venerdì 18 novembre 2011

Inadempimento normativa infortunistica e illeciti fiscali_ preclusione alla partecipazione

in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale il meccanismo di esclusione scaturente dalla prima parte della lettera c) dell'art. 38 non può dirsi automatico.

Esso, infatti, quando fa riferimento a sentenze di condanne o a provvedimenti giudiziali simili per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità, che incidono sulla moralità professionale del concorrente, fa carico alla stazione appaltante di valutare, attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, il tipo di condanna e la natura e delle concrete modalità di commissione del reato

Il Seggio di gara ha, infatti, legittimante evidenziato che il reato di lesioni gravi causate ad un dipendente dalla mancata adozione delle misure prescritte dalla normativa antinfortunistica vale a minare l’affidabilità professionale dell’impresa in quanto si riferisce proprio alla specifica attività professionale di esecuzione di lavori edili che essa sarebbe stata chiamata a svolgere qualora si fosse aggiudicata l’appalto.

Tale circostanza, unitamente al fatto che il medesimo rappresentante legale della Società Ricorrente sia stato altresì condannato per illeciti di natura fiscale, ha maturato nella stazione appaltante la legittima convinzione che l’impresa non possedesse i requisiti morali necessari per contrattare con una pubblica amministrazione

Il predetto iter logico appare congruo ed adeguato e si sottrae alle ulteriori censure formulate dalla ricorrente in relazione alla non gravità degli illeciti commessi.

A tal fine occorre ricordare che l’art. 38 del D.Lgs 133 del 2006 è volto ad evitare che i contratti pubblici possano essere affidati a coloro che abbiano commesso reati lesivi degli interessi collettivi che, nella veste di aggiudicatari, sarebbero chiamati a tutelare; Il requisito della gravità dei reati commessi dal rappresentante legale dell’impresa concorrente deve essere, pertanto, apprezzato non tanto in termini penalistici (tenendo conto del massimo o del minimo edittale o della pena in concreto irrogata) ma alla stregua del contenuto del contratto oggetto della gara (Consiglio Stato sez. VI,, 04 giugno 2010 n. 3560; TAR Toscana, Sez. II, 31 agosto 2011 n. 1351).



la motivazione con cui la Commissione ha disposto l’esclusione della ricorrente, lungi dal fondarsi su formule stereotipe, rende esaustivamente conto delle ragioni per cui il seggio di gara ha ritenuto ostative le condanne riportate dal rappresentante legale della Società Ricorrente.


Passaggio tratto dalla sentenza numero 2715 del 10 novembre 2011 pronunciata dal Tar Lombardia, MIlano

Muovendo da tali premesse la giurisprudenza amministrativa (anche di questo Tribunale) ha più volte affermato che, nelle gare volte alla aggiudicazione di appalti di lavori, il requisito della gravità può essere riconosciuto tutte le volte in cui la fattispecie delittuosa sia consistita nella lesione della salute dei dipendenti da parte dell’impresa edile che non abbia apprestato tutti i mezzi e gli strumenti imposti dalla normativa volta a prevenire gli infortuni suoi luoghi di lavoro (Consiglio di Stato, sez. V, 12 aprile 2007 n. 1723; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I., 09 marzo 2011 n. 436; T.A.R. Milano, sez. I, 17 dicembre 2009 n. 5594). E ciò tenuto anche conto del fatto che è lo stesso legislatore a considerare la commissione di gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro come causa ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche (art. 39 comma 1 lett. e) del D.Lgs 163 del 2006).

Nel caso di specie, peraltro, alla condanna per lesioni colpose si aggiungeva anche quella per evasione fiscale che, ancorchè di per sé non decisiva ai fini dell’esclusione, valeva comunque ad appannare ulteriormente l’immagine morale e commerciale dell’impresa.

Privo di pregio è anche il rilievo secondo cui la stazione appaltante non avrebbe tenuto in considerazione il lungo tempo trascorso fra la commissione dei reati e la presentazione della domanda di partecipazione alla gara. Invero, il lasso temporale che, eventualmente, deve essere valutato ai fini del giudizio sulla moralità dell’impresa partecipante alla gara è quello intercorso dalla condanna, che, nel caso di specie, non appare particolarmente lungo visto che entrambe le condanne prese in esame dalla Commissione di gara sono state pronunciate nel 2008.

Nessun rilievo, ai fini della decisione del presente ricorso, può, inoltre, avere il fatto che la Società Ricorrente abbia partecipato e vinto altre gare di appalto successivamente alle condanne sopra menzionate.

Infatti, la valutazione in ordine alla moralità professionale ha natura discrezionale e comporta apprezzamenti legati all’oggetto di ciascun appalto che possono variare da caso a caso; senza contare, poi, che i giudizi espressi in proposito da altre stazioni appaltanti non potevano certo ritenersi condizionanti o decisivi per il Comune di Milano.

La reiezione del ricorso per motivi aggiunti comporta l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse di quello principale in quanto la sussistenza di condanne ostative alla partecipazione alla gara comporterebbe l’esclusione della Impresa anche qualora il primo provvedimento di esclusione venisse annullato.

L’esito negativo delle domande di annullamento determina la consequenziale reiezione della domanda risarcitoria.


Si legga anche


Consegna del cantiere prima della stipula del contratto e successivo annullamento dell’aggiudicazione ((violazione norme antinfortunistiche)
 a lavori già eseguiti al 50%


Nessun errore né negligenza è imputabile ad un’ Amministrazione, che resasi conto di aver aggiudicato l’appalto ad un’impresa incapace di contrarre con la P.A. e prima della stipulazione del contratto, ha legittimamente disposto l’annullamento dell’aggiudicazione stessa, a seguito della mancata dichiarazione dell’ Amministratore Unico  dell’impresa di avere cagionato per colpa (ancorchè in epoca molto remota rispetto alla gara), consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme antinfortunistiche, la morte di un operaio.

L’esistenza del reato addotta dall’Amministrazione a sostegno del provvedimento impugnato non è di conseguenza contestabile e il decorso del tempo non è idoneo a farne venir meno l’esistenza, soprattutto in assenza di un provvedimento di riabilitazione

Il Consiglio di Stato con la decisione numero 1723 del 12 aprile 2007, in tema di annullamento di un’aggiudicazione ci insegna che:

<Il Comune di Milano, una volta accertata l’assenza dei presupposti per contrarre con la P.A., non poteva far altro che annullare in via di autotutela l’aggiudicazione, escludere l’impresa dalla gara, rideterminare la soglia di anomalia e procedere all’aggiudicazione dell’appalto al miglior offerente.

Nessun margine di discrezionalità rimaneva all’Amministrazione, che si è limitata a valutare l’incidenza della condotta penalmente sanzionata e non dichiarata sull’affidabilità morale e professionale dell’impresa>

Si deve considerare che:

<l’annullamento dell’aggiudicazione nei confronti della ricorrente è intervenuto per tre motivi:

a) l’esistenza di sentenza di condanna,

b) l’esistenza di reato che incide sull’affidabilità morale e professionale definitivamente accertato,

c) l’esistenza di false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti per potere partecipare alla gara>

ma di quale condanna si sta parlando?

< Quanto all’esistenza di una sentenza di condanna, la circostanza non è contestabile; infatti, il presidente dell’impresa con sentenza di primo grado del 22.3.1989, era stato dal Tribunale di Busto Arsizio ad otto mesi di reclusione, per il delitto previsto e punito dagli artt. 589, 62 bis c.p., per avere cagionato per colpa, consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme antinfortunistiche, la morte di un operaio, oltre a £. 1.200.000 di ammenda, per le contravvenzioni previste e punite dagli artt. 77 lett. b)  e lett. c) D.P.R. n. 164/56, per non avere munito il lavoratore di cintura di sicurezza e per avere consentito che il lavoratore eseguisse  lavori ad un’altezza superiore a 2 metri, senza adottare precauzioni idonee ad evitare pericoli di caduta.>

il principio quindi che ne possiamo dedurre è il seguente:

< La giurisprudenza al riguardo afferma – se si eccettuano i reati relativi a condotte delittuose individuate dalla normativa antimafia – in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica dell’incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell’impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all’esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato>

ma non solo

<L’apprezzamento dell’amministrazione deve riguardare la rilevanza della condanna penale subita, con conseguente obbligo di motivare adeguatamente in ordine all’incidenza della condanna sul vincolo fiduciario da instaurare.

Il requisito della moralità professionale richiesto per la partecipazione alle gare pubbliche di appalto manca nell’ipotesi di commissione di un reato specifico connesso al tipo di attività che il soggetto deve svolgere>


 sentenza numero 2715 del 10 novembre 2011 pronunciata dal Tar Lombardia, MIlano

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