essere affidate secondo la disciplina prevista dal codice
degli appalti in materia di concessione di lavori – è intervenuto, con una
previsione che ha ad oggetto le modalità dell’affidamento e non la
qualificazione del rapporto, in un ambito che non è specificamente disciplinato
dal diritto comunitario (o meglio dalla direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE);
va solo aggiunto, in relazione alle censure di illegittimità costituzionale e
comunitaria dedotte dalla ricorrente e dall’interveniente, che esse sono
infondate perché, sottoponendo le concessioni in questione alla disciplina in
materia di affidamento della concessioni di lavori, non vi è alcuna violazione
di principi di diritto comunitario o interno né alcun effetto distorsivo del
mercato; in realtà la norma dell’articolo 46, comma 5, è piuttosto finalizzata
a dare attuazione a quei medesimi principi di cui le disposizioni del codice
degli appalti richiamate sono espressione; il richiamo deve poi essere inteso
nei limiti della compatibilità nel senso che alle gare da svolgere secondo le
norme degli articoli 144 e 153 codice appalti non potranno applicarsi norme che
risultino non compatibili con l’oggetto dell’affidamento; e del resto lo stesso
articolo 152, comma 3, invocato dalla ricorrente e dall’interveniente, prevede
che le disposizioni in materia di finanza di progetto di lavori si applichino,
nei limiti della compatibilità, anche ai servizi (in questa prospettiva sono
infondati i timori di effetti discorsivi del mercato che deriverebbero dal
fatto di imporre ai partecipanti a una procedura per l’affidamento della sola
gestione di un’opera esistente dei requisiti di partecipazione previsti per
l’affidamento di lavori); quindi in definitiva il significato del rinvio
operato dall’articolo 46, comma 5, si risolve nell’escludere l’applicabilità in
materia di concessioni stradali e autostradali della disciplina dell’articolo
278 D.P.R. n. 207 del 2010, operazione legittima dato che quest’ultima è una
norma regolamentare che, oltretutto, fa espressamente salvo l’articolo 30,
comma 4, del codice, cioè la disposizione che a sua volta reca la salvezza di
“discipline specifiche che prevedono forme più ampie di tutela della
concorrenza”. Il senso dell’articolo 43, comma 5, più volte citato è quello di
cercare di aprire maggiormente alla concorrenza il settore delle concessioni
stradali e autostradali.
In conclusione la
nota dell’Anas impugnata si limita ad affermare che, per effetto dell’articolo
46, comma 5, citato, alla proposta di project financing della ricorrente non si
poteva più applicare il citato articolo 278 e ciò corrisponde a quanto quella
disposizione dispone.
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