venerdì 18 novembre 2011

L’amministrazione non ha dimostrato la scusabilità dell’errore

il danneggiato può invocare l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile


spetterà all'amministrazione dimostrare che si è trattato di errore scusabile (come ad es. in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata) (Cons. Stato, VI, 23 giugno 2006, n. 3981)

la complessiva condotta dell’amministrazione va valutata unitariamente e si deve qui escludere che abbia superato le presunzioni dimostrando la scusabilità dell’errore

la pretesa giustificazione del ritardo nell’emanazione del decreto ministeriale gravato e degli atti connessi con la complessità degli adempimenti da porre in essere a cura delle amministrazioni contrasta logicamente con l’opposta censura – già disattesa - per cui il ritardo è imputabile alla ritardata trasmissione da parte dell’appellata dei dati contabili. Essa non supera la rilevata violazione delle regole di buon andamento, con immediatezza connessa al mancato rispetto del termine naturale di adozione del provvedimento finale, insito nella fattispecie che la stessa amministrazione aveva avviato. Si osserva che l’appello neppure confuta la statuizione in tema di colpa operata della sentenza di primo grado, che ritiene applicabile al caso la “presunzione semplice di colpevolezza di cui all’art.2727 Cod. civ., desunta dalla fattispecie concreta”.

Essa appare condivisibile riguardo al caso del provvedimento adottato in ritardo, dove lo stesso superamento del termine finale richiede una prova, che spetta all’amministrazione dare, circa l’esistenza di errori scusabili o fatti non imputabili all’amministrazione medesima, nell’ambito dell’ordinario dovere di diligenza sulla stessa incombente: prova che non è stata oggetto di adeguate allegazioni neppure con l’appello.

Invero è ridotto l’ onere dimostrativo che a questo proposito grava sul privato, atteso che non è richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare sforzo probatorio sotto il profilo dell'elemento soggettivo, perché - pur non essendo configurabile, nel silenzio della legge, una generalizzata presunzione relativa di colpa dell'amministrazione per i danni conseguenti ad atto illegittimo o ad una violazione delle regole - possono operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all'art. 2727 Cod. civ,, desunta dalla singola fattispecie.

Passaggio tratto dalla decisione numero 5889 dell’ 8  novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Non possono conclusivamente accogliersi le censure incentrate sulla carenza dell’elemento soggettivo colposo, che rimane perciò ascrivibile alle appellanti amministrazioni.
4. Appare infine destituita di fondamento la pretesa delle appellanti amministrazioni (e peraltro neppure decisamente articolata) contenuta nell’ultimo motivo del ricorso in appello di fare discendere da una pattuizione privata (sottoscrizione dell’accordo di programma tra l’Enac e la Controinteressata in data 6 agosto 2009 contenente la rinuncia a coltivare i contenziosi inerenti la misura dei compensi da liquidarsi a Controinteressata) che seppure trasfusa in un decreto interministeriale approvativo mantiene valenza privatistica, e perdipiù ha un oggetto diverso (determinazione degli importi, e non già ritardi nella determinazione della tariffa applicabile ad un servizio in precedenza svolto) un effetto di rinuncia all’originario ricorso di primo grado (ovvero di sopravvenuta carenza di interesse al mezzo di primo grado).

In disparte la oggettiva non riconducibilità della odierna controversia a quelle indicate dalla difesa erariale, milita contrariamente all’accoglimento della eccezione, peraltro formulata in termini perplessi, la espressa esclusione da parte dell’appellata di qualsivoglia volontà estintiva (si rammenta che per pacifica giurisprudenza l’effetto estintivo discendente da rinuncia o sopravvenuta carenza di interesse si ricollega al positivo e certo riscontro di elementi certi, che rendano indubitabile tale carenza di una condizione dell’azione: ex multis, si veda Consiglio Stato, sez. V, 03/06/1989, n. 345).

