Riconoscimento del danno ingiusto per mancato rilascio della concessione edilizia_ l’Amministrazione in contraddittorio con la ricorrente dovrà determinare una somma da erogare a quest’ultima, stabilendo a titolo di danno emergente innanzitutto tutti i costi legati, anche indirettamente, alla progettazione della struttura, documentalmente provati e le spese di gestione (fideiussioni bancarie, prestiti per lo svolgimento della propria attività, legate anche all’inerzia comunale); il tutto previa rivalutazione e interessi legali, fino al saldo; come lucro cessante dovrà essere riconosciuto, in via equitativa, un utile del 5% annuo sulle somme determinate a titolo di danno emergente, previa rivalutazione e interessi legali, fino al saldo, a partire dal momento ipotizzato ragionevolmente quale attivazione della struttura, ossia l’anno 1995, e fino al momento dell’adozione della delibera n. 57 del 2001
la revoca, diversamente dall’annullamento, ha efficacia ex nunc e quindi non elimina dal mondo giuridico gli effetti medio tempore prodotti da un atto successivamente rimosso
va verificata in primo luogo l’esistenza di un’attività amministrativa illegittima affinché si possa configurare una responsabilità risarcitoria in capo al Comune, visto che nel caso contrario nessun risarcimento potrebbe essere riconosciuto, potendosi tutt’al più attribuirsi un indennizzo per attività lecita della Pubblica Amministrazione
Da quanto evidenziato in precedenza, emerge che il provvedimento comunale che l’odierna ricorrente assume lesivo della propria posizione giuridica, e quindi generatore dei danni richiesti in questa sede, è risultato legittimo soltanto sulla base di uno dei motivi che lo fondavano, ossia il non più attuale interesse pubblico alla realizzazione del mercato comunale coperto. Pur nella conservazione del provvedimento impugnato, però, lo stesso è stato più correttamente riqualificato come atto di revoca e non di annullamento.
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passaggio tratto dalla sentenza numero 2319 del 29 settembre 2011 pronunciata dal Tar Lombardia, Milano
Da quanto evidenziato in precedenza, emerge che il provvedimento comunale che l’odierna ricorrente assume lesivo della propria posizione giuridica, e quindi generatore dei danni richiesti in questa sede, è risultato legittimo soltanto sulla base di uno dei motivi che lo fondavano, ossia il non più attuale interesse pubblico alla realizzazione del mercato comunale coperto. Pur nella conservazione del provvedimento impugnato, però, lo stesso è stato più correttamente riqualificato come atto di revoca e non di annullamento.
Le conseguenze di tale riqualificazione, come rilevato nell’odierno ricorso, provocano effetti significativi in tema di risarcimento del danno. Difatti, la revoca, diversamente dall’annullamento, ha efficacia ex nunc e quindi non elimina dal mondo giuridico gli effetti medio tempore prodotti da un atto successivamente rimosso (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, III, 13 giugno 2011, n. 1463). Nel caso concreto ciò significa che la delibera n. 57/2001, avente ad oggetto l’annullamento della deliberazione n. 21 del 6 febbraio 1990, non avendo effetto retroattivo, opera a partire dal giorno della sua efficacia. Per il periodo precedente risulta aver esplicato pienamente i suoi effetti la deliberazione n. 21 del 1990, che ha rappresentato il presupposto giuridico per la stipula della Convenzione tra il Comune e la ricorrente (avvenuta il 31 luglio 1990).
Va segnalato che l’inerzia comunale nel periodo intercorrente tra il momento in cui è stato presentato il progetto e quello in cui è stata revocata la deliberazione n. 21/1990, laddove non risultasse giustificata, potrebbe rappresentare uno dei presupposti per risarcire i danni patiti dalla ricorrente a causa della stessa.
Ciò consente di confutare l’eccezione preliminare del Comune in ordine all’asserita natura di indennizzo da atto lecito della richiesta della ricorrente: ciò potrebbe valere per il periodo successivo all’adozione della delibera n. 57 del 2001, ma non certamente con riferimento al periodo precedente, in cui la piena vigenza dello strumento convenzionale necessariamente ne richiedeva l’attuazione.
Nel caso di specie si è al cospetto di una responsabilità di tipo contrattuale, tenuto conto che tra le parti era intervenuta la stipula di una convenzione che non è stata mai attuata. “D’altro canto la responsabilità contrattuale è prevista dall’art. 1218 c.c., che è norma posta nel quadro della disciplina generale delle obbligazioni, il che chiarisce che la responsabilità in esame può discendere dall’inadempimento di obbligazioni tra soggetti determinati anche se di fonte non contrattuale. L’applicazione di tale forma di responsabilità anche agli obblighi derivanti da accordi pubblicistici si desume poi dall’art. 11 della L. 241/90 nella parte in cui prescrive che agli accordi di cui al presente articolo si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili” (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 14 settembre 2010, n. 5772).
Secondo l’art. 1218 c.c. l’onere di provare che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile spetta al debitore o all’obbligato inadempiente.
Alla stregua delle predette coordinate normative sarebbe stato compito del Comune di Milano individuare la causa, allo stesso non imputabile, che avrebbe determinato l’inadempimento. Tuttavia il Comune non è stato in grado di assolvere a questo onere, tenuto conto anche che è apparso “evidente che le ragioni ostative al rilascio della concessione edilizia risiedono non in omissioni imputabili alla richiedente, ma in ragioni di ordine urbanistico non valutate dall’amministrazione all’atto della sottoscrizione della convenzione” (T.A.R. Lombardia, Milano, III, 24 aprile 2002, n. 1637). Ciò consente di respingere anche il rilievo del Comune che assume un concorso di colpa della ricorrente nella produzione del danno ex art. 1227 c.c.
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