l'omessa
allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di
esclusione non può considerarsi alla stregua di un'irregolarità sanabile,
e, quindi, non ne è permessa l'integrazione o
la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente
formali.
E ciò tanto più
quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall'ambiguità di clausole
della legge di gara (cfr., tra le più recenti: C.d.S., V, 2 agosto 2010, n.
5084; 2 febbraio 2010, n. 428; 15 gennaio 2008, n. 36). I
in presenza di una
prescrizione chiara, un’ammissione alla regolarizzazione costituirebbe
violazione della par condicio fra i concorrenti. La richiesta di
regolarizzazione, pertanto, non può essere formulata per permettere
l’integrazione di documenti che, in base a previsioni univoche del bando o
della lettera di invito, avrebbero dovuto essere prodotti a pena di esclusione
(C.G.A., n. 802 del 2006; C.d.S., IV, n. 4560 del 2005 e n. 2254 del 2007).
si legga anche
Riportiamo qui di seguito la decisione
numero 428 del 2 febbraio 2010 emessa dal Consiglio di Stato
la dichiarazione di assenza di carichi
penali, poi invece risultanti dai controlli effettuati dall’Amministrazione,
integra un’autonoma causa di esclusione dalla gara (cfr. Cons. St., sez. V, 12 aprile 2007, n. 1723; Cons. St., sez.
V, 6 giugno 2002, n. 3183).
Riformando la sentenza di primo grado
(Tar Lazio, Roma, 20.04.2009 n. 3984), il Consiglio di Stato afferma la
legittimità di un annullamento di un’aggiudicazione (con l’escussione della
relativa cauzione provvisoria) per omessa dichiarazione di una sentenza
conseguita nel 2005 ex art. 444 c.p.p., per omicidio colposo da incidente stradale
a carico del legale rappresentante della ditta partecipante
Deve, inoltre, ritenersi in contrasto
coi principi che informano le procedure ad evidenza pubblica l’assunto del TAR
Lazio secondo cui è necessario che la stazione appaltante, quando si avveda della
presenza di reati commessi e non dichiarati dal concorrente, formuli comunque
il giudizio di gravità richiesto dalla lettera del primo comma lett. e)
dell’art. 38: al di là dell’omessa dichiarazione – costituente autonoma
fattispecie - è di palmare evidenza la considerazione per cui si consentirebbe,
in tal modo, il superamento della fase di ammissione dei concorrenti alla gara
vera e propria falsando tutto il procedimento, con violazione della par
condicio dei partecipanti.
Con ricorso dinanzi al Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio la Ricorrente di primo grado s.r.l. impugnava, in
via principale, il provvedimento con il quale il Municipio III del Comune di
Roma l’aveva dichiarata decaduta dall’aggiudicazione provvisoria, già disposta
a favore della predetta società all’esito della procedura ristretta
semplificata del 18 giugno 2008, per i lavori di manutenzione ordinaria delle
strade e dei marciapiedi, bandita dal suindicato Municipio, disponendo
l’escussione della cauzione provvisoria di € 9.979,18 pari al 2% dell’importo
lavori posto a base della gara.
La Società
ricorrente riferiva che il rappresentante legale, sig. Fabrizio M., nel rendere
la dichiarazione prevista dall’art. 38, comma 1 lett. c), del decreto
legislativo 12 aprile 2006 n. 163, non riportava una sentenza conseguita nel
2005 ex art. 444 c.p.p., per omicidio colposo da incidente stradale, dal
momento che la lettera di invito faceva esplicito riferimento ad eventuali
condanne. Soggiungeva la ricorrente che l’Amministrazione comunale procedente,
in data 19 settembre 2008, le notificava il provvedimento impugnato, adottato
in quanto “la mancata dichiarazione di aver riportato una condanna penale
configura invece una distinta ed autonoma violazione del dovere di dichiarare
l’inesistenza di situazioni ostative all’ammissione” (così, nella motivazione,
il provvedimento impugnato).
Lamentando l’illegittimità della
decisione assunta dall’Amministrazione nei suoi confronti sotto diversi
profili, la società ricorrente chiedeva l’annullamento dell’atto impugnato.
Si costituiva in giudizio
l’Amministrazione comunale intimata contestando la fondatezza delle avverse
prospettazioni e chiedendo la reiezione del gravame. Il particolare la difesa
comunale ribadiva la correttezza del comportamento assunto dalla stazione
appaltante, che non poteva far altro se non dichiarare decaduta l’odierna
ricorrente dall’aggiudicazione provvisoria, stante la “falsa dichiarazione”
resa in sede di gara e tenuto conto che, in materia di gare l’autocertificazione
è abbastanza rigorosa perché richiede di dichiarare non soltanto l’inesistenza
delle cause di esclusione di cui alla lett. c), ma anche tutte le situazioni
possibilmente pregiudizievoli per il rapporto fiduciario che è alla base del
contratto pubblico.
Si costituiva altresì in giudizio la
controinteressata, società CONTROINTERESSATA DI PRIMO GRADO. s.r.l., che
chiedeva la reiezione del gravame.
Con ordinanza 22 ottobre 2008, n. 4936
il Tribunale accoglieva, limitatamente all’incameramento della cauzione provvisoria
e all’eventuale segnalazione all’Autorità di vigilanza, l’istanza cautelare
proposta dalla parte ricorrente.
Con sentenza n. 3984 del 20 aprile 2009
la Sezione II
del TER Lazio annullava la determinazione impugnata, di decadenza
dall’aggiudicazione provvisoria, sulla base della considerazione che la mancata
dichiarazione di un precedente penale non integrerebbe ex se motivo di
esclusione, in quanto occorrerebbe indagare se il reato non dichiarato incida
effettivamente sulla moralità professionale e sia effettivamente grave in
riferimento ad essa; di conseguenza, la discrezionalità della P.A., consentita
dalla norma che non identifica condotte tipizzate, secondo la richiamata
statuizione del TAR Lazio, sarebbe legittima solo ove l'esclusione sia motivata
in ragione della natura e della gravità oggettiva del reato in relazione alla
moralità professionale.
La sentenza ha, invece, rigettato la
domanda di risarcimento del danno avanzata dalla Soc. Ricorrente di primo grado
per carenza di prova sull’esistenza e sull’entità del danno patrimoniale
dedotto.
Con ricorso notificato in data 4 giugno
2009 il Comune di Roma ha proposto appello avverso tale sentenza, ritenendola
erronea ed ingiusta e chiedendone la riforma, con conseguente rigetto del ricorso
di primo grado e con vittoria delle spese. In particolare, la difesa del Comune
ha dedotto circa il rischio derivante dalla decisione del TAR: quello di
consentire, attraverso l’attribuzione dell’ampia discrezionalità in capo al
concorrente nel permettere di autocertificare le sole condotte penali che egli
ritenga dirimenti, che il giudizio sull’incidenza della moralità professionale
sia rimesso a quest’ultimo e non, invece, come dovrebbe essere, direttamente
alla P.A. in veste di stazione appaltante.
Si è costituita la Società Ricorrente
di primo grado s.r.l., chiedendo il rigetto dell’appello nel merito per
infondatezza dei motivi con lo stesso dedotti.
Si è altresì costituita la CONTROINTERESSATA DI
PRIMO GRADO. s.r.l., aggiudicataria in via definitiva della gara, che ha
chiesto l’accoglimento dell’appello del Comune.
Questa Sezione, con ordinanza n.
4010/2009, ha respinto la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza
impugnata.
Le parti hanno depositato memorie,
insistendo nelle già rassegnate conclusioni e la causa è stata trattenuta in
decisione alla pubblica udienza del 23 ottobre 2009.
Il dispositivo di decisione è stato
pubblicato con il n. 704/2009.
Qual è il parere dell’adito giudice di
appello del Consiglio di Stato?
L’appello del Comune di Roma è fondato
e, quindi, merita di essere accolto per le seguenti considerazioni.
Questa Sezione ha di recente sostenuto
che il riferimento a “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che
incidono sulla moralità professionale” è stato intenzionalmente operato dalla
normativa di recepimento delle c.d. direttive appalti per lasciare un ampio
margine di apprezzamento alla stazione appaltante sia sulla incidenza del
reato, sia sulla moralità professionale, sia per l’offensività per lo Stato o
per la Comunità,
sia sulla gravità del fatto (Cons. St., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3773).
In tale ottica, la circostanza che il
rappresentante dell’impresa abbia oggettivamente omesso di dichiarare il
precedente penale, ha senza dubbio integrato la violazione dell’art. 38 lett.
e) del D.Igs. 163/06, anche in riferimento al secondo comma ("i
concorrenti dichiarano anche i reati per i quali abbiano beneficiato della non
menzione") ed in linea con la prescrizione della lex specialis di gara che
prevedeva la dichiarazione del possesso di tutti i requisiti compresi i reati
ex art. 38 lett c) anche se oggetto di non menzione) richiesti per la
partecipazione alla gara.
L’amministratore della Ricorrente di
primo grado, infatti, ha esplicitamente dichiarato che nei suoi confronti non
era stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso
decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure di applicazione della
pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per
reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità
professionale. In tale contesto, va quindi ribadito l’insegnamento di questa
Sezione secondo cui il giudizio sulla gravità del reato è rimesso solo e
soltanto all’amministrazione committente (cfr. Cons. St., sez. V, 12 giugno
2009, n. 3773 ove si afferma che "la mancanza di parametri fissi e la
genericità della prescrizione lascia un ampio spazio di valutazione
discrezionale per la stazione appaltante che consente alla stessa margini di
flessibilità operativa”).
Né, nel caso in esame, pare potersi
affermare l’oggettiva oscurità delle clausole del bando o la portata non
sostanziale dell’adempimento omesso dal concorrente. L’oscurità, poi, non può
dirsi sussistente laddove – come nel caso di specie – il bando o la lettera di
invito richiamino espressamente una norma di legge imperativa (quali sono
pressoché tutte quelle che regolano le procedure ad evidenza pubblica) perché
in questo caso è onere del concorrente andare a verificare che cosa quella
norma prevede e regolarsi di conseguenza. Ora, nel caso di specie la norma di
riferimento è costituita dal combinato disposto fra gli arti. 38, comma 1,
lett. c), e 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006. Com’è noto, al comma 1 lett.
c), il Legislatore delegato ha previsto, quale causa di esclusione, l’essere
stato il concorrente condannato per reati che incidono sulla moralità
professionale (indicando di seguito alcuni reati per i quali tale incidenza sia
presente iuris et de iure), fatti salvi gli effetti della riabilitazione; al
comma 2, invece, ha stabilito che il concorrente deve dichiarare nella domanda
anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione.
L’art. 38, comma 2, stabilisce expressis verbis, l’obbligo di dichiarare tutte
le condanne subite (salvo che non sia intervenuta la riabilitazione), la
valutazione della loro incidenza essendo rimessa all’amministrazione
giudicatrice. Pertanto, sotto questo profilo, nessuna oscurità esiste nella
legge, e quindi, neanche nel bando o nella lettera di invito (la lex specialis)
che la legge richiamino.
Nel caso di specie, la documentazione
di gara è stata molto puntuale nel prevedere esplicita dichiarazione dei reati
ex art. 38 lett. c) comprese "eventuali condanne per le quali il
dichiarante abbia beneficiato della non menzione”.
Per
tali assorbenti considerazioni l’appello in esame è fondato e deve essere
accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere
respinto il ricorso di primo grado.
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