giovedì 28 marzo 2013

legittimità atto autotutela fa escludere sussistenza presupposti della responsabilità aquiliana ex art 2043 cc

Il provvedimento di annullamento d’ufficio, oltre ad essere sostenuto dal necessario presupposto dell’illegittimità dell’atto caducato, è altresì sorretto da un’adeguata motivazione.

Si appalesa al riguardo decisiva la circostanza della perdita della disponibilità giuridica, da parte della Provincia, del bene in ragione della rammentata operatività della condizione risolutiva. Detto evento costituisce un ostacolo, fattuale prima ancora che giuridico, alla realizzazione dell’opera e, quindi, al perseguimento delle finalità fissate dalla lex specialis . Più in radice l’illegittimità, sul piano finalistico, del bando di gara, in una con i limiti genetici posti a presidio del trasferimento del compendio in favore della Provincia, consente di ravvisare una situazione di impossibilità di attuazione del rapporto concessorio che connota in termini di sostanziale doverosità l’esplicazione della potestà di autotutela. Ne deriva la non sindacabilità della decisione amministrativa in ragione di circostanze- l’ampiezza del lasso temporale decorso e la dedotta consolidazione di una situazione di affidamento – nella specie apprezzabili ai soli fini della tutela risarcitoria.
La sentenza appellata sfugge anche alle censure proposte dal ricorrente principale con riguardo alle statuizioni relative alla domanda risarcitoria.

Le considerazioni esposte in merito alla legittimità dell’atto di autotutela consente di escludere la sussistenza dei presupposti della rivendicata responsabilità aquiliana in relazione alla perdita dell’ utilità che sarebbe derivata dalla stipula del contratto (cd. interesse positivo).
Per le stesse ragioni la caducazione, con effetto retroattivo, dell’ intera procedura in ragione dell’impossibilità di attribuzione del bene della vita posto a fondamento della lex specialis osta all’attribuzione, anche a titolo di responsabilità precontrattuale per lesione del legittimo affidamento, di voci di danno che postulano l’accertamento della spettanza dell’aggiudicazione o della chance di aggiudicazione.
In virtù delle stesse considerazioni non possono essere risarciti i danni da mancato utile d’impresa e da perdita di chance derivanti dalla realizzazione dell’opera al pari del danno cd. curriculare rappresentato dal mancato accrescimento delle capacità tecniche ed economiche.
La Sezione deve anche convenire con il Primo Giudice che, venendo in rilievo un danno da responsabilità precontrattuale della p.a., il pregiudizio risarcibile è solo quello circoscritto al cosiddetto interesse contrattuale negativo, comprensivo delle spese inutilmente sostenute e delle perdita di favorevoli occasioni in quanto impegnati in inutili trattative .
In merito al lucro cessante il Primo Giudice ha correttamente respinto o la domanda in ragione della mancata dimostrazione, in termini di sufficiente concretezza, della perdita di altra occasioni contrattuali in ragione dell’infruttosa partecipazione alla procedura in parola.
Venendo al danno emergente, anche in sede d’appello parte ricorrente non supporta con adeguati elementi probatori la contestazione del quantum equitativamente accordato dal Giudice di prime cure nella misura dell’1% dell’importo della gara.
In particolare, non risultano prodotti in giudizio documenti relativi allo svolgimento di incarichi retribuiti da parte di professionisti esterni, con la conseguenza che non risulta suscettibile di accoglimento la domanda di parametrare alle tariffe professionali il risarcimento per le spese relative alla progettazione esecutiva e all’elaborazione del piano economico e finanziario.
Vanno del pari escluse le spese legali sostenute nel corso della vicenda giudiziaria sopra riepilogata, trattandosi di esborsi eccentrici alla partecipazione alla procedura stricto sensu intesa. Va soggiunto che, in forma del combinato disposto degli articoli 91, 96 e 97 c.p.c., la regolamentazione delle spese processuali spetta, in via esclusiva, al giudice che definisce il giudizio

a cura di Sonia Lazzini

decisione  numero 1357  del 6 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

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