mercoledì 4 aprile 2012

Ritiene il Collegio che la "clausola broker" è legittima, purché non generica ma strutturata, in particolare relativamente all'ammontare del compenso spettante al broker, è stata ritenuta legittima da una univoca giurisprudenza

Ritiene il Collegio che la "clausola broker" è legittima, purché non generica ma strutturata, in particolare relativamente all'ammontare del compenso spettante al broker, è stata ritenuta legittima da una univoca giurisprudenza.

Infondato è, in particolare il primo motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione degli artt. 106 e 109 D.lgs. n. 209/2005 per l'instaurazione di vincoli contrattuali tra il broker e la compagnia di assicurazione, che farebbe venir meno la neutralità del mediatore broker rispetto alla figura dell'agente.

Come rilevato dai TAR Lombardia in fattispecie del tutto analoga, peraltro su ricorso dello stesso SNA (TAR Lombardia 5 maggio 2011 n. 1177), gli effetti prodotti a favore del broker dalla cd. clausola broker sono effetti nei confronti di un terzo estraneo al contatto, che non assume la veste di parte del contatto e che non assume vincoli contrattuali nei confronti delle compagnie di assicurazioni.

In base a questi argomenti il TAR. Lombardia ha ritenuto che l'inserimento nel bando di gara di una "clausola broker", volta a produrre effetti favorevoli nei confronti del consulente assicurativo, non valga a creare rapporti contrattuali con la compagnia di assicurazione, pregiudicando la natura fiduciaria che lega il broker all'ente assicurando.

Un secondo profilo di illegittimità consisterebbe nella previsione di un contratto gratuito per l'amministrazione corrispondente all'attività del broker, con la previsione dell'accollo dell'intero onere provvigionale a carico della compagnia. Ad avviso del ricorrente, il rapporto tra p.a. e broker avrebbe dovuto essere scandito dalle modalità dell'evidenza pubblica, mente la previsione del carico posto esclusivamente sulla compagnia determinerebbe un'illegittima relazione contrattuale tra consulente e compagnia.

Il motivo è infondato per le medesime ragioni già svolte dal momento che, utilizzando la figura del contratto a favore di terzo per identificare la posizione del broker quale titolare di soli effetti favorevoli ed escluso il molo di parte contrattuale, va negata in punto di fatto la ricorrenza di vincoli contrattuali tra il broker e la compagnia.

Vanno richiamate le argomentazioni, pienamente condivise dal Collegio, ed esposte nella sentenza del TAR Lombardia 5 maggio 2011 n. 1177: “Il ricorrente - dopo aver sottolineato che, in base alla suddetta norma, il broker è tenuto a curare gli interessi dell’assicurato, e che pertanto, al fine di evitare l’insorgere di un conflitto di interessi, sarebbe vietata la stipulazione di contratti fra broker e compagnia di assicurazione - rileva come nel caso concreto tale divieto non sarebbe stato rispettato.

Invero, a suo dire, il citato art. 3 del capitolato speciale prevedrebbe prescrizioni che costituirebbero indici sintomatici della necessità che fra broker e compagnia di assicurazione si instauri un rapporto contrattuale. Tali prescrizioni sono: a) la previsione che il corrispettivo del broker sia posto a carico della compagnia di assicurazione; b) la mancata predeterminazione di criteri univoci di fissazione del corrispettivo; c) la possibilità per il broker di ricevere il pagamento dei premi assicurativi con efficacia liberatoria per l’Ente assicurato.

In proposito si osserva quanto segue.

Il contratto di brokeraggio assicurativo è stato disciplinato per la prima volta nel nostro ordinamento dalla legge 28 novembre 1984 n. 792 (le cui disposizioni sono oggi trasfuse negli artt. 106 e segg. del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, recante “codice delle assicurazioni private”), con la quale è stata data esecuzione alla direttiva comunitaria 77/92/CEE del 13 dicembre 1976.

Questa direttiva, all’art. 2, comma 1, lett. a), definisce i broker (detti anche “mediatori di assicurazione”) come coloro che svolgono attività finalizzata a mettere “…in relazione contraenti e società di assicurazione o di riassicurazione senza essere vincolati nella scelta fra queste, ai fini della copertura dei rischi da assicurare o riassicurare”; tali professionisti in particolare “…preparano la stipulazione dei contratti di assicurazione e collaborano eventualmente alla loro gestione ed esecuzione, particolarmente in caso di sinistro”.

