Non altrettanto corrette sono state, invece, le considerazioni svolte dalla stessa commissione di gara, al fine di giustificare la decisione di escludere ugualmente la concorrente dalla gara.
Tali considerazioni, infatti, muovono dal presupposto che la concorrente, pur avendo prodotto una polizza valida, dovesse essere esclusa per non aver prodotto il documento di polizza “in originale”, così come richiesto “a pena di esclusione” dal disciplinare di gara, anche perché consentirne la regolarizzazione avrebbe costituito una violazione del principio di parità di condizioni tra i partecipanti.
Tali valutazioni sono illegittime perché si fondano sulla affermata necessità di dare applicazione ad una previsione del disciplinare di gara (quella che imponeva la produzione della cauzione “in originale”) illegittima perché in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46 comma 1 bis D. Lgs. 163/2006, alla luce di quanto si è sopra esposto.
Conseguentemente, è inconferente che Ricorrente abbia prodotto la cauzione provvisoria in copia cartacea, dal momento che l’originale informatico avrebbe potuto essere acquisito successivamente (come difatti è avvenuto); ed è parimenti inconferente che nella predetta copia cartacea mancasse l’attestazione di conformità all’originale informatico da parte di un pubblico ufficiale, dal momento che il principio di cui all’art. 23 comma primo del CAD vale solo nei casi in cui la copia cartacea debba “sostituire” l’originale informatico, mentre nelle gare disciplinate dal Codice dei Contratti, in mancanza di una norma che sanzioni a pena di esclusione la mancata produzione in originale della cauzione provvisoria, l’originale informatico della cauzione provvisoria può essere prodotto in un momento successivo a quello della presentazione dell’offerta, a richiesta della commissione giudicatrice, in sede di integrazioni ex art. 46 (come difatti è avvenuto).
Giuridicamente errata è poi l’ulteriore considerazione svolta dalla commissione in ordine all’impossibilità di considerare il “file” informatico come “originale”, essendo quest’ultimo firmato dal solo assicuratore e non dal contraente: è noto, infatti, che il contratto di fideiussione, in quanto contratto a favore del terzo con obbligazioni a carico del solo proponente, interviene tra il garante e il beneficiario e si perfeziona con la comunicazione a quest’ultimo (art. 1333 c.c.), mentre il soggetto garantito non è parte necessaria del contratto, perché la fideiussione è efficace anche se il garantito non è a conoscenza del contratto (art. 1936, comma 2 c.c.), come ha giustamente rilevato la ricorrente principale con il quinto motivo di ricorso.
Quanto, infine, alle ulteriori considerazioni svolte dalla difesa del controinteressato nella propria memoria conclusiva sulla scorta delle conclusioni rassegnate dal proprio perito ing. Mazzocchi, osserva il collegio che esse non possono trovare ingresso nel presente contenzioso trattandosi di deduzioni nuove proposte tardivamente e in forma irrituale.
Si tratta, infatti, di considerazioni che, essendo dirette a far valere cause di esclusione dalla gara di Ricorrente (quali l’assenza di una valida firma digitale e l’inattendibilità della data di apposizione di detta firma), diverse da quelle ritenute sussistenti dalla commissione di gara, avrebbero dovuto essere proposte con ricorso incidentale.
Infatti, contrariamente alle conclusioni rassegnate dal perito di parte controinteressata, la commissione ha accertato “l’autenticità di firma digitale”, dando atto di aver riscontrato “che la firma digitale è stata apposta dalla persona indicata e che ciò è avvenuto in data valida”.
Pertanto, le deduzioni del controinteressata integrano un motivo aggiunto di ricorso incidentale che, tuttavia, è stato proposto solo nel contesto della memoria conclusiva depositata in giudizio, ma non notificata alle controparti processuali (stazione appaltante e ricorrente principale).
Si tratta quindi di censure inammissibili, e come tali non esaminabili nel merito.
a cura di Sonia Lazzini
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