domenica 30 ottobre 2011

Spetta alla pa la discrezionalità di verificare la gravità dell’inadempimento

non è irragionevole né ingiusta la valutazione di un’Amministrazione aggiudicatrice che giudichi grave, ed incidente negativamente sull’affidabilità professionale, la condotta dell’impresa appaltatrice che abbia ritenuto unilateralmente e senza titolo un’ingente somma, percepita dagli utenti del servizio e destinata, in misura predeterminata, alle casse dell’ente.


Siffatta condotta non può trovare giustificazione nelle pretese creditorie affermate dall’impresa, in relazione ad altri aspetti del medesimo rapporto negoziale, poiché altrimenti si legittimerebbe il ricorso all’autotutela (mediante ritenzione degli introiti rivenienti dallo svolgimento del servizio pubblico), al di fuori dei principi propri del diritto dei contratti pubblici

l’art. 45, secondo comma – lett. d), della direttiva 2004/18/CE, recepito con l’art. 38, primo comma, - lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006, prevede oggi la possibilità di escludere l’operatore economico che “… nell’esercizio della propria attività professionale abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”.

Il legislatore comunitario e quello nazionale, confermando la previsione già contenuta nel D.P.R. n. 554 del 1999 e riferita ai soli lavori pubblici, hanno rimesso alle stazioni appaltanti il potere di accertare discrezionalmente la sussistenza e la gravità dell’inadempienza imputabile all’impresa concorrente.

La gravità della negligenza o dell’inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali va commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia, all’affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre ex ante nell’impresa con cui decide di intraprendere un nuovo rapporto contrattuale.

L’esclusione dalla gara non ha quindi, in tal caso, carattere sanzionatorio, ma è viceversa prevista a presidio dell’elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico.

Così, secondo la giurisprudenza, la presupposta valutazione assume un aspetto più soggettivo, sull’affidabilità del potenziale contraente, che oggettivo, sul pregiudizio al concreto interesse all’esecuzione della specifica prestazione inadempiuta (in questi termini, da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2011 n. 409).

A cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza numero 1561 del 19 ottobre 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Bari


La commissione ha perciò giudicato la RICORRENTE s.r.l. responsabile di gravi e reiterate inadempienze contrattuali nei confronti della stazione appaltante, tali da far venire meno il rapporto fiduciario, ed ha espresso un giudizio di inaffidabilità professionale nei confronti della società, ai sensi dell’art. 75, primo comma – lett. f), del D.P.R. n. 554 del 1999. Norma, quest’ultima, applicabile ratione temporis alla procedura su cui si controverte e richiamata dall’art. 13 del bando di gara, che vieta l’affidamento di appalti e concessioni alle imprese “che hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara”.

In termini analoghi, può osservarsi che l’art. 45, secondo comma – lett. d), della direttiva 2004/18/CE, recepito con l’art. 38, primo comma, - lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006, prevede oggi la possibilità di escludere l’operatore economico che “… nell’esercizio della propria attività professionale abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”.

Il legislatore comunitario e quello nazionale, confermando la previsione già contenuta nel D.P.R. n. 554 del 1999 e riferita ai soli lavori pubblici, hanno rimesso alle stazioni appaltanti il potere di accertare discrezionalmente la sussistenza e la gravità dell’inadempienza imputabile all’impresa concorrente.

La gravità della negligenza o dell’inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali va commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia, all’affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre ex ante nell’impresa con cui decide di intraprendere un nuovo rapporto contrattuale. L’esclusione dalla gara non ha quindi, in tal caso, carattere sanzionatorio, ma è viceversa prevista a presidio dell’elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico. Così, secondo la giurisprudenza, la presupposta valutazione assume un aspetto più soggettivo, sull’affidabilità del potenziale contraente, che oggettivo, sul pregiudizio al concreto interesse all’esecuzione della specifica prestazione inadempiuta (in questi termini, da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2011 n. 409).

Inoltre, l’esclusione del concorrente che sia incorso in grave negligenza o malafede nell’esecuzione dei lavori non presuppone il definitivo accertamento giudiziale in ordine a tale comportamento, essendo sufficiente la valutazione in concreto operata dalla stessa Amministrazione sui fatti imputabili all’impresa.

Il fatto, poi, che l’art. 75 del regolamento del 1999 faccia riferimento alla sola attività di “esecuzione dei lavori” non significa che, come affermato dalla ricorrente, il Comune di Foggia abbia indebitamente esteso in via analogica la portata applicativa della norma.

Il rapporto contrattuale intercorso, a far data dal 1995, tra il Comune e la RICORRENTE s.r.l. aveva infatti ad oggetto (al pari della gara controversa) la complessiva gestione del servizio di illuminazione votiva, in cui rientrava l’effettuazione di lavori di manutenzione ed ampliamento degli impianti elettrici del cimitero, sui quali non sono sorte contestazioni, secondo quanto risulta dall’attestato di regolare esecuzione rilasciato dal Comune.

Ma, per quanto qui rileva, il contratto stipulato dalla parti prevedeva, quale forma alternativa al corrispettivo diretto, la delega alla RICORRENTE s.r.l. per la riscossione dei canoni dovuti dagli utenti del servizio di illuminazione votiva, secondo il consueto schema della concessione di pubblico servizio.

La RICORRENTE s.r.l. si era resa responsabile, secondo la valutazione della commissione di gara, di un’illecita ritenzione delle somme riscosse dagli utenti e destinate, in percentuale predeterminata, al Comune. Tale inadempienza, sebbene non attenesse in senso stretto alla “esecuzione dei lavori” sugli impianti elettrici, era senz’altro riferibile ad una delle prestazioni essenziali poste a carico della società concessionaria, vale a dire la riscossione dei canoni ed il versamento di una percentuale alle casse comunali.

Ad avviso del Collegio, non è irragionevole né ingiusta la valutazione di un’Amministrazione aggiudicatrice che giudichi grave, ed incidente negativamente sull’affidabilità professionale, la condotta dell’impresa appaltatrice che abbia ritenuto unilateralmente e senza titolo un’ingente somma, percepita dagli utenti del servizio e destinata, in misura predeterminata, alle casse dell’ente. Siffatta condotta non può trovare giustificazione nelle pretese creditorie affermate dall’impresa, in relazione ad altri aspetti del medesimo rapporto negoziale, poiché altrimenti si legittimerebbe il ricorso all’autotutela (mediante ritenzione degli introiti rivenienti dallo svolgimento del servizio pubblico), al di fuori dei principi propri del diritto dei contratti pubblici.

Dalle considerazioni fin qui svolte discende l’infondatezza del primo motivo di ricorso e la legittimità dell’esclusione deliberata dalla commissione di gara nei confronti della RICORRENTE s.r.l., ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. n. 554 del 1999.

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