Per comprendere appieno quali siano funzioni e natura del contratto di brokeraggio è opportuno effettuare una operazione di comparazione con la figura affine dell’agente di assicurazione, definita della lett. b) del medesimo art. 2 della direttiva 77/92/CEE.

Stabilisce tale norma che sono agenti di assicurazione coloro che” ….hanno il compito, in virtù di uno o più contratti o mandati, di presentare, di proporre e di preparare o di concludere contratti di assicurazione o di collaborare alla loro gestione ed esecuzione, particolarmente in caso di sinistro, a nome e per conto, o soltanto per conto di una o più società di assicurazione”.

Il dato comune fra le due figure è quindi che esse svolgono entrambe prestazioni di consulenza e assistenza afferenti alle fasi anteriori, concomitanti e successive alla stipula di contratti assicurativi.

La differenza fondamentale, invece, consiste nel fatto che mentre gli agenti di assicurazione sono legati ad una o più compagnie di assicurazione in nome e per conto (e quindi nell’interesse) delle quali essi agiscono, i broker non sono legati in alcun modo alle compagnie (la norma di cui alla lett. a) afferma infatti che essi debbono mettere in relazione contraenti e compagnie senza essere vincolati nella scelta di queste ultime). Anzi i broker, pur dovendo rimanere, come visto, svincolati dalle compagnie di assicurazione, svolgono la propria attività su incarico e nell’interesse dell’assicurando e/o dell’assicurato: come si vedrà poco oltre, in base all’art. 1 della legge n. 792/84, il broker è, infatti, colui che assiste e collabora con l’assicurato (cfr. Cassazione civile, sez. III, 27 maggio 2010, n. 12973).

Anche la legge n. 792/84, nel definire la figura del broker assicurativo, pone l’accento sulla mancanza di legami che vincolano quest’ultimo alle compagnie di assicurazione e, come detto, sulla necessità che questi curi gli interessi dell’assicurato.

Invero, in base all’art. 1 della legge “…è mediatore di assicurazione e riassicurazione, denominato anche broker, chi esercita professionalmente attività rivolta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione o riassicurazione, alle quali non sia vincolato da impegni di sorta, soggetti che intendano provvedere con la sua collaborazione alla copertura dei rischi, assistendoli nella determinazione del contenuto dei relativi contratti e collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione”.

A rimarcare la differenza con la figura dell’agente vi è l’art. 2 della legge il quale vieta la contemporanea iscrizione all'albo dei mediatori di assicurazione o riassicurazione e all'albo nazionale degli agenti di assicurazione, nonché vieta a questi ultimi l’esercizio delle attività di brokeraggio assicurativo.

Il rapporto che lega l’agente di assicurazione alla compagnia è quindi riconducibile a quello scaturente dal contratto di agenzia di cui agli artt. 1742 e segg. del codice civile, nel quale un soggetto, l’agente appunto, si obbliga stabilmente a promuovere la conclusione di affari in una determinata zona, nell’interesse di un altro soggetto detto preponente.

Più problematico è invece individuare la figura tipica contrattuale cui ascrivere il contratto di brokeraggio assicurativo.

Una prima soluzione potrebbe essere quella di ricondurre il contratto di brokeraggio alla figura della mediazione, disciplinata dagli artt. 1754 e segg. del codice civile.

Senonché va osservato che a tale riconduzione osta la circostanza che, in base all’art. 1754 del codice civile, il mediatore non deve essere legato ad alcuna delle parti che egli si premura di mettere in relazione; e che, secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, il fondamento di tale divieto risiede nel fatto che il mediatore deve necessariamente caratterizzarsi per l’indipendenza e l’imparzialità nei confronti delle parti relazionate (cfr. Cassazione civile, sez. III, 14 luglio 2009, n. 16382). Al contrario, il broker, come visto, deve curare gli interessi dell’assicurato.

Sembra dunque preferibile ricondurre il contratto di brokeraggio al contratto di mandato, ovvero considerarlo come una mediazione atipica svolta nell’interesse di una delle parti (figura ammessa dalla giurisprudenza ed assimilata comunque al contratto di mandato), ovvero ancora all’appalto di servizi (cfr. Cassazione civile, sez. III, 08 luglio 2010, n. 16147; Cassazione civile, sez. III, 14 luglio 2009, n. 16382; Consiglio di stato, sez. V, 03 giugno 2002, n. 3064).

