In ordine al risarcimento per equivalente la domanda va accolta, sussistendo la ingiustizia del danno ed il nesso eziologico derivante dalla preclusione della ricorrente a partecipare all’affidamento diretto dei servizi di tipografica e stampa. Tali elementi sono oramai sufficienti a fondate una responsabilità risarcitoria in capo alla stazione appaltante, non venendo più in rilievo l’addebitabilità soggettiva della condotta.
La Corte di Giustizia CE, con sentenza sez. III - 30/9/2010 (causa C-314/2009), ha, infatti, ritenuto che gli Stati membri non possono subordinare la concessione di un risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall'amministrazione aggiudicatrice. Ha statuito la Corte che "il tenore letterale degli artt. 1, n. 1, e 2, nn. 1, 5 e 6, nonché del sesto 'considerando' della direttiva 89/665 non indica in alcun modo che la violazione delle norme sugli appalti pubblici atta a far sorgere un diritto al risarcimento a favore del soggetto leso debba presentare caratteristiche particolari, quale quella di essere connessa ad una colpa, comprovata o presunta, dell'amministrazione aggiudicatrice, oppure quella di non ricadere sotto alcuna causa di esonero di responsabilità". Tale conclusione è suffragata da un duplice rilievo: da un lato gli Stati membri possono prevedere per questo tipo di ricorsi termini ragionevoli da osservarsi a pena di decadenza, e ciò per evitare che i candidati e gli offerenti possano in qualsiasi momento allegare violazioni della normativa suddetta (esigenza di certezza), e dall'altro gli stessi hanno la facoltà di prevedere che, dopo la conclusione del contratto successiva all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso siano limitati alla concessione di un risarcimento.
In questo quadro complessivo il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività perseguito dalla direttiva soltanto a condizione che la possibilità di riconoscerlo "... non sia subordinata ... alla constatazione dell'esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall'amministrazione aggiudicatrice". Ciò posto, anche l'inversione dell'onere della prova a carico dell'amministrazione aggiudicatrice non è accettabile, poiché genera "il rischio che l'offerente pregiudicato da una decisione illegittima di un'amministrazione aggiudicatrice venga comunque privato del diritto di ottenere un risarcimento per il danno causato da tale decisione, nel caso in cui l'amministrazione suddetta riesca a vincere la presunzione di colpevolezza su di essa gravante".
Ciò posto, in punto di quantificazione del danno, data l'assenza di prova in ordine ad una qualificata possibilità per la ricorrente di contrarre con il Comune di Gragnano all'esito di una ipotetica rinnovazione delle procedure illegittime, la liquidazione del danno non può che avvenire in via equitativa applicando l'articolo 1226 c.c., con le seguenti precisazioni.
Il cd. danno curriculare è il danno conseguente alla impossibilità di utilizzare le referenze derivanti dall'esecuzione dell'appalto in discorso nell'ambito di futuri ed eventuali procedimenti di gara ai quali la società ricorrente potrebbe partecipare; ossia il danno derivante dal mancato incremento del fatturato derivante dalle commesse eseguite che l'aggiudicazione dell'appalto avrebbe comportato.
Ed infatti l'interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un'impresa, va, invero, ben oltre l'interesse all'esecuzione dell'opera in sé, e al relativo incasso; alla mancata esecuzione di un'opera appaltata si ricollegano, infatti, indiretti nocumenti all'immagine della società ed al suo radicamento nel mercato, per non dire del potenziamento di imprese concorrenti che operino su medesimo target di mercato (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 4 giugno 2010, n. 2069).
In linea di massima, allora, deve ammettersi che l'impresa illegittimamente privata dell'esecuzione di un appalto possa rivendicare a titolo di lucro cessante anche la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale (Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751; analogamente, Cons. Stato, Sez. VI, 2 marzo 2009, n. 1180; Cons. Stato, Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144; Cons. Stato, Sez. V, 23 luglio 2009, n. 4594; TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, 7 gennaio 2010, n. 3); tale danno viene generalmente rapportato, in via equitativa, a valori percentuali compresi fra l'1% e il 5% dell'importo globale dell'appalto da aggiudicare, depurato del ribasso offerto.
Al riguardo si rileva che, in sede di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto, è onere dell'interessato richiedere in sede giurisdizionale il risarcimento del c.d. danno curriculare, in astratto risarcibile, e fornirne adeguatamente la relativa prova (Consiglio di Stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7004); pertanto l'onere di fornire la prova del danno ricade integralmente sull'interessato.
Ed infatti, sotto il profilo probatorio, ai sensi degli articoli 2697 c.c. e 115 c.p.c., applicabili anche al processo amministrativo (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6118), incombe sul danneggiato l'onere di fornire la prova del danno, del nesso di causalità, e dell'attribuibilità psicologica al soggetto agente (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038; Cass. civile, Sez. I, 15 febbraio 2008, n. 3794).
La voce di danno in questione, pertanto, sebbene suscettibile di apprezzamento in via equitativa, esige, in ogni caso, l'allegazione, da parte del soggetto interessato, di tutti gli elementi atti a concretizzarla, onde evitare che la relativa quantificazione giudiziaria si risolva nel riconoscimento di un ristoro eccedente quello necessario alla compensazione patrimoniale del pregiudizio effettivamente subito: elementi relativi, ad esempio, al peso delle referenze correlate all'esecuzione dell'appalto in questione nell'ambito di quelle complessivamente maturate dalle società interessate, onde apprezzare la misura in cui l'impossibilità di allegare le prime incida, in futuro, sulle chances di aggiudicazione di ulteriori appalti (T.A.R. Campania, Salerno, n. 203/2008).
Si ritiene che, invece, nella fattispecie all'esame sia mancata proprio l'allegazione dei detti fatti, avendo, peraltro, dato atto la difesa della ricorrente che, atteso anche il breve termine di espletamento del servizio messo a gara, nel detto periodo non sono venuti in essere altri bandi aventi il medesimo od analogo oggetto da parte di altre amministrazioni pubbliche.
Ne consegue che non si ritiene di potere dare seguito a questa specifica voce risarcitoria.
Per il resto, considerato che l’importo complessivo dei tre affidamenti contestati si attesta intorno ai seimila euro e che la lesione concerne la mancata rotazione, che avrebbe consentito alla ricorrente di eseguire non più di una commessa, il Collegio che alla ricorrente possa essere riconosciuta in via equitativa la somma di euro settecentocinquanta a ristoro del danno patito a causa della violazione del principio di concorrenza per mancanza di rotazione negli affidamenti. Su tale somma sono dovuti gli interessi legali a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza.
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