giovedì 13 dicembre 2012

concessione di lavori e concessione di servizi



Nell’attuale sistema normativo nazionale e comunitario sono previste due categorie di concessioni: concessioni di lavori e concessioni di servizi.

Attenzione: nelle concessioni di servizi << Sarebbe erronea, pertanto, l'applicazione analogica della disciplina dettata all'art. 75 del Codice dei contratti pubblici>> tratto da Deliberazione Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 18/4/2012 n. 44

La distinzione è stata codificata dalla direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE e quindi recepita nel nostro ordinamento dall'art. 3, comma 12, d.lg. n. 163 del 2006; la “concessione di lavori pubblici” è “un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo”;

la “concessione di servizi” comprende i contratti che “presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo” (art. 1, sub 3 e 4 della direttiva 2004/18).


Non è quindi più prevista una categoria intermedia di concessione costituita dalla concessione di costruzione e gestione; nel caso, quindi, di fattispecie miste nelle quali si contempli anche l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione del servizio, a seguito della modifica dell’art. 2 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 ad opera della legge 18 aprile 2005, n. 62 e con la codificazione del criterio qualitativo - funzionale dell'accessorietà dei lavori rispetto all’oggetto principale dedotto nel contratto di servizio pubblico, si avrà, ex articolo 14, comma 2, lettera c), d.lg. n. 163, concessione di lavori pubblici ovvero di pubblici servizi secondo che risulti strumentale il servizio rispetto alla costruzione dell'opera o viceversa (Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3518; Cons. St., sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2804).

Questo quadro normativo, discendendo da disposizioni di diritto comunitario, è vincolante anche per il legislatore nazionale, nel senso che la concessione che contempli anche la realizzazione di lavori oltre alla gestione del servizio pubblico deve qualificarsi come di lavori o di servizi sulla base del criterio indicato nell’articolo 1 della direttiva 2004/18/CE e quindi come concessione di servizi o di lavori secondo che le opere da realizzare abbiano oppure non abbiano “titolo accessorio rispetto all'oggetto principale dell'appalto”; di conseguenza la disposizione dell’articolo 43, comma 5, d.l. 6 dicembre 2011, n. 211, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (secondo cui “i contratti di concessione di costruzione e gestione e di sola gestione nel settore stradale e autostradale sono affidati secondo le procedure previste all'articolo 144 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni, ovvero all'articolo 153 del medesimo decreto.”), se intesa nel senso che i contratti in esso indicati debbano ex lege qualificarsi come concessioni di lavori al di fuori di una analisi del loro reale contenuto, si porrebbe effettivamente in contrasto con il diritto comunitario.

Tratto dalla sentenza numero 5863 del 27 giugno 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

Tuttavia la disposizione in questione non stabilisce che le concessioni di servizi in materia stradale e autostradale debbano essere qualificate come concessioni di lavori ma soltanto che esse debbano essere affidate “secondo le procedure previste all'articolo 144 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni, ovvero all'articolo 153 del medesimo decreto”; ciò non viola il diritto comunitario poiché l’articolo 17 della citata direttiva (e l’articolo 30 d.lg. n. 163 che ne ha recepito il contenuto) stabiliscono che la disciplina della direttiva (e quella del codice degli appalti) non si applichi alle concessioni di servizi; da ciò consegue che non viola il diritto comunitario l’articolo 43, comma 5, citato secondo cui le concessioni in materia autostradale, anche quelle di costruzione e gestione o di sola gestione, vadano affidate con le procedure previste in materia di concessioni di costruzione. Insomma il legislatore nazionale – nello stabilire che le concessioni di costruzione e gestione o di sola gestione in materia stradale e autostradale debbano essere affidate secondo la disciplina prevista dal codice degli appalti in materia di concessione di lavori – è intervenuto, con una previsione che ha ad oggetto le modalità dell’affidamento e non la qualificazione del rapporto, in un ambito che non è specificamente disciplinato dal diritto comunitario (o meglio dalla direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE); va solo aggiunto, in relazione alle censure di illegittimità costituzionale e comunitaria dedotte dalla ricorrente e dall’interveniente, che esse sono infondate perché, sottoponendo le concessioni in questione alla disciplina in materia di affidamento della concessioni di lavori, non vi è alcuna violazione di principi di diritto comunitario o interno né alcun effetto distorsivo del mercato; in realtà la norma dell’articolo 46, comma 5, è piuttosto finalizzata a dare attuazione a quei medesimi principi di cui le disposizioni del codice degli appalti richiamate sono espressione; il richiamo deve poi essere inteso nei limiti della compatibilità nel senso che alle gare da svolgere secondo le norme degli articoli 144 e 153 codice appalti non potranno applicarsi norme che risultino non compatibili con l’oggetto dell’affidamento; e del resto lo stesso articolo 152, comma 3, invocato dalla ricorrente e dall’interveniente, prevede che le disposizioni in materia di finanza di progetto di lavori si applichino, nei limiti della compatibilità, anche ai servizi (in questa prospettiva sono infondati i timori di effetti discorsivi del mercato che deriverebbero dal fatto di imporre ai partecipanti a una procedura per l’affidamento della sola gestione di un’opera esistente dei requisiti di partecipazione previsti per l’affidamento di lavori); quindi in definitiva il significato del rinvio operato dall’articolo 46, comma 5, si risolve nell’escludere l’applicabilità in materia di concessioni stradali e autostradali della disciplina dell’articolo 278 D.P.R. n. 207 del 2010, operazione legittima dato che quest’ultima è una norma regolamentare che, oltretutto, fa espressamente salvo l’articolo 30, comma 4, del codice, cioè la disposizione che a sua volta reca la salvezza di “discipline specifiche che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza”. Il senso dell’articolo 43, comma 5, più volte citato è quello di cercare di aprire maggiormente alla concorrenza il settore delle concessioni stradali e autostradali.

In conclusione la nota dell’Anas impugnata si limita ad affermare che, per effetto dell’articolo 46, comma 5, citato, alla proposta di project financing della ricorrente non si poteva più applicare il citato articolo 278 e ciò corrisponde a quanto quella disposizione dispone.

6. Infondate sono poi le censure con cui si sostiene l’inapplicabilità della disciplina dell’articolo 46, comma 5 in ragione della sua sopravvenienza rispetto alla proposizione dell’istanza della ricorrente; a parte il rilievo che alla data della nota impugnata nemmeno era trascorso il termine di sei mesi previsto dall’articolo 278 sta di fatto che per principio generale le norme di diritto pubblico si applicano immediatamente alle fattispecie che esse disciplinano e che ancora non siano state definite al momento della loro sopravvenienza per cui, non essendo il procedimento iniziato dalla istanza della ricorrente in data 9 giugno 2011 ancora terminato, a esso si applicavano senz’altro le disposizioni recate dalla normativa sopravvenuta (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 ottobre 2000, n. 5432).

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