sabato 2 luglio 2011

Risarcimento del danno in caso di mancata aggiudicazione: la percentuale_normale_ del 10% dell’utile va ridotta nel caso l’impresa non dimostri di non aver utilizzato le maestranze ed i mezzi

Ovviamente, la condanna al risarcimento pecuniario è pronunciata nei confronti della sola amministrazione soccombente, avendo questa dato causa al comportamento illecito

La colpa dell’amministrazione è stata quella di non ritenere anomala  un’offerta che provoca all’impresa una perdita ovvero, a voler concedere, un modesto utile stimabile nell’1%, valori comunque molto distanti dal 14% di utile ipotizzato dall’impresa aggiudicataria della gara.


Di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza numero 5767 del 30 giugno 2011 pronunciata dal Tar Lazio, Roma



Rimane da esaminare la domanda avanzata con i motivi aggiunti, notificati in data 24 febbraio 2010, con i quali la ricorrente chiede che, a seguito dell’annullamento dell’impugnata aggiudicazione definitiva, venga dichiarata l’inefficacia del contratto, ordinando alla stazione appaltante la reintegrazione in forma specifica della ricorrente medesima, salvo il risarcimento per equivalente in relazione alla parte di contratto eventualmente già eseguita.

La domanda avanzata in via principale non può trovare accoglimento in ragione del fatto che i lavori per cui è causa sono stati eseguiti

Quanto all’ulteriore domanda concernente il risarcimento per equivalente, essa è meritevole di accoglimento, attesa la colposità della stazione appaltante derivante dall’accertata circostanza che la medesima aveva comunque rilevato l’incongruenza dei giustificativi presentati in sede di offerta da parte dell’impresa poi risultata aggiudicataria.

Sull’entità di tale risarcimento, esso investa il lucro cessante (del danno emergente non viene avanzata alcuna richiesta), e cioè l'utile economico che sarebbe derivato dall'esecuzione dell'appalto in caso di aggiudicazione non avvenuta per illegittimità dell'azione amministrativa.

E’ noto che esso è generalmente reputato pari al 10% dell’offerta formulata dall’impresa (e non all’importo dell’appalto); criterio questo cui fa riferimento la giurisprudenza in applicazione analogica dell'art. 345 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato F, sulle opere pubbliche, e ora sostanzialmente riprodotto dall'art. 122 del regolamento emanato con D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (recante il regolamento di attuazione della legge quadro sui lavori pubblici), che quantifica in tale misura il danno risarcibile a favore dell'appaltatore in caso di recesso della P.A. (ciò sia allo scopo di ovviare ad indagini alquanto difficoltose ed aleatorie sia allo scopo di cautelare la P.A. da eventuali richieste di liquidazioni eccessive).

E’ però altrettanto noto come la giurisprudenza riconosca la spettanza nella sua interezza dell'utile di impresa nell’indicata misura del 10%, qualora l'impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi, lasciati disponibili, per l'espletamento di altri servizi.

Nel caso in cui, invece, tale dimostrazione non sia stata offerta - come avvenuto nel caso di specie - è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori (o servizi o forniture), così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità; in tale ipotesi il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% dell'offerta dell'impresa (cfr. in tal senso, e tra le molte, CdS, IV, n. 6666/2003).

Sulle somme liquidate, afferenti il risarcimento del danno e che perciò consistono in un debito di valore, deve riconoscersi la rivalutazione monetaria, secondo gli indici I.S.T.AT., da computarsi dalla data della stipula del contratto da parte dell'impresa che è rimasta illegittimamente aggiudicataria e fino alla data di deposito della presente decisione (data quest'ultima che costituisce il momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta).

Ovviamente, la condanna al risarcimento pecuniario è pronunciata nei confronti della sola amministrazione soccombente, avendo questa dato causa al comportamento illecito

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