Quanto alle censure articolate in punto di quantificazione del danno, è necessaria una precisazione.
Nessuna specifica contestazione, infine, è stata articolata in primo grado, in ordine ai prospetti riepilogativi in base ai quali il primo giudice ha liquidato in favore dell’appellata le somme dovute. Tale contestazione, generica e tardiva, fondata anche sulle modalità di acquisto dei macchinari e sulla ratio della fusione per incorporazione della Nias s.r.l., non può trovare ingresso nell’odierno giudizio d’appello, e si deve altresì respingere la connessa richiesta di disporre consulenza tecnica sul punto (es. Cons. Stato, IV, 13 marzo 2009 , n. 1517); si deve semmai solo precisare che l’ulteriore e distinta argomentazione critica adombrata dalle appellanti amministrazioni, fondata sulla compensatio lucri cum damno, è stata negativamente vagliata da questa Sezione del Consiglio di Stato con la più volte citata decisione n. 65/2009, alle cui argomentazioni in questa sede ci si riporta, essendo sufficiente ribadire che la tesi per cui - dato che l’appellata avrebbe comunque conseguito un ricavo e avrebbe coperto i costi, non sarebbe individuabile alcun danno risarcibile- appare destituita di fondamento, afferendo a circostanze distinte, successive ed indipendenti rispetto al fatto (ritardo nell’emanazione del decreto ed attivazione del servizio in carenza di “copertura” tariffaria) che ha generato il credito risarcitorio esattamente ritenuto fondato dal primo giudice.

Deve invece essere accolto tale profilo “quantificatorio” dell’impugnazione, come peraltro lealmente ammesso dall’appellata società nella propria conclusiva memoria, limitatamente all’importo del credito da liquidarsi, erroneamente determinato dal primo giudice in € 1562.576//00, invece che nella somma, inferiore, pari ad € 1.353.041//00 in quanto inesattamente il primo giudice ha sommato l’importo della tariffa non percepita al costo del lavoro, mentre avrebbe dovuto riferirsi unicamente ai mancati introiti (come peraltro richiesto dall’appellata in primo grado).

SI LEGGA ANCHE

Il concetto di errore scusabile


L’ errore scusabile è  configurabile, in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata: si deve, peraltro, tenere presente che molte delle questioni rilevanti ai fini della scusabilità dell'errore sono questioni di interpretazione ed applicazione delle norme giuridiche, inerenti la difficoltà interpretativa che ha causato la violazione

Il Consiglio di Stato con la decisione numero 3981 del 23  giugno 2006 ci offre alcuni importanti spunti di riflessione in tema di responsabilità della pubblica amministrazione:

<le condivisibili esigenze di semplificazione probatoria possono essere parimenti soddisfatte restando all'interno dei più sicuri confini dello schema e della disciplina della responsabilità aquiliana, che rivelano una maggiore coerenza della struttura e delle regole di accertamento dell'illecito extracontrattuale con i caratteri oggettivi della lesione di interessi legittimi e con le connesse esigenze di tutela, utilizzando, per la verifica dell'elemento soggettivo, le presunzioni semplici di cui agli artt.2727 e 2729 c.c

Fermo restando l’inquadramento della maggior parte di fattispecie di responsabilità della p.a., tra cui quella in esame, all’interno della responsabilità extracontrattuale, non è comunque richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare sforzo probatorio, sotto il profilo dell’elemento soggettivo. Infatti, pur non essendo configurabile, in mancanza di una espressa previsione normativa, una generalizzata presunzione (relativa) di colpa dell'amministrazione per i danni conseguenti ad un atto illegittimo o comunque ad una violazione delle regole, possono invece operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all'art. 2727 c.c., desunta dalla singola fattispecie.

     Il privato danneggiato può, quindi, invocare l’illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile.

     Spetterà a quel punto all’amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile, ad esempio, in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata>

Inoltre, andando al di fuori dei confini italiani e spaziando in europa, il Supremo giudice Amministrativo ci fa notare che:

<Inoltre, va considerato che la stessa Corte di Giustizia, pur non facendo riferimento alla nozione di colpa della p.a., utilizza, a fini risarcitori, il criterio della manifesta e grave violazione del diritto comunitario, sulla base degli stessi elementi, descritti in precedenza e utilizzati nel nostro ordinamento per la configurabilità dell’errore scusabile (Corte Giust. CE, 5 marzo 1996, C- 46 e 48/93, Brasserie du Pecheur, in cui, al punto 78, viene riconosciuto che alcuni degli elementi indicati per valutare se vi sia violazione manifesta e grave sono riconducibili alla nozione di colpa nell'ambito degli ordinamenti giuridici nazionali).>



decisione numero 5889 dell’ 8  novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

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