L’istituto dell’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale, ex articolo 243-bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, prevede che coloro i quali intendano proporre un ricorso giurisdizionale siano tenuti, pena le conseguenze di cui al comma 5, a darne informazione alla stazione appaltante, la quale decide se intervenire in autotutela entro il termine di quindici giorni.
La ratio dell’istituto in esame risiede, in un’ottica di risoluzione alternativa delle controversie, nell’esigenza di deflazionare il contenzioso, come dimostrato anche dalla collocazione nel Codice della relativa norma, posta immediatamente dopo gli istituti della transazione, dell’accordo bonario e dell’arbitrato (cfr. T.A.R. Calabria, sez. I, 6 giugno 2012, n. 537).
Il legislatore del d.lgs. 20 marzo 2010 n. 53 (avente per oggetto il recepimento della direttiva CE n° 66/2007), nell’introdurre tale meccanismo, ha voluto offrire all’Amministrazione l’opportunità di un riesame in autotutela dei propri provvedimenti, senza peraltro dar vita ad un procedimento contenzioso o paracontenzioso. Come è stato esattamente osservato, «non a caso l'atto introduttivo non viene denominato "ricorso" ovvero "reclamo" o "opposizione", ma semplicemente: "informativa dell'intento di proporre ricorso giurisdizionale"; e il silenzio non viene denominato "rigetto" o "rifiuto" ma semplicemente “diniego di (procedere in) autotutela”» (Consiglio di Stato, sez. III, 29 dicembre 2012, n. 6712).
Da ciò si ricava che il privato non ha l’onere di impugnare il diniego espresso (o il silenzio) della stazione appaltante, neanche nel caso in cui abbia ritualmente impugnato il provvedimento (cfr. Cons. Stato, sentenza n. 6712/2012 cit.). Difatti, la stessa disposizione contenuta nell’ultimo comma dell’articolo 243-bis, in virtù della quale “il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all'atto cui si riferisce, ovvero, se quest'ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti”, lungi dall'imporre l'impugnazione del diniego di autotutela, è norma meramente processuale, volta ad assicurare che la necessaria impugnazione del provvedimento lesivo e quella (soltanto eventuale) del diniego di autotutela, «siano trattate nell'ambito di un simultaneusprocessus» (ex multis, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, sentenza 10 settembre 2012, n. 914; T.A.R. Valle d'Aosta, sez. I, 17 febbraio 2012, n. 16; T.A.R. Umbria, sez. I, 1 aprile 2011, n. 103; T.A.R. Brescia Lombardia, sez. II, 2 marzo 2011, n. 372).
Alla luce di quanto sopra, all’atto espresso di diniego di autotutela emesso dall’Amministrazione non può che attribuirsi natura meramente confermativa, giacché per mezzo di esso la stazione appaltante «ribadisce la legittimità della operazioni di gara e dell'aggiudicazione» (v. T.A.R. Liguria, sez. II, 29 marzo 2012, n. 450), con conseguente assenza di un onere di impugnazione in capo al destinatario del medesimo, tantomeno a pena di inammissibilità del ricorso proposto contro uno degli atti del procedimento di gara
a cura di Sonia Lazzini
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