Quanto al profilo (generale) dell’ascrizione della colpa, è agevole osservare, in consonanza con la prevalente giurisprudenza di questo Consiglio, che, in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, perché resta ognora a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (cfr. tra le tante sez. V^, n. 4527 del 2009 e n. 3815 del 2011).
Nella specie, da un lato, non pare revocabile in dubbio che le illegittimità per le quali gli atti ablatori sono stati giurisdizionalmente annullati sono evidenti e gravi, siccome oggettivamente riconducibili all’omessa effettuazione di adempimenti ordinari nel procedimento espropriativo, quali la fissazione dei termini di inizio e compimento dei lavori e delle espropriazioni, per i quali non è, dunque, invocabile nessuna delle esimenti innanzi indicate e, dall’altro, nulla è stato dimostrato in contrario dall’Ente per resistere alla presunzione di colpa discendente dall’accertata illegittimità degli atti e dei comportamenti tenuti.
La realtà, inducente a confermarsi nell’avviso espresso, è che gli appellati hanno potuto riavere i propri terreni soltanto alla fine del 2009, a distanza di ben otto anni dalla sentenza (2001) che ha annullato gli atti del procedimento ablatorio perché il Comune di Meda, pur avendo ritenuto giusta detta sentenza (del 2001), tant’è che non l’ha appellata nei termini di legge ed ha così consentito il formarsi del giudicato sulla stessa, ha tenuto, invece, un comportamento dilatorio e giuridicamente criticabile, avendo provveduto alla riconsegna ai proprietari delle aree, libere da persone e cose, soltanto dopo la sentenza di questa Sezione n. 405 del 26 gennaio 2009 che tali condizioni ha imposto.
Né può indurre a diverso avviso il rilievo della difesa comunale che, volendo, i proprietari avrebbero potuto riavere da tempo il possesso dei terreni mediante un loro comportamento attivo, in quanto può convenirsi con la parte appellata che la presenza di soggetti terzi precedentemente abilitati dal Comune ad utilizzare parte dei fondi oggetto di occupazione abusiva e l’apertura al pubblico degli stessi terreni non consentiva ai proprietari, giuridicamente spogliati del possesso, di allontanare detti terzi e di impedire un uso pubblico protrattosi per oltre dieci anni.
a cura di Sonia Lazzini
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