Partendo da queste premesse si è ritenuto in giurisprudenza che, qualora un ente pubblico intenda avvalersi della collaborazione del broker, è sempre necessario assicurare che quest’ultimo rimanga svincolato dalle compagnie di assicurazione e svolga la propria attività nell’interesse esclusivo dell’ente assistito; e che per tale ragione sono illegittime le clausole contenute nei bandi gara, finalizzati all’aggiudicazione di servizi assicurativi, che in qualche modo facciano insorgere nel mediatore l’interesse a favorire la compagnia assicuratrice anziché l’ente assicurato.

Questo essendo il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, occorre verificare se nella fattispecie concreta, sottoposta all’esame del Collegio, la clausola broker inserita negli atti di gara sia in qualche modo idonea a far sorgere un conflitto di interessi fra mediatore assicurativo e stazione appaltante.

La risposta al quesito è negativa.

Come visto il ricorrente afferma che il conflitto di interesse possa determinarsi sulla base di tre previsioni (compenso a carico della compagnia, mancata predeterminazione del compenso ed efficacia liberatoria dei pagamenti dei premi effettuati nelle mani del broker) che da sole, e combinate fra loro, farebbero ritenere che mediatore e compagnia debbano legarsi fra loro in un rapporto contrattuale.

Va tuttavia osservato che i suindicati elementi sono tutt’altro che decisivi per portare a siffatta conclusione.

L’operazione, a parere del Collegio, va infatti ricostruita nel seguente modo.

Il contratto che il Comune ha stipulato con il Broker è un contratto a titolo gratuito, atteso che quest’ultimo rende le proprie prestazioni in favore dell’Ente senza ricevere in cambio alcun corrispettivo. Non si tratta tuttavia di una liberalità, giacché il comportamento del Broker non è sorretto dall’animus donandi bensì dall’interesse economico a ricevere in seguito, una volta che egli avrà eseguito le proprie obbligazioni, una remunerazione da parte delle compagnie assicurative che si aggiudicheranno i contratti con l’Ente (art. 6 del contratto di brokeraggio).

Ed infatti nei contratti assicurazione, da stipularsi fra Comune e compagnie, verrà inserita la clausola di brokeraggio, nella quale si prevede, come visto, l’obbligo per queste ultime di remunerare il broker.

La clausola di brokeraggio è dunque una clausola stipulata a favore del terzo (il Broker) ai sensi degli artt. 1411 e segg. del codice civile (in base all’art. 1411, primo comma, c.c., è valida la stipulazione in favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse).

Dal punto di vista dello stipulante (nel nostro caso il Comune) rileva l’interesse a ricevere le prestazioni che il broker gli rende in esecuzione del contratto di brokeraggio a suo tempo concluso.

Ricostruita in tal modo l’operazione, deve escludersi che fra compagnie di assicurazione e Broker si instaurino rapporti di tipo contrattuale giacché, per pacifica opinione, il terzo non diviene parte, né in senso formale né in senso sostanziale, del contratto che intercorre fra stipulante e promittente, essendo egli semplice beneficiario (creditore) della prestazione dovuta (cfr. Cassazione civile, sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947; Cassazione civile, sez. III, 20 gennaio 2005 , n. 1150).

Si deve quindi escludere che la stipulazione della clausola broker faccia insorgere legami contrattuali fra Mediatore di assicurazione e Compagnie assicurative, e che quindi tale clausola sia di per sé contrastante con l’art. 1 della legge n. 782/84 il quale, come visto, esclude che broker e compagnie possano essere legati da vincoli contrattuali.

Peraltro deve anche escludersi che il Broker (poiché il suo corrispettivo è versato dalle Compagnie) sia spinto, nella sostanza, a curare gli interessi di queste ultime anziché quelli del Comune.

Va invero osservato che, seppur formalmente posto a carico delle compagnie, il pagamento dei compensi del Broker grava, nella sostanza, sul Comune giacché è ovvio che le compagnie di assicurazione calcoleranno l’entità dei premi in modo tale da scaricare sull’Ente il compenso che esse sono formalmente tenute a versare al mediatore.

In conclusione sul punto, si deve quindi ribadire che l’inserimento, nei contratti stipulati fra Ente assicurato e compagnie di assicurazione, della clausola broker (con la quale si stabilisce che le compagnie si obbligano a versare il corrispettivo al broker per i servizi che questi rende all’assicurato) possa di per sé ritenersi contrastante con le disposizioni recate dall’art. 1 della legge n. 782/84”……. “Come già osservato nell’ordinanza cautelare, l’art. 3, comma secondo, del capitolato speciale prevede che il mediatore dovrà essere remunerato “secondo le consuetudini di marcato”.

Tale rinvio alle consuetudini di mercato costituisce, a parere del Collegio, adeguato criterio di predeterminazione, anche considerando che le stesse sono agevolmente conoscibili in quanto riportate nelle raccolte tenute presso le Camere di Commercio.

Infine, neppure può considerarsi decisiva la previsione secondo la quale il pagamento dei premi può essere effettuato, con efficacia liberatoria per l’assicurato, nelle mani del Broker.

Invero, le Compagnie di assicurazione, mediante l’accettazione della clausola broker, individuano il mediatore quale soggetto legittimato a ricevere il pagamento, il quale assume quindi la veste di mero adiectus solutioniscausa ai sensi dell’art. 1188 del codice civile. Il mediatore quindi non assume alcun vincolo contrattuale con le compagnie le quali, si ripete, si limitano soltanto ad indicarlo quale soggetto legittimato a ricevere il pagamento della prestazione; ne discende che questi non è tenuto a curare gli interessi delle prime dedotti nei contratti assicurativi, se non quello di riscuotere i premi per loro conto, senza peraltro poter esercitare, nei confronti dell’assicurato debitore, i poteri propri delle creditrici.

Va quindi ribadita l’insussistenza di vincoli contrattuali fra Broker e Compagnie assicuratrici.

Anzi, si può rilevare come la legittimazione a ricevere il pagamento dei premi appare in linea con quanto disposto dall’art. 1 della legge n. 782/84 la quale, fra i compiti affidati al Broker, individua quello della gestione del contratto di assicurazione.

Per queste ragioni, il motivo in esame non può essere accolto.

Con il secondo motivo viene dedotto eccesso di potere sotto i profili dell’erroneità e falsità dei presupposti e dello sviamento.

In particolare si sottolinea che sarebbe errato il presupposto concettuale - assunto a base della procedura di gara - secondo il quale il contratto di brokeraggio non comporterebbe oneri per la stazione appaltante. Infatti se è vero che formalmente l’onere di pagamento del corrispettivo che compete al broker viene posto a carico della compagnia di assicurazione, è anche vero che quest’ultima si rivarrà inevitabilmente sull’Ente assicurato mediante maggiorazione del prezzo offerto.

Inoltre si rileva che la sostanziale onerosità per l’Ente del contratto di brokeraggio avrebbe dovuto indurre quest’ultimo ad indire una procedura concorsuale per l’individuazione del broker.

Nel caso concreto ciò non è avvenuto con penalizzazione non solo degli altri soggetti che svolgono attività di brokeraggio, ma anche degli stessi agenti di assicurazione i quali, al contrario del broker, per poter prendere parte all’operazione economica connessa alla procedura di gara in argomento avrebbero dovuto necessariamente sottostare alle regole concorrenziali, legandosi alle imprese partecipanti alla gara stessa e proponendo loro, per lo svolgimento delle medesime attività svolte nella fattispecie dal broker, condizioni economiche il più possibile competitive.

Per ciò che concerne il primo profilo, va osservato che non risulta che il Comune abbia adottato gli atti impugnati sull’errato presupposto che le Compagnie assicurative non avrebbero in alcun modo traslato l’onere del pagamento dei compensi del Broker sui premi richiesti al Comune; né il ricorrente si premura di indicare da quali atti tale errore risulterebbe.

E’ vero che il Comune ha inserito negli atti di gara la clausola broker prevedendo che le prestazioni del broker non avrebbero comportato alcun onere diretto a proprio carico e trasferendo i relativi oneri economici sulle compagnie di assicurazione con cui saranno stipulati i contratti assicurativi; ma da qui non è dato inferire che il Comune non fosse consapevole che le compagnie avrebbero tenuto conto di tale onere nella formulazione dell’offerta relativa ai premi di polizza”.



Tar PIEMONTE, TORINO SENTENZA NUMERO 388 DEL 3 APRILE 2012

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