manca ogni deduzione del Consorzio Controinteressata da cui evincere una qualche irregolarità nella conservazione dei plichi, né tampoco l’indizio di alterazione o di manomissione del materiale di gara
la stazione appaltante ha la piena disponibilità e l’integrale responsabilità della conservazione degli atti di gara (arg. ex Cons. St., III, 3 marzo 2011 n. 1368), cui in corso del procedimento l’interessato non può subito accedere, giusta quanto stabilito dal’art. 13, c. 2 del Dlg 163/2006.
Sicché essa ha l’onere di dimostrare, a fronte di una seria e non emulativa allegazione presuntiva dell’interessato circa un effetto di non genuinità degli atti stessi e fermo il diritto d’accesso, di dar idonea contezza dell’efficacia dei metodi di custodia in concreto adoperati, a tal fine dimostrandola non solo con il verbale (che di per sé ha fede privilegiata), ma pure con ogni idoneo mezzo di prova. Nella specie, l’appellante incidentale non ha dedotto fatti e circostanze suscettibili di generare un ragionevole dubbio sull’inidoneità della conservazione dei plichi da parte dell’ASL appellante principale, mentre questa ha fornito alcuni precisi principi di prova contraria.
La Sezione sul punto ha già chiarito (cfr. Cons. St., III, 2 agosto 2012 n. 4422; id., 21 settembre 2012 n. 5050) che, in presenza del generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante, è da presumere che lo stesso sia stato assolto con l'adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei relativi plichi. In tal caso, la generica doglianza, secondo cui le buste contenenti le offerte, non sarebbero state adeguatamente custodite è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto e specifico atto a far ritenere che si possa esser verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fini della regolarità della procedura.
Per altro verso, non nega il Collegio che sussista un preciso obbligo, per la stazione appaltante, di predisporre adeguate cautele a tutela dell'integrità dei predetti plichi. Questo, pur in mancanza di precise norme positive al riguardo, discende necessariamente dalla stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara ad evidenza pubblica. Infatti, di per sé l'integrità dei plichi contenenti le offerte dei partecipanti all'incanto è uno degli elementi sintomatici della segretezza di queste e della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità consacrati dall'art. 97 Cost.
Nondimeno, nella specie, dà atto il TAR che, come verbalizzato, il RUP ha disposto di «…custodire i plichi contenenti le offerte tecniche… fino alla individuazione della commissione giudicatrice che dovrà valutarle, ed alla conseguente trasmissione degli atti di gara alla stessa…». Inoltre, egli ha dichiarato a verbale di conservare tali offerte e le buste delle offerte economiche in un armadio chiuso, presso la sede dell’UOS Politiche approvvigionamenti dell’Azienda. Né basta: dai verbali delle operazioni s’evince, di volta in volta, l’apertura di plichi intonsi, nonché la firma apposta sulla prima pagina, da parte d’almeno un componente del seggio di gara, di tutti i documenti esaminati in seduta riservata. Reputa, dunque, il Collegio che siffatte operazioni dimostrino, al di là della minore o maggior solennità nell’indicazione in verbale di quali accorgimenti adoperati per preservare detti plichi, che di possibili manomissioni non sussistano indizi di sorta, donde la sufficienza in concreto delle cautele poste in essere.
È ben consapevole tuttavia il Collegio che la mera affermazione, senza indicazione a verbale d’una qualche misura acconcia a garantire la continuità della conservazione dei plichi, di manomissioni giammai avvenute potrebbe di fatto risolversi in una probatio diabolica, a carico dell'impresa interessata, in ordine alla non genuinità della documentazione esaminata. Invero, lasciare al seggio di gara il mero assunto della perfetta regolarità delle operazioni su documenti intatti, senza ulteriori precisazioni, appare altrettanto nocivo quanto l’astratta asserzione dell’omessa verbalizzazione della custodia, con conseguente ineluttabile declaratoria d’illegittimità dell’intera gara. Nell’un caso, per vero, sarebbe in pratica se non impossibile, certo molto complesso dimostrare in modo rigoroso tal manomissione e, quindi, ottenere la corrispondente tutela; nell’altro caso, la mera allegazione di un qualunque difetto di verbalizzazione, su rigide modalità di custodia dei plichi, ridondi sempre e senza rimedio in danno alla trasparenza dell’azione amministrativa, determinando l’annullamento della gara, al di là d’ogni diversa situazione di fatto.
Pare allora al Collegio che una più cauta e seria linea interpretativa o, meglio, integrativa dell’art. 78 del Dlg 163/2006 serva ad offrire all’interessato non già una sorta d’inversione dell’onere della prova da questi alla stazione appaltante, bensì una più precisa distribuzione di tal onere tra i due soggetti del rapporto procedimentale. Tanto affinché tal integrazione non si risolva nella distorsione dei canoni di logicità e di buon andamento dell’attività amministrativa anche nei casi di evidenza pubblica, se non, addirittura, in un controllo meramente formale della verbalizzazione, più che del riscontro oggettivo dei fatti.
a cura di Sonia Lazzini
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