giovedì 13 ottobre 2011

Gli oneri della sicurezza vanno distinti da quelli per eliminazione interferenze

In tema di omessa indicazione nella disciplina di gara dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso ed indeterminatezza del complessivo valore contrattuale

gli oneri della sicurezza – sia nel comparto dei lavori che in quelli dei servizi e delle forniture – vanno distinti tra oneri non soggetti a ribasso finalizzati all’eliminazione dei rischi da interferenze (adeguatamente quantificati dalla stazione appaltante nel DUVRI) ed oneri inclusi nell’offerta, ed aperti quindi al confronto concorrenziale, concernenti i costi specifici connessi con l’attività delle imprese, da indicarsi a cura delle stesse nelle offerte rispettive, con conseguente onere per la stazione appaltante di valutarne la congruità (anche al di fuori del procedimento di verifica delle offerte anomale) rispetto all’entità ed alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura.

A tanto invero conduce l’inequivocabile tenore delle disposizioni dell’art. 86, comma 3-bis e dell’art. 87, comma 4, del D. Lgs. n. 163/2006, che impongono la specifica stima ed indicazione dei (e dunque di tutti i) costi relativi alla sicurezza, tanto nella fase della “predisposizione delle gare di appalto” (espressione che deve intendersi riferita alla “predisposizione” della documentazione di gara: bando, inviti e richieste di offerta), quanto nella fase della formulazione dell’offerta economica.

Ciò significa in particolare che, nella predisposizione della gara (e cioè dei bandi e della documentazione integrativa degli stessi), i costi relativi alla sicurezza derivanti dalla valutazione delle interferenze devono essere specificamente indicati (ex art. 86, comma 3-bis., cit.) separatamente dall’importo dell’appalto posto a base d’asta, con preclusione di qualsivoglia facoltà di ribasso dei costi stessi (art. 86, comma 3-ter, del D. Lgs. n. 163/2006), in virtù della preclusione legale di indisponibilità di detti oneri da parte dei concorrenti, trattandosi di costi necessari, finalizzati con tutta evidenza alla massima tutela del bene costituzionalmente rilevante dell’integrità dei lavoratori.

E’ poi del tutto evidente che le disposizioni, di cui ai veduti commi 3-bis e 3-ter dell’art. 86 cit., si applicano agli appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture: e ciò sia per l’espressa indicazione in tal senso formulata nello stesso comma 3-bis, sia per la collocazione sistematica dell’art. 86 in considerazione all’interno della Parte II del Codice, titolata “Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.


Passaggio tratto dalla decisone numero 5421 del 5 ottobre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

La qui recata interpretazione delle disposizioni, già di per sé sufficientemente inequivocabili, dei commi 3-bis e 3-ter dell’art. 86 cit. (così come risultanti, si badi, dalla sostituzione operata dall'art. 8 della Legge 3 agosto 2007, n. 123) risulta del resto avvalorata dall’art. 26, comma 6, del D. Lgs. n. 281/2008, che, emanato in attuazione della delega prevista dall’art. 1, comma 1, della stessa legge n. 123/2007, stabilisce anch’esso che nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro ed al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato; e che detto obbligo di indicazione si riferisca (anche) al bando si ricava agevolmente dal relativo criterio previsto dal punto 3) della lett. s) del comma 2 dell’art. 1 della citata legge delega, che prevede appunto la “revisione della normativa in materia di appalti prevedendo misure dirette a … modificare la disciplina del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture oggetto di appalto”.

Ciò posto, nella documentazione posta a base della gara all’esame, degli oneri derivanti dagli obblighi in materia di sicurezza non v’è traccia alcuna, atteso che nessuna voce è prevista per detti òneri né nel disciplinare di gara, né nel capitolato speciale d’appalto, che all’art. 14 rinvia sì alla valutazione dei rischi connessi all’appalto contenuta nel DUVRI facente parte degli atti di gara, ma senza che poi dal DUVRI medesimo, nel quale pure risultano analiticamente esposte rilevanti “interferenze”, risulti la stima dei costi relativi, per la quale il documento si limita, al par. 8, ad affermare ch’essa “è determinata sulle ipotesi delle attività e delle lavorazioni di altre realtà già in essere”, senza tuttavia poi fornire alcun utile elemento di rinvio ai fini di tale determinazione.

Il fatto, poi, che il documento stesso sottolinei come “non vengono previsti costi specifici, relativi alla sicurezza, dovuti ai rischi propri dell’appaltatore, i quali sono determinati e valutati dallo stesso concorrente sulla base delle proprie specifiche attività”, non vale a far venir meno le denunciate carenze dello stesso e degli altri atti costituenti la legge di gara, giacché, come s’è visto, se è vero che nel DUVRI non devono essere riportati i rischi propri dell’attività delle singole imprese appaltatrici (in quanto i rischi dell’attività svolta da ciascuna impresa sono noti in maniera puntuale solo all’impresa medesima, mentre non è possibile per la stazione appaltante conoscere le diverse realtà organizzative delle imprese che concorreranno per l’aggiudicazione del servizio, alle quali sono strettamente connessi i rischi delle relative attività), ciò non fa venir meno l’obbligo per la stazione appaltante di quantificare i costi da interferenze, soprattutto quando, come appunto accade nell’appalto di cui si tratta, la sussistenza di dette interferenze sia stata effettivamente rilevata dall’Amministrazione stessa.



Pure fondata si rivela la doglianza relativa all’indeterminatezza, o comunque alla errata determinazione, del valore dell’appalto.

Se, invero, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del D. Lgs. n. 163/2006, “il calcolo del valore stimato degli appalti pubblici … tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di opzione o rinnovo del contratto”, risulta palese, alla luce degli atti di gara, senza che sia in proposito necessaria alcuna particolare indagine sui “calcoli effettuati dall’amministrazione per determinare l’importo a base d’asta” (così, come s’è visto, la sentenza impugnata), che l’importo “complessivo triennale” della fornitura stimato in Euro 3.400.000,00 (v. art. 1 del Capitolato Speciale d’Appalto) è appunto riferito alla durata di anni tre del contratto (v. anche l’art. 4 dello stesso Capitolato), laddove lo stesso art. 4 prevede anche una “possibilità di proroga tecnica a discrezione dell’amministrazione”, che rientra certamente in quelle forme “di opzione o rinnovo”, che vanno ricomprese nell’importo massimo stimato e che invece l’importo nella fattispecie indicato come “valore” dell’appalto (Euro 3.400.000,00) certamente non considera, dal momento ch’esso si riferisce inequivocabilmente al triennio e che la prevista (se pure in via solo eventuale) proroga vale certamente ad “allungare” tale periodo contrattuale, con conseguente necessità, pertanto, di quantificazione per lo meno presuntiva dei costi di siffatta “proroga” e di inglobamento dei costi stessi nel calcolo del valore stimato dell’appalto.

Nessun commento:

Posta un commento