giovedì 28 marzo 2013

risarcimento del danno_posizione giuridica preesistente oppure domanda risarcitoria perdita di chance individuale

è del tutto evidente che non è possibile riconoscere alcuna tutela risarcitoria a quei danni che, pur ritenuti sussistenti, ben avrebbero potuto in primis ottenere completa tutela attraverso il normale esercizio dell’azione di annullamento, e, quindi, l’eliminazione dell’atto illegittimo e la (eventuale, ove possibile e necessaria) reiterazione dell’esercizio del potere amministrativo.

Occorre, dunque, affermare che:
- per un verso, l’azione di annullamento ben può accompagnarsi o comunque “anticipare” l’azione risarcitoria, e la domanda a quest’ultima connessa troverà accoglimento nella misura in cui – annullato l’atto – residuino profili ulteriori di danno non riparati con la pronuncia costitutiva;
- per altro verso, l’azione risarcitoria autonoma, scontando la rinuncia all’azione di annullamento, presenta margini di accoglimento, subordinati alla verifica della sussistenza di profili di danno non riparabili avverso altri strumenti di tutela, in primis attraverso la (non proposta) domanda di annullamento dell’atto.

Tali profili di danno da ultimo indicati finiscono, nella sostanza, per coincidere con i medesimi profili (non riparati) che il giudice avrebbe considerato in caso di proposizione della domanda di risarcimento in via cumulativa con la domanda di annullamento, o in via successiva a quest’ultima.
Né l’azione risarcitoria ex art. 30 può essere utilizzata per richiedere il risarcimento dei danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione, poiché a tanto provvede l’art. 112, comma 3, c.p.a., per un verso prevedendo uno specifico tipo di azione di ottemperanza, per altro verso – ancora una volta – presupponendo, prima di dare ingresso all’azione risarcitoria, l’impossibilità (anche per fatti sopravvenuti) di altre forme di “soddisfazione” della posizione giuridica lesa.
Mentre l’azione autonoma di risarcimento ex art. 30 si riferisce a profili di danno conseguenti in via originaria all’esercizio illegittimo del potere (e non riparati dalla pronuncia di annullamento), l’azione ex art. 112, co. 3, c.p.a. si riferisce (nel suo primo aspetto) alla necessità di assicurare una forma di soddisfazione al soggetto che non può trarre, per ragioni diverse (e comunque estranee al giudizio cognitorio concluso), piena soddisfazione dallo stesso giudicato di annullamento.
Orbene, alla luce di quanto esposto, occorre affermare che, anche con riferimento all’azione risarcitoria, la “cristallizzazione” della titolarità dell’interesse legittimo in capo al soggetto che ne è titolare comporta che non vi possono essere né trasmissione della stessa titolarità, né. conseguente diversa legittimazione ad agire
Ma proprio perché innanzi al giudice amministrativo possono proporsi domande di risarcimento del danno non necessariamente riferite ad interessi legittimi, e tuttavia perfettamente rientranti nella giurisdizione di questo giudice (sent.. nn. 204/2004 e 191/2006 cit.), occorre tenere ben distinti i casi in cui chi agisce (o succede nel processo) chiede il risarcimento del danno subito da una sua posizione giuridica preesistente al contatto con il potere amministrativo, dai casi in cui la domanda risarcitoria attiene ad una “perdita di chance” individuale.
In quest’ultimo caso, la domanda non si fonda su alcuna preesistente posizione che si assume lesa, ma essa deriva esclusivamente da un non corretto esercizio (in senso ampliativo) del potere amministrativo, lesivo quindi di un interesse legittimo pretensivo sorto proprio in occasione dell’esercizio di detto potere, nei sensi innanzi rappresentati.
In definitiva:
- mentre nel primo caso non vi è alcuna difficoltà ad ammettere la legittimazione all’azione da parte di aventi causa del titolare dell’interesse legittimo (perché, in realtà, tale legittimazione non consegue ad alcun trasferimento di titolarità di tale posizione), e ciò sia che essi intendano proporre una azione autonoma di risarcimento, sia che propongano azione risarcitoria successiva all’annullamento dell’atto (a seguito di azione proposta dal dante causa), sia, infine, che succedano in uno di tali rapporti processuali;
- nel secondo caso tale legittimazione non può che essere esclusa, proprio in ragione della personalità (e intrasmissibilità) dell’interesse legittimo.
Diversamente opinando, si perverrebbe al risultato di concedere, in sede risarcitoria, una tutela maggiore di quella concedibile in sede ripristinatoria, riconoscendo una legittimazione, più ampia se non diversa, in sede risarcitoria rispetto alla ripristinatoria

a cura di Sonia Lazzini

 decisione  numero 1403  del 7 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

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