lunedì 18 marzo 2013

La dimostrazione del danno sofferto è in re ipsa e riguarda prima di tutto il lucro cessante

Ricorrono tutti gli elementi costitutivi per riconoscere, a favore di Ricorrente, il risarcimento del danno per equivalente.

Sul nesso causale, appare evidente la correlazione esistente tra la mancata esecuzione della sentenza e il pregiudizio sofferto dalla ricorrente, che non è subentrata nella esecuzione della fornitura, né ha potuto partecipare a una nuova procedura di gara avente a oggetto la fornitura medesima. Va poi ribadito che l’aggiudicazione della fornitura non è stata disposta a favore di Ricorrente proprio e solo a causa dell’illegittimità dell’azione amministrativa, accertata giudizialmente (c. d. fattispecie “a risultato garantito”).
Sull’elemento soggettivo, va rammentato che la giuri-sprudenza comunitaria (CGUE, sezione III, sent. 30.9.2010 – causa C-314/2009 – Stadt Graz), in materia di appalti pubblici di lavori ha statuito che il diritto di ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice non può essere subordinato al carattere colpevole della violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa nazionale sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’ammi-nistrazione suddetta, presunzione vincibile soltanto attraverso la dimostrazione della scusabilità dell’errore (v. sent. cit., pp. 30. e da 35. a 45., cui si rinvia ai sensi degli articoli 114, comma 3, 60 e 74 c.p.a.). La CGUE ha escluso rilevanza all’elemento soggettivo della colpa ai fini della tutela risarcitoria in materia di appalti, dettando un principio estensibile anche alle forniture.

In ogni caso, la colpa della stazione appaltante sussiste ed appare evidente, in relazione sia alla illegittimità dell’agire amministrativo accertato in sede di giudizio di cognizione, e sia al fatto che ASP ha illegittimamente dato seguito alla fornitura con la Controinteressata (ora Controinteressata) nonostante ne fosse venuto meno il presupposto fondamentale per effetto della decisione del CGA del 2008, arrecando così un pregiudizio a colei che sarebbe dovuta essere la legittima aggiudicataria della procedura. Né, infine, è stata ipotizzata la sussistenza di un plausibile errore scusabile in capo alla stazione appaltante.
La dimostrazione del danno sofferto da Ricorrente è “in re ipsa” e riguarda prima di tutto il lucro cessante, da riconoscere in relazione al mancato utile ottenuto dalla ricorrente per la impossibilità di conseguire i ricavi connessi alla fornitura.
Il danno va quantificato nella misura del 10% dell’importo della offerta presentata in gara, senza che si debba fare luogo ad alcuna detrazione (cfr. CGA, sent. n. 1226/10, p. 12., cui si rinvia ex art. 60 e 74 c.p.a.), diversamente da quanto indicato dalla difesa di ASP, che ha richiamato la giurisprudenza sulla riduzione, in via equitativa, del danno, nella misura del 50%, per la mancata dimostrazione, da parte del ricorrente, di non avere potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altre forniture, dovendo ritenersi che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altre, analoghe prestazioni, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità.
La liquidazione del danno dev’essere, invece, rapportata al 10% del prezzo indicato dalla ricorrente nella offerta economica, potendo considerarsi anche che Ricorrente, azienda leader nel settore, in caso di aggiudicazione sarebbe stata verosimilmente in grado di eseguire la fornitura a favore dell’AUSL / ASP di Ragusa in contemporanea con le altre forniture in corso nello stesso periodo con altre stazioni appaltanti.
Va specificato poi che il danno è da commisurare al solo triennio corrispondente alla durata del rapporto di fornitura, non potendosi verificare, a posteriori, se Ricorrente, sussistendo le condizioni di convenienza e di pubblico interesse, avrebbe potuto avvalersi della rinnovazione annuale del contratto ex art. 2 del capitolato speciale.
Alla ricorrente va anche riconosciuto il danno c. d. “curriculare”, vale a dire il ristoro del pregiudizio economico connesso alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni con la P. A., il requisito economico collegato alla esecuzione della fornitura in argomento (sul danno curriculare v. Cons. St., sez. VI, sent. n. 2751/08 e numerose altre). L’impiego di criteri equitativi impone di riconoscere questa voce di danno nella misura del 10% di quanto attribuito per la voce di danno precedente (detto altrimenti, nella misura dell’1% dell’offerta fatta dalla società Ricorrente).
Trattandosi di debito di valore, alla ricorrente spetta anche la rivalutazione monetaria dal giorno della stipulazione del contratto da parte di Controinteressata fino alla pubblicazione della presente sentenza, a decorrere dalla quale, in forza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta. Sulla somma totale andranno computati gli interessi legali dalla data della pubblicazione della presente sentenza sino all'effettivo soddisfo (giurisprudenza pacifica, da ultimo v. Cons. St., sez. V, nn. 4067/12 e 550/11).
L’accoglimento della domanda di risarcimento del danno per equivalente, con la previsione della spettanza, alla ricorrente, degli interessi legali sulla somma rivalutata, dalla pubblicazione della presente sentenza sino all'effettivo soddisfo, preclude l’accoglimento dell'ulteriore richiesta, avanzata da Ricorrente (v. pag. 21 ric.), di condanna dell’Azienda sanitaria al pagamento di una somma di danaro per ogni violazione, o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato, ex art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.
In base a quanto dispone l’art. 34, comma 4, c.p.a., norma applicabile anche in sede di ottemperanza, “in prima battuta”, salva la presentazione di un ricorso ulteriore al giudice della ottemperanza diretto a specificare le modalità ulteriori di attuazione del giudicato, si dispone che l’ASP di Ragusa proponga a Ricorrente, entro 90 giorni dalla pubblicazione della presente sentenza, ovvero dalla notificazione della stessa, se anteriormente eseguita, il pagamento di una somma di denaro commisurata ai criteri di quantificazione suindicati, con la precisazione che se le parti non giungeranno a un accordo, ovvero non adempiranno agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con un ricorso ulteriore, sempre ex art. 112 ss. c.p.a., potrà essere chiesta la indicazione precisa della somma dovuta

a cura di Sonia Lazzini

decisione  numero 276  del 25 febbraio 2013 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana

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