martedì 2 aprile 2013

è necessaria prova, a carico ricorrente, percentuale utile effettivo se fosse risultata aggiudicataria appalto

Acclarata la fondatezza della pretesa risarcitoria, resta da quantificare nello specifico l'ammontare del danno subito dall'appellante.
Al riguardo rileva il Collegio che, esclusa la pretesa di ottenere l’equivalente del 10% dell’importo a base d’asta, non essendo oggetto di applicazione automatica e indifferenziata, è necessaria la prova, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, prova desumibile in primis dall’esibizione dell’offerta economica presentata al seggio di gara. Tale principio trova, infatti, conferma nell’art. 124 del codice del processo amministrativo che, nel rito degli appalti, prevede il risarcimento del danno (per equivalente) subito e provato.

Occorre, quindi, verificare se parte ricorrente ha rispettato il principio basilare sancito dall’art. 2697 c.c, secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda: come noto, il diritto entra nel processo attraverso le prove, che devono avere ad oggetto circostanze di fatto precise, e si debbono disattendere le domande risarcitorie formulate in maniera del tutto generica, senza alcuna allegazione degli elementi presupposti (cfr. art. 64 c.p.a.).
Il Collegio ritiene di sciogliere positivamente il quesito, poiché gli elementi prodotti in giudizio sono sufficienti ad emettere una pronuncia che statuisca sul quantum spettante a titolo di riparazione pecuniaria, ai fini della formulazione della proposta risarcitoria da parte del Comune e l’eventuale raggiungimento di un accordo con la ricorrente ex art. 34, comma 4, c.p.a.
In particolare la stazione appaltante dovrà:
- attenersi all’offerta economica presentata dall’appellante in sede di gara;
- valorizzare sul punto l’elaborato contenente le giustificazioni delle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo esibito;
- determinare il margine di guadagno che residua dopo l’applicazione dell’importo indicato in sede di gara;
- tenere conto del danno curriculare, da liquidare in via equitativa in un importo non superiore all’1% del prezzo richiesto mediante l’offerta, attesa che la peculiare conformazione dell’appalto (servizi di tesoreria) ha impedito di formulare un importo preciso da porre a base d’asta.

Il suddetto parametro dovrà inoltre tenere conto del fatto che, nel caso di specie, il ricorrente avrebbe potuto impedire le ulteriori conseguenze negative partecipando alla nuova gara ovvero mediante l’impugnazione degli atti di indizione della medesima, potendo in tal modo conseguire, in forma specifica, almeno una parte residua di esecuzione del servizio.
Ed invero l'articolo 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, nel prevedere che nel determinare il risarcimento, "il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti", pur non evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, comma 2, del codice civile, afferma che l'omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell’omessa o tardiva impugnazione degli atti di indizione della nuova procedura di gara come fatto che preclude la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi.
La scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica nonché il disinteresse manifestato per l’affidamento del servizio in questione indetto con la nuova procedura integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile. Detta omissione, apprezzata congiuntamente alla successiva proposizione di una domanda tesa al risarcimento di un danno che una successiva tempestiva azione di annullamento avrebbe stemperato, rende configurabile un comportamento complessivo di tipo opportunistico che viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del principio di auto-responsabilità cristallizzato dall’art. 1227, comma 2, c.c., implica la non risarcibilità della parte del danno da presumere evitabile (cfr. C.d.S. a.p., n. 3 del 2011).
Pertanto sulla somma ottenuta in virtù dell’applicazione dei criteri esposti è corretto, secondo il principio sancito dall’articolo 1227 c.c. e recepito specificamente nelle disciplina degli appalti pubblici, procedere ad una riduzione pari al 30% dell’utile che avrebbe conseguito.
Inoltre, nel caso di annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente, come nella specie, il mancato utile, come sopra determinato, spetta nella misura integrale solo se si dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista dell’aggiudicazione.
In difetto di tale dimostrazione, che compete comunque al concorrente fornire, è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi e da qui la decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum, considerato anche che, ai sensi dell’art. 1227 c.c., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V , 20 aprile 2012, n. 2317).
Pertanto, è ragionevole stabilire un’ulteriore detrazione dal risarcimento del mancato utile nella misura del 50%, laddove la ricorrente non fornisca la dimostrazione anzidetta.
Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, il ricorso deve essere accolto, con conseguente risarcimento del danno ai sensi della motivazione.
a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisone numero 1505 del 18 marzo 2013 